Chi fa il giornalista sportivo troppo spesso è associato all’immagine di un supercritico che cerca sempre il pelo nell’uovo e mai si preoccupa di guardare le cose che vanno bene. Io in particolare riconosco di avere un carattere particolarmente significativo in questo essendo frequentemente scontento di quello che vedo, sento e leggo sul mondo della nostra pallacanestro.
Ad onor del vero credo di poter dire che proprio il basket italiano viva da anni una fase per la quale è sin troppo facile criticarlo: campionati che cambiano regole ogni anno ed a volte in corsa, giovani che vengono invocati ed invitati a giocare e che poi trovano mille ostacoli, spese altissime delle squadre di base per la partecipazione ai campionati giovanili, la comunicazione che in troppi casi rimane un oggetto sconosciuto non solo per quantità ma anche per la qualità : certi comunicati stampa rientrerebbero di diritto nelle lamentele da poco espresse da alcuni professori universitari al governo perché in questo paese l’italiano torni ad avere un ruolo centrale nello scambio di informazioni. Solo per citare le prime cose che mi vengono in mente.
Però dico a me stesso: qualcosa di buono dovrà pur esserci se si continua ad andare avanti e continua ad esserci tanta gente che se ne occupa. Ecco facendo un po’ per gioco quello che sta seriamente facendo quel geniale collega che risponde al nome di Massimo Gramellini il sabato sera su Rai Tre col suo programma “Le parole della settimana”, vorrei usare delle parole per identificare le cose buone del nostro sport.
Passione. Banale ma senza il sacro fuoco che arde dentro ognuno di noi non si può far nulla, e la passione è tantissima, anche in quelli che poi magari non sanno indirizzarla.
Persone. Ce ne sono tante che sanno fare il loro lavoro, che vorrebbero farlo meglio ma che troppo spesso sono imbavagliate dalla politica e dalla burocrazia che anche nello sport fanno danni incalcolabili e quindi magari rimangono ai margini del movimento. Bisogna secondo me cercare queste persone, e sappiamo tutti molto bene dove sono, e rimetterle al centro del nostro sport e fare tesoro delle loro idee
Giovani. Grazie alle politiche di impoverimento volontarie messe in atto in questi anni dal sistema ce ne sono sempre meno che giocano, nonostante le cifre che ogni tanto qualcuno tira fuori per dire che “i numeri sono in crescita”. Una nostra inchiesta su All-Around ha dimostrato scavando tra i numeri ufficiali che è proprio il contrario. Ma almeno quelli che ci sono trattiamoli bene, facciamoli sentire importanti – senza viziarli – rendendoli consapevoli che dal loro sviluppo e crescita, e dalla loro volontà, dipende il futuro di tutti noi.
I disabili. Che siano in carrozzina o che siano disabili di altro tipo sono uno straordinario movimento sul quale tutti dovremmo investire una parte migliore del nostro tempo perché dalla loro capacità organizzativa e dalla loro forza possiamo imparare delle cose importanti ed utili per l’intero settore.
Le istituzioni. Federazioni e Comitati Regionali, senza i quali l’attività non potrebbe svolgersi. E’ vero che spesso da lì arrivano idee e regole che non si capiscono ma lo sforzo di tutti dovrebbe essere quello di andare incontro agli uomini e le donne che le dirigono e chiedere loro con forza di andare incontro al movimento senza rimanere entità separate. Non si può solo criticare e poi non prendere parte alle cose buone che, per esempio la maggior parte dei Comitati, fa sul suo territorio. Gli incontri che questi propongono sono sempre e comunque un’occasione di scambio di idee e informazioni.
Allenatori. I nostri sono bravi davvero, forse secondi a nessuno almeno in Europa. Ma dobbiamo aver di loro maggior considerazione quando si prendono certe decisioni importanti anche per lo sviluppo tecnico del gioco. Non sono una razza da proteggere sia chiaro, son bravi da soli a farlo, ma piuttosto un gruppo di teste pensanti dalle quali attingere novità e cose di buon senso.
Giocatrici e giocatori. Ce ne sono tanti super, molti bravissimi, gli altri sono tutti bravi. Non fosse altro perché ogni giorno vanno in palestra ad allenarsi ed ogni domenica danno il massimo per provare a vincere. Molti di loro sono quello che tutti noi pensiamo debbano essere cioè un esempio per i giovani: dobbiamo valorizzarli, dar loro la giusta visibilità, parlare di loro, raccontare le loro storie, che giochino in serie A o in serie D perché si tratta di uomini o donne e questi esempi non hanno categoria che tenga.
Televisioni. Sky, la Rai, le Tv private che ripetono il circuito di LNP TV: sono tante le possibilità di vedere la pallacanestro italiana. E questo è un bel segnale. Che va incrementato come quantità e qualità ma la base c’è ed è buona, quindi perché non lavorarci ancora meglio?
Carta stampata ed Internet. Le ho accomunate anche se mi rendo conto che tecnicamente e filosoficamente è un errore. Anche qui siamo tantissimi ad interessarci dei nostri eroi ed anche questo vuol dire che c’è qualcosa che va al di là della passione – e non è il guadagno salvo rari casi – che deve essere incentivato ragionando su incontri con le squadre, su maggiore serenità nei rapporti perché i giornalisti vogliono solo fare il loro lavoro e diffondere le informazioni migliori. Si irrigidiscono di fronte a comportamenti autoritari di chi vuole controllare le interviste prima o di chi non rispetta i ruoli che ricopre ma basta parlarsi e tutto si rivolve. Lavoriamoci
Ecco tutto questo secondo me va o può andar meglio. Poco? Tutt’altro. Quello di cui non ho parlato non vuol dire che per forza non vada bene, ma le modalità negative sono talmente sfaccettate che ogni argomento meriterebbe un articolo a parte.
Partiamo da qui?
Eduardo Lubrano