Al peggio non c’è mai fine: dopo un gennaio disastroso sul fronte dei risultati, quando ormai si credeva di aver toccato il fondo, Brooklyn scopre di poter ancora scavare, “regalandosi” un febbraio da 0-10 e timbrando il mese probabilmente più nero della sua storia. Abbandonata ormai da tempo ogni speranza di assistere ad uno scorcio di stagione per lo meno dignitoso (striscia aperta di sedici sconfitte consecutive), l’attenzione dei tifosi è stata catalizzata dal mercato, tutto improntato al futuro: il modo in cui Marks ed il suo staff si sono mossi, le scelte effettuate ed i commenti dello stesso GM dopo la deadline sono altamente emblematici ed indicativi della nuova filosofia dei Nets 2.0 e del sistema di lavoro con cui pazientemente procederà il processo di ricostruzione della franchigia, dopo il fallimento della strategia “win-now” del primo Prochorov. Ci concediamo, dunque, come eccezione alla regola, poche note di cronaca ed un mensile in formato “speciale-mercato”, consci della marginalità dei risultati sul campo, pur nella speranza che il rientro di Jeremy Lin possa assicurare un marzo più competitivo alla ciurma di Atkinson.
Brevissime dal campo. Pur cambiando di gara in gara la consecutio temporum degli eventi, lo spartito sul campo ha ricalcato quello del mese precedente: grinta, resilienza, voglia di lottare, flash emotivi regalati dai ragazzi in campo, ma una fase almeno della partita in cui la gestione del gioco latita, le palle perse fioccano, gli errori, anche banali, sui due fronti si susseguono, permettendo agli avversari di imprimere il proprio marchio sulla partita. Otto gare consecutive, prima della pausa per l’All Star Game, perdute con scarto in singola cifra; dolorose, in particolare, quelle nel derby (comandato fino a metà terzo quarto) e contro Washington (ai supplementari). Per il resto, tanta buona volontà, tanta applicazione da parte dei giovani, qualche buon momento tecnico (su cui mi soffermerò brevemente a parte) e la quasi costante sensazione, guardando le partite, di recitare la parte del toro in una corrida, con il torero di turno in attesa solo del momento giusto per infliggere la stoccata decisiva. Senza storia il back-to-back in trasferta alla ripresa della stagione, in cui fa notizia, ma non ancora la differenza, il rientro di Lin, ovviamente con scarso ritmo-partita ed a minutaggio molto ridotto.
https://youtu.be/brIrvJpp4FQ
Note tecniche. Dopo lo sfogo in sala stampa di coach Kenny nel post-partita di Minnesota, a fine gennaio, la ventilata svolta nello starting five è arrivata: pressoché stabili nel quintetto titolare Dinwiddie, Foye, Bogdanovic, Hollis-Jefferson e Lopez. Soprattutto nella prima parte del mese si sono registrati benefici effetti sul fronte difensivo, grazie alla versatilità di Rondae ed alla buona attitudine alla difesa della PG pescata in D-League. La crescita di Hollis-Jefferson prosegue senza sosta, pur facendo registrare alti e bassi: il ragazzo è a suo agio schierato da 4, lo si vede e lui stesso, recentemente, lo ha apertamente dichiarato; ma più evidente e, per certi versi, sorprendente, è quella fatta registrare proprio da Dinwiddie: il ruolo di starter lo ha responsabilizzato ed aiutato a trovare il giusto feeling con la squadra e con i tempi della NBA, a selezionare in modo apprezzabile le scelte di passaggio e di tiro, mitigando un po’ la clamorosa delusione di non aver saputo approfittare di Yogi Farrell, finito per esplodere a Dallas! Nel mese di febbraio il nostro ha fatto registrare una media di 8,4 ppg, 3,7 apg, il 47,6% dai 7,25 (!) ed il 90% dalla lunetta, con meno di una persa per gara! Dinwiddie non è stato, non è e, probabilmente, non sarà mai il go-to-guy della situazione, né l’uomo a cui affidare le redini della squadra nei momenti caldi (ma per questo ci sarà, si spera, Lin), tuttavia, per le cifre, per la sensazione di sicurezza che trasmette, ma soprattutto per la crescita palpabile, va a lui la mia “retina del mese” nel deserto di febbraio! Uscire dalla panchina pare aver giovato, inoltre, a Kilpatrick, che sta ritrovando lentamente confidenza con il ruolo di shooting guard di rottura, a lui di gran lunga più consono, a Booker, un concentrato di energia e rimbalzi “off the bench”, ed ancora a Whitehead, che sovente si ritaglia lampi di talento su ambo i lati del campo. L’uso di un quintetto piccolo intorno a Lopez (a sua volta non certo il classico pivot!) ha reso più agevole e, a tratti, funzionale, il gioco difensivo fatto di continui switch nelle marcature e intasamento delle linee di passaggio, fermi restando i limiti strutturali sul pick and roll, per cui si è assistito a parziali caratterizzati da una buona tenuta difensiva, tradotti, tuttavia, quasi mai in vantaggi significativi, a causa delle basse percentuali realizzative dall’arco e dei numerosi errori in contropiede, ove si è stentato a sfruttare la superiorità numerica, preferendo l’attacco diretto al ferro da parte del portatore di palla, prevedibile e quasi sempre contestato. Queste situazioni hanno fatto si che molte occasioni di allungo o di rimonta venissero bruciate e tramutate, in pochi minuti, in parziali subiti, spesso risultati decisivi nell’economia della gara.
Sarà interessante, adesso, vedere come Atkinson saprà reinserire Lin nei meccanismi della squadra, come cambierà, con lui, il gioco fronte e spalle a canestro di Lopez e come verranno utilizzati i nuovi arrivati con il mercato, in un mese di marzo che dovrà giocoforza mostrare progressi e regalare qualche soddisfazione ad una tifoseria sempre più distratta e costretta a guardare alla stagione che verrà.
Del mercato e della filosofia di Sean Marks. Il mese scorso avevamo ventilato un mercato proiettato al futuro, cercando disperatamente scelte, da mettere in cascina anche azzardando la cessione dei propri asset più appetibili (Lopez e Bogdanovic). Lopez è finito subito sul mercato, ma ad un prezzo molto alto (due prime scelte), prezzo abbassato quasi doverosamente, controvoglia, dopo il terremoto-Cousins, che ha reso ancora più complicato monetizzare un centro tanto atipico, dunque difficile da contestualizzare. Ma mano che i vari Plumlee, Nurkic, Noel si muovevano, diveniva sempre più chiaro che la domanda per il veterano di Brooklyn si assottiliava corposamente, fino a spegnersi, mentre il più vivace mercato degli esterni lasciava ben sperare. Morale della favola: alla campana delle ore 15 del 23 febbraio (ora locale), Lopez era ancora al di qua del ponte, mentre Bogdanovic salutava ed emigrava a Washington. In cambio, una prima scelta per il 2017 (il vero obiettivo della trade), Marcus Thornton, subito tagliato, ed un’ala forte ancora giovanissima (Andrew Nicholson) e dagli skills indiscutibili: materia ancora grezza, proprio come piace ad Atkinson! Un bottino davvero sugoso, per i Nets, ma con un prezzo da pagare: insieme a Bogie a Washington viene spedito anche Chris McCullough, ovvero uno dei quattro giovani talenti su cui, ad inizio stagione, si pianificava l’edificazione del new deal. A pochi minuti dalla deadline, ecco il colpo finale: i Nets si assicurano anche KJ Mc Daniels, versando a Houston moneta sonante! Bilancio grezzo: via uno swingman, una power farward e 3 milioni, arrivano uno swingman, una power farward ed una scelta al primo giro. Bilancio che, già letto così, suona positivo nell’ottica della ricostruzione, ma questa è solo la punta di un iceberg la cui parte sommersa racchiude il know-how e la filosofia stessa del GM di scuola Spurs. Buon ultima, la recentissima notizia del taglio di Louis Scola, ormai fuori dalle rotazioni, che libera un posto nel roster! Sarà il mese di marzo a decretare come verrà occupato…
Considerazioni. “Non ci vedrete girare la mazza alla ricerca del fuoricampo, da noi avrete solo battute singole e doppie”…”Dove c’è un giocatore [giovane] che a noi paia sottovalutato, lì cercheremo di essere noi”…”La ricostruzione è lunga e difficile, ma abbiamo diverse strade da percorrere: D-League, mercato europeo…poi, ovviamente, c’è il draft, a cui attribuiamo il giusto valore!”. Ho voluto estrapolare tre frasi (andando a memoria) dall’esaustiva intervista rilasciata da Sean Marks alla chiusura del folle circo del mercato di febbraio perché, usando una fraseologia mutuata da un altro sport (a me altrettanto caro), ha saputo perfettamente rendere l’idea della strategia del rookie GM: i colpi a sensazione stanno a zero! Qui si calcolano i rischi, si procede a piccoli passi, obiettivi mirati, tanta pazienza ed etica del lavoro!
C’è consapevolezza del fatto che i margini di errore sono risicatissimi e sconfinare significa rischiare di perdere un anno! La stagione in corso ne rappresenta una prova: i veterani arrischiati sul mercato estivo si sono rivelati, per un motivo o per un altro, di scarsa utilità per la causa (Vasquez tagliato subito per motivi fisici, Bennett – se di veterano mai si trattasse – per ragioni tecniche, ora Scola, Foye molto utilizzato di recente nel ruolo di combo ma, al tiro, largamente sotto le attese) ed il lunghissimo infortunio di Lin, lasciando ampio spazio a ragazzi non ancora pronti al grande salto, ha, di fatto, convertito la regular season in un lunghissimo training camp (uso volutamente le medesime parole dell’articolo di gennaio, perché recentemente Atkinson ha detto esattamente così!). In sostanza siamo ancora fermi all’anno -1 del rebuilding, da usare per scremare i giocatori del roster e migliorarne le qualità. La prossima stagione e, forse, la successiva, dovranno consolidare l’impalcatura, per poi, si spera, aggredire la FA a caccia di giocatori in grado di far compiere alla franchigia il necessario salto di qualità per tornare a competere per i playoff.
Se questa è la strategia, ben si spiegano le mosse di mercato: intanto arriva un’altra scelta al primo giro per il draft 2017, annata dai più giudicata tra le più fruttuose che si ricordino! Marks ha lasciato intendere di non escludere la possibilità di utilizzare le due picks (quasi sicuramente oltre la 20) anche come merce di scambio per ulteriori scalate ma, intanto, ci siamo dentro con tutti e due i piedi. Il riferimento alla D-League è esplicito: nella lega di sviluppo si è ben pescato finora (Kilpatrick, Acy, Dinwiddie) e di certo si continuerà a farlo, a partire da Long Island (a breve una pubblicazione in merito). Molto meno, finora, si è guardato oltreoceano, ma bisogna aspettarsi novità importanti l’estate prossima: nei giorni scorsi sono corse voci di un interessamento per Teodosic…e, dunque, probabilmente non sarà lui l’uomo venuto da lontano (non accetterebbe ruoli di riserva, peraltro), ma Langdon saprà far valere il suo peso specifico in Europa, ove, muovendosi bene, il rapporto qualità/prezzo è ancora piuttosto appetibile.
Ritorno a presente. Detto del futuro, i nuovi arrivati? KJ McDaniels (G-F, 24) al terzo anno in NBA, e Andrew Nicholson (PF, 27) addirittura al quinto, sono giocatori ancora molto giovani ma non certo di primo pelo, ampiamente sottoutilizzati (salvo, rispettivamente, una stagione a Philadelphia ed Orlando), con potenzialità del tutto inespresse finora. Gioventù e talento sottovalutato: la strategia di cui sopra, quindi, come ampiamente sottolineato da tutti i commentatori d’oltreoceano. Materia grezza da indirizzare alla raffineria dello specialista Kenny Atkinson. Ma c’è un’altra possibile chiave di lettura, dai più taciuta: la difesa! Il primo viene da una carriera univers
itaria da record di stoppate con tanto di nomina a difensore dell’anno, con Clemson, in ACC. Il secondo (apertura alare da record!), nella stagione da senior, si è guadagnato il quintetto difensivo della Atlantic 10 con la sua St. Bonaventure! La difesa è, tra i tanti, probabilmente il peggior difetto della stagione dei Nets; la difesa è, a mio avviso, il principale (se non l’unico) talento in cui i neoacquisti si lasciano preferire ai partenti. Sulle lacune (per usare un eufemismo) di Bogdanovic in tutte le sfaccettature di questo fondamentale ho detto già fin troppo e non torno: Bogie resta un ottimo giocatore, ma forse più adatto in una contender in qualità di sesto uomo. Ma la difesa, a mio parere, è anche la lente attraverso la quale analizzare il perché della decisione di privarsi di McCullough, da molti sommessamente criticata! Vero: potrebbero esserci anche altre ragioni…Come, ad esempio, il fatto che il buon Chris non è stato una scelta di Sean Marks, ma l’ultima del vituperatissimo Billy King (a voler essere maliziosi…)! Eppure anche Hollis-Jefferson lo era: lo stesso sophomore, infatti, era stato anche dichiarato eleggibile per il mercato. Eppure è rimasto, nonostante i perduranti limiti al tiro. E, guarda caso, Hollis-Jefferson è uno specialista difensivo!
Capitolo McCullough. Non dobbiamo dimenticare che, in questa prima stagione dei Long Island Nets, l’affiliata si allena insieme alla prima squadra e gioca anch’essa al Barclays: costantemente sotto gli occhi dello staff tecnico della prima squadra, dunque. McCullough ha messo insieme cifre ragguardevoli in D-League (18,6 ppg, 7,9 rpg), guadagnandosi anche la chiamata all’All-Star Game di categoria! E, numerose volte, è stato richiamato in prima squadra, senza, però, mai riuscire a calcare il parquet, se non per frazioni di secondo. Guardando le partite dei Long Island, purtroppo, salta all’occhio il “ritardo di crescita” di McCullough nel fondamentale: se si è fatto apprezzare per l’applicazione sui cambi difensivi, è spesso risultato l’anello debole della difesa, già di per sé non eccelsa, della squadra per via di piedi troppo lenti negli scivolamenti, braccia e corpo troppo “molli” nella lotta a rimbalzo e nella difesa sul post e, soprattutto, costante ritardo e pessime scelte di tempo sul pick and roll, ove esce spesso con lo show per poi trovarsi sistematicamente in ritardo nel recupero sul bloccante. Il suo scambio, in vista di una nuova pick, a me pare la quadratura del cerchio, nel contesto di un ragionamento sulla difesa dei futuri Brooklyn Nets!
Fine stagione. Detto tutto, resta faticosamente da affrontare l’ultimo scorcio di quest’annata disgraziata, senza ambizioni, senza alcuna utilità nel tanking e senza passione. Eppure, forse, tecnicamente la parte più intrigante dell’anno: il perfezionamento dell’asse Brook-Lin, il progressivo inserimento nello starting five di LeVert, l’ulteriore lancio di Whitehead ed Hollis-Jefferson (a quando l’occasione di vederli all’opera tutti insieme?), l’utilizzo di Nicholson e McDaniels (finora nullo), la selezione dei Nets del futuro, il tutto agevolato dall’assenza di pressione, nonché la sostituzione di Scola nei 15. Questi e, si spera, finalmente la cronaca dal campo, gli spunti per il mese che verrà…stay tuned!