Dopo un novembre in chiaroscuro, ma nel quale una filosofia di gioco aveva fatto capolino tra infortuni e sfortuna, ci si aspettava un dicembre di crescita, tanto sul piano tecnico che dello sviluppo dei giovani. Speranza alimentata dal rientro di Lin, ormai dato per imminente, dalla crescita di Lopez, dall’esordio di Caris LeVert, dai progressi mostrati sul campo. Purtroppo, benché non si fatichi a trovar tracce di evoluzione, le cose sono andate un po’ diversamente, ed il mese di dicembre si è rivelato angoscioso per i Nets, precipitati in fondo alla classifica ed ai ranking più autorevoli a causa di un pesante record mensile (3-12) e stagionale (8-24). Episodi sfortunati e ancora infortuni, ma anche errori evitabili e limiti oggettivi. Proveremo ad analizzare cos’è accaduto e perché, sempre tenendo presenti gli obiettivi stagionali, certo, ma anche con la dovuta attenzione all’esito delle partite che, fino a prova contraria, resta sempre il fine ultimo di questo meraviglioso gioco!
Già, perché Sean Marks continua a ribadire, nelle sue interviste, che l’obiettivo della stagione risiede nello sviluppo dei giovani talenti, in cui sono riposte le speranze di un futuro difficile, nonché nella costruzione di una nuova immagine e cultura; credo, tuttavia, che qualche vittoria in più avrebbe giovato tanto all’acquisizione di fiducia da parte dei ragazzi, quanto ad una maggiore credibilità per la franchigia. Ma tant’è, siamo solo ad un terzo del cammino…
La cronaca. Avevamo chiuso il mese precedente con una sconfitta contro Millwaukee, apriamo con il medesimo avversario ed il medesimo risultato. Onore ai ragazzi per averci provato, ad Atkinson per aver “raccolto” l’invito ad un maggior impiego di Bennett (ottima reattività a rimbalzo, e non solo), per aver giocato bene le sue carte risalendo la china e recuperando, invece di cedere, nel terzo parziale, grazie ad un eccellente P&R giocato da Kilpatrick (fatturando tanti viaggi in lunetta) e ad un Lopez che allarga il campo come se non avesse mai fatto altro. Purtroppo reiterati errori nelle marcature (ancora Bogdanovic), troppo Antetokounmpo, a nozze contro la difesa contemplativa sui giochi a due, la differenza di atletismo tra le due squadre, alla fine sono stati pagati. Lo stesso atletismo che costa caro contro Washington, che rimonta dopo un ottimo primo tempo dei Nets e dilaga (ancora!) nel terzo quarto, vanificando i losing effort di Booker (già all’ottava doppia-doppia!), di Lopez e Kilpatrick. Quattordici palle perse nel solo secondo tempo, e le nubi di novembre si affollano di nuovo sul cielo di Brooklyn, facendo piovere sul bagnato nel giorno in cui Houston pareggia l’offerta riservata a Donatas Motiejunas. Manca poco che anche Denver riservi lo stesso scherzo beffardo ai Nets, ma stavolta la squadra tiene e porta a casa un successo prezioso, che fa doppiamente sorridere perché porta anche la firma di un Whitehead sempre più maturo ed il marchio dell’esordio di LeVert, pochi minuti ma di pura energia! Sono giorni positivi, tra l’arrivo di Spencer Dinwiddie ed il ritorno in allenamento di Jeremy Lin, ormai atteso come fosse il salvatore della patria!
Nell’attesa, intanto, sconfitta senza storia a San Antonio, dove Atkinson va a scuola di circolazione e di gioco in post basso dal Pop e a nulla valgono gli sforzi di Bogie, Scola e dell’esordiente neoacquisto, per lo più a babbo morto… Storia molto diversa nella seconda tappa texana, dove si registra il ritorno in campo di Lin (pochi minuti e lacune fisiche evidenti, ma tanta fiducia e sette assist così, senza nemmeno sudare!) e spavaldamente si fa soffrire Houston fino alla fine e si cede sui dettagli, nella gestione del finale, a testa alta ed acquisendo consapevolezza… in difesa! Già, perché Harden ne mette tanti ma tanto è anche forzato a sbagliare, gli si toglie l’arma del contropiede in campo aperto, gli si chiudono corridoi, lo si irretisce, mentre Hollis-Jefferson mette la sordina a Gordon per gran parte della partita e saranno Dekker e, soprattutto, Anderson a girare il match quando serve. Oltre, naturalmente, ai soliti orrori nei secondi decisivi…Si torna a casa, però, con tanta fiducia, ed arriva una vittoria rigenerante contro i Lakers. Arriva tirando male ma difendendo. Ed arriva di nuovo senza Lin, stavolta fermato dalla schiena, nonché senza Foye ed Hamilton (emicrania!), ma arriva grazie a Bogie e Kilpatrick, arriva con Whitehead sempre più sicuro di sé… insomma una partita bruttina ma che pare il preludio ad un periodo positivo, che invece non arriva, anzi! La settimana si completa con due sanguinose sconfitte con Orlando (ancora tante, troppe palle perse quando conta!) e Philadelphia, due pessime gestioni del finale in partite abbordabilissime, in cui Lopez dimostra di essere il terminale ed il regista aggiunto della squadra, incantando, ma la difesa torna a fare acqua, con Enbiid ed Ilyasova immarcabili. Minuti finali fatali e tesoretto di credibilità bruciato!
Ecco che piovono imbarcate nella serie contro le migliori della Lega: tra Toronto, Golden State e Cleveland, Brooklyn gioca (eccome!) solo il primo tempo contro Curry e soci. Troppo poco per impensierire le corazzate. Ultimo posto consolidato e sconforto dilagante. E venne, invece, il giorno dell’orgoglio! Charlotte domina, ne mette 40 nel solo primo quarto, Batum è immarcabile, devastante sul P&R, ma i Nets rientrano in partita con due minuti di run and gun e tre triple in un amen, tornano a contatto adattando il pick and roll Lin-Lopez ai raddoppi difensivi ospiti, perdono di nuovo Lin per infortunio, reggono il ritorno degli avversari grazie al quintetto piccolo, sperimentano la staffetta Kilpatrick-Bogdanovic nel guidare il pick and roll, ritrovano un Lopez sontuoso, prima da bomber, poi da assistman. Rischiano di gettare al vento l’ennesima partita vinta regalando il vantaggio agli ospiti a tre secondi dalla fine, svoltano con il clamoroso buzzer di Foye, a coronamento di una partita generosa, soprattutto difensiva!
Il problema è dare continuità ai risultati e, purtroppo, ciò che gli dei del basket hanno concesso contro gli Hornets, se lo riprendono con gli interessi a Chicago: privi di Lin, cortissimi nel settore lunghi, i Nets esprimono una gran prova e conducono per l’intero incontro, salvo dilapidare sette lunghezze di vantaggio negli ultimi due minuti e subire il buzzer di Butler (40 punti!)! Tiro contestato, dice Atkinson… si, ma dopo aver concesso due metri di spazio da parte di un Bogdanovic che, semplicemente, non doveva essere lì, a marcare la star di casa nell’azione decisiva! Mese ed anno solare si chiudono, poi, nel peggiore dei modi nella capitale, ove Washington regola senza problemi (e senza Beal) i Nets orfani della regia di Lin e dei punti “di rottura” di Harris, facendo leva sul solito pick and roll, sugli scarichi per i Porter o Burke di turno o sui tagli di Morris. Difesa molle, quella di Brooklyn, che colleziona palle perse anche in attacco, stante la serata storta di Kilpatrick e, soprattutto, patisce la marcatura di Gortat (vero dominatore della partita) su Lopez, letteralmente annullato in post basso. Ci si consola con le belle prestazioni di LeVert e Hollis-Jefferson, ma mai come stavolta poche idee e confuse da parte di Atkinson, che quasi mai sfrutta le doti perimetrali di Lopez per aprire il campo, ovvero ciò che più ci si sarebbe aspettati ad inizio partita. Ci si è, invece, intestarditi nell’attacco al ferro, in un’area intasata e ben difesa (7 stoppate subite!)…
Un mese difficile, dunque, ma in cui si vedono ancora sprazzi di bel gioco e di speranza. Le avversarie più forti passeggiano contro la difesa di Brooklyn, ma con le altre ce la si gioca sempre, eppure il risultato arriva quasi mai e crescono i rimpianti per quel che poteva essere e non è stato. Rispetto al mese precedente si sono visti aggiustamenti significativi, soprattutto nella gestione delle rotazioni e nella tenuta nel fatidico terzo quarto. È evidente la mano del coach, così come la preparazione scrupolosa delle partite, ed è migliorata la capacità di adattamento alle situazioni di gioco. Grazie a questa cura dei dettagli cresce la competitività della squadra, che spesso arriva in fondo a stretto contatto per poi, però, quasi sempre dilapidare i vantaggi nella pessima gestione dei finali di gara e compromettere quanto di buono fatto fino a quel momento. Perché?
Riflessioni sparse…. Alcuni dati statistici possono soccorrerci nell’analisi: ultimi per palle rubate e terzultimi per rimbalzi offensivi concessi agli avversari, ultimi per tiri concessi e percentuali dal campo subite, peggior dato difensivo della Lega (oltre 114 punti subiti per gara)… E’ chiaro che, con queste statistiche, concedendo tanto e subendo tanto, restare in partita comporta uno sforzo che si finisce per pagare, in termini di lucidità, nei finali punto a punto, tanto più in assenza, purtroppo perdurante, della point guard titolare! La panchina fa quel che può: ha una produttività che si colloca al terzo posto nella Lega per punti realizzati, con alti minutaggi, e questo contribuisce non poco alla tenuta della squadra ed alle rimonte, e vedremo nel dettaglio come Atkinson abbia disegnato strategie di gioco più consone all’assenza di Lin. Tuttavia è innegabile che, fuori lui, si diventi prevedibili per le difese (secondi per stoppate subite) e si finisca per perdere palloni banali proprio nei momenti chiave delle partite (e questo non lo leggerete in nessuna statistica, lo si coglie guardando le partite fino alla fine!).
Il fronte-mercato. Il problema è che, sul più bello, emergono i limiti dei Nets attuali, la correzione di alcuni dei quali sta richiedendo tempo, alcuni altri essendo, invece, strutturali e bisognosi di interventi sul mercato. Ci ha provato, Sean Marks, implementando la profondità nel ruolo di PG, sostituendo il buon Farrell con Spencer Dinwiddie, che benissimo stava facendo in D-League ma, ad oggi, ai margini delle rotazioni e, soprattutto, tentando l’ennesimo assalto ad un RFA, stavolta Donatas Motiejunas, ma per la terza volta nel giro di pochi mesi si è visto pareggiare l’offerta! Inutile pensare a quali scenari, tecnici e di mercato, si sarebbero potuti aprire avendo a roster un D-Mo o, per dire, un Tyler Johnson: oggi le cose non stanno così.
I limiti. Il mese di dicembre ci ha detto drammaticamente che a questa squadra manca un classico 3&D (si dà per certo l’assalto ormai prossimo ad Otto Porter); che schierare Bogdanovic da ala piccola comporta un drammatico gap difensivo sul quale spesso le avversarie giocano in modo decisivo, laddove invece, con Hollis-Jefferson si può arrivare a togliere dal campo un pericoloso terminale offensivo, ma si rallenta la manovra e si perde una dimensione; che si soffre maledettamente i lunghi moderni, particolarmente indigesti alle difese di Atkinson ed ai quali il coach non ha nulla da opporre, troppo lenti Lopez, Bennett o Scola, troppo poco difensore Hamilton, troppo più piccoli il generoso Booker e Rondae, spesso visto da quattro tattico nei frequenti smallball proposti a dicembre.
Considerazioni tecniche. Al di là di tutto, oggettivamente il quintetto titolare dà garanzie: detto di Lin, Kilpatrick sta diventando un leader, senza dimenticare che il suo ruolo è quello di shooting guard, si accolla le veci di PG soprattutto nei momenti caldi ed è cresciuto tantissimo in termini di maturità e nei giochi a due con Lopez! Impressionante il differenziale tra le sue statistiche nelle gare vinte (22,5 ppg, 7,3 rpg, 50,8% dal campo) e quelle perse (13,5/3,4/40%), a testimonianza di quale importanza rivesta per i Nets, soprattutto in assenza di Jeremy. Di più non gli si può chiedere! Anche Bogdanovic sta crescendo, paradossalmente, forse, persino più efficace e decisivo sugli scarichi di Lopez ed in assenza di Lin, che pure parrebbe fatto apposta per innescarlo. Non si trovano dati statistici specifici a tal proposito, ma la sensazione di chi guarda è che le migliori prove il croato le fornisca quando è Lopez a vestire i panni dell’assistman (osservazione che feci anche lo scorso anno). Si è visto anche condividere con Kilpatrick la responsabilità del ball handling sul P&R, con esiti non malvagi, ma va assolutamente evitato di schierarlo in marcatura sul palleggiatore o sul go-to-guy avversario, stante il suo innato ritardo nella difesa sui blocchi, ai quali passa sempre dietro! Booker ha visto meno palloni, ma continua silenziosamente a mettere insieme doppie doppie, è per distacco il miglior (l’unico?) rimbalzista della squadra ed è capace di accelerare la transizione sfruttando buone doti di palleggio. Lopez, ormai, giganteggia in ogni statistica offensiva: 20,8 ppg, 37% dall’arco (il miglior centro della Lega sul dato), è in grado di far male da qualunque posizione del campo! Dominante dal post basso, dicembre lo ha visto primeggiare in qualità di assistman, facilitando forse più di chiunque altro il gioco sugli scarichi dei tanti potenziali tiratori a roster. Il suo “thriple threat position” dal post offre mille soluzioni all’attacco e ad oggi, soprattutto quando Lin è fuori, rappresenta il fulcro del gioco offensivo dei Nets. Lin in campo, invece, porta Lopez più spesso vicino al ferro con il pick and roll, senza che perda efficacia! Lopez è il go-to-guy quando la palla scotta, il “bene-rifugio” quando la circolazione ristagna… Giocatore chiave se ce n’è uno, stavolta la mia nomination come retina del mese non può che andare a lui!
Altre buone idee sfornate dalla raffineria di Atkinson sono la transizione in campo aperto in stile dantoniano, con i lanci tipo quarter-back di Lin sotto il canestro avversario (vista e bene solo in poche occasioni, causa la perdurante assenza dell’attore protagonista…) e l’uso dello smallball con la second unit: corsa, difesa aggressiva sulle linee di passaggio e contropiede hanno dato sostanziosi contributi in alcune fasi di gioco; deve, tuttavia, restare soluzione transitoria e di emergenza, perché dopo alcuni minuti finisce per essere sopraffatta sotto canestro!
Dove migliorare. Resta il problema del che fare quando Lopez deve tirare il fiato in panchina: Hamilton è regredito parecchio sia nelle voci offensive, sia e soprattutto difensivamente, ove pare un pesce fuor d’acqua. Scola è sparito, Bennett (insisto: scelta sbagliata!) resta ai margini delle rotazioni: occorrerebbe recuperare il contributo dei lunghi, perché ruotare il solo Hamilton, per di più nelle scadenti condizioni di forma attuali, non consente di essere competitivi sotto canestro. Magari tornando a dare un chance a Chris McCullough, che sta letteralmente dominando in D-League!
La prospettiva, in attesa della pausa dell’ASG e della trade deadline (ove sicuramente qualcosa si muoverà dalle parti di Brooklyn), risiede soprattutto nello sviluppo dei rookies e dei sophomore! Hollis-Jefferson sta lentamente tornando sui livelli attesi: ha iniziato ad attaccare con più fiducia (10.2 ppg nelle ultime cinque partite), ma manca ancora drammaticamente dalla media-lunga, per cui spesso si incapronisce nell’attacco al ferro finendo per diventare il bersaglio preferito delle stoppate dei lunghi avversari! LeVert sta facendo evidenti progressi, tanto sul piano difensivo, quanto in attacco, ove la sua rapidità di rilascio può e deve diventare un fattore nel gioco dei Nets (6-15 dai 7,25 nelle ultime cinque), così come la sua versatilità ed il suo atletismo (di cui ha dato splendida prova in quel di Washington). Infine Whitehead: forse il meno talentuoso dei tre, ma sicuramente il più migliorato, per amore o per forza! Catapultato nello starting five causa rottura prolungata delle altre PG, sta facendo sempre meglio, sta prendendo anche lui coraggio dalla lunga (resto convinto sia più un 2 che un 1), attacca bene il ferro. Il suo limite (non da poco) risiede nel pacemaking e nella gestione dei palloni che scottano, ma gli si può senz’altro perdonare, facendo attenzione a gestirne bene il minutaggio in modo da non “bruciarlo”. Finora direi che Atkinson, tra alti e bassi (è un rookie anche lui…), ci stia riuscendo sempre meglio, se è vero che il buon Isaiah, aspirante profeta in patria, è stato recentemente collocato sesto nella classifica di rendimento dei rookies 2016 dal sito ufficiale NBA!
Mai come oggi, la crescita in termini di risultati passa innanzitutto per la crescita dei giovani, oltre che in quella cura dei dettagli che Atkinson certosinamente persegue e che regalerà, ne siamo certi, ai tifosi ed al sottoscritto qualche soddisfazione in più da raccontare nella prossima puntata di “un mese con i Nets”. Stay tuned!