Forlì, 27 dicembre – La sconfitta nel derby con Imola, la 9a nelle ultime 10 giornate, ha lasciato strascichi evidenti in tutto l’ambiente biancorosso e fatto sprofondare l’Unieuro Forlì nella crisi più nera della sua breve storia. Il pubblico in particolare, ha manifestato apertamente il proprio dissenso e certificato il termine dei bonus che la neonata Pallacanestro Forlì 2.015 si era guadagnata dalla sua entusiasmante nascita nel luglio del 2015 grazie ai risultati conseguiti nel corso della passata stagione in serie B dove conquistò la Coppa Italia di categoria e la successiva promozione in serie A2. Dopo la sconfortante prestazione esibita ieri ci si pone alcuni interrogativi ai quali sarebbe necessario trovare rapidamente una risposta prima che la situazione possa incanalarsi in maniera definitiva nel tunnel che porta dritto, dritto “all’inferno”.
La squadra: i giocatori sono parsi troppo spesso e troppe volte in balìa degli eventi. Lascia molto perplessi la passività con la quale approcciano alle gare (ovviamente quelle malamente perse) pur essendo consapevoli dell’importanza della posta in palio. Che si tratti di delicate sfide salvezza, di derby o della congiunzione di entrambe le cose è inspiegabile l’atteggiamento con cui vengano affrontate alcune partite. Il linguaggio del corpo ha troppe volte espresso sensazioni negative, manifestato confusione ed evidenziato sfiducia e sconforto. Ora che Wayne Blackshear è uscito definitivamente dai giochi, sino all’innesto di un nuovo americano, ad ognuno sarà richiesto un ulteriore sforzo e senso di responsabilità. Ma in queste condizioni i ragazzi ne avranno la forza?
La condizione fisica: da inizio stagione a oggi non si contano le situazioni con le quali la formazione di Garelli ha dovuto far fronte agli infortuni. Alcuni possono esser fortuiti, altri derivanti da inevitabili situazioni di gioco, altri ancora lasciano più di un interrogativo quanto meno sulle modalità con le quali sono stati gestiti. La squadra è sulle gambe, non c’è movimento senza palla e il ritmo è spesso non competitivo per giocare a certi livelli. Le percentuali di tiro, oltreché figlie della sfiducia, sono la conseguenza di una squadra che non ha energie nella testa e nelle gambe. Solo casualità o una preparazione fisica non adeguata per giocare a questo campionato?
Garelli: questo è indubbiamente un punto molto scottante dell’attuale situazione che vive Forlì. Il coach, per chi non lo sapesse, è anche socio della Pallacanestro Forlì 2.015, e questa situazione, già esaminata in altre sedi e in altri momenti, risulta particolarmente ingestibile dal momento che ne scaturisce un evidente conflitto di interessi. E’ indubbio che, dopo l’uragano Boccio e la susseguente sparizione del Basket professionistico a Forlì, a Garelli e alla sua tenacia nel raccordare tutti gli anelli di una catena sino a ieri quasi perfetta, vanno attribuiti altissimi meriti. Detto questo però, non si può vivere di sola riconoscenza e nel lavoro se non ottieni i risultati per mandare avanti l’azienda che ti è stata affidata finisci per pagarne le conseguenze. Nel caso di Forlì questo non è esattamente così. La squadra della promozione fu costruita da lui, quella attuale idem, gli uomini di cui si è attorniato sono tutti voluti dallo stesso Garelli. Eppure non bastano nove sconfitte nelle ultime dieci giornate, la peggior media al tiro dall’arco dei due gironi della serie A2, una squadra che è palesemente distante, amorfa e non più in sintonia col proprio allenatore per decidere nel bene di una città innamorata della pallacanestro tanto da portare costantemente oltre 3.000 spettatori ogni domenica al palazzetto. Pare evidente che in questo momento la situazione non sia più in pugno all’allenatore e la scelta di ieri, di mettere a referto Blackshear che non si reggeva in piedi per mandare in tribuna Bonacini, ha destato molto stupore in tutto l’ambiente del PalaFiera. Tutto questo perché? Incapacità di gestione? Orgoglio personale?
La società: laddove non arriva l’allenatore solitamente ci si aspetterebbe intervenisse la società, sempre nel bene della stessa e del patrimonio che è il pubblico che investe nel tuo prodotto. Alla società vanno riconosciuti tanti meriti per tutto quello che in sole due stagioni è riuscita a costruire, e sarebbe delittuoso disperdere tutto questo per la paura di cambiare. Se nelle vittorie è tutto facilmente gestibile, nelle sconfitte, e qui ce ne sarebbero da sbizzarrirsi, tutto si complica maledettamente sino ad arrivare alla paralisi e alla palese difficoltà nel gestire una “patata” così bollente. Chi avrebbe l’autorità per decidere un cambio?
Gli alibi: è terminato anche il tempo degli alibi. Prima erano gli infortuni, poi l’impossibilità di allenarsi in condizioni decenti e soprattutto vicine al ritmo partita. In alcune occasioni gli arbitraggi non sono stati dei più teneri con i romagnoli, ma se tutte queste sono assolute verità ne segue una ancor più impietosa e inquietante, e cioè che tutto questo ha finito per creare alibi e deresponsabilizzare un gruppo che inspiegabilmente si è macchiato troppo spesso di pause imbarazzanti. Tutto vero, ma l’orgoglio?
Il pubblico: per ultimo, ma non certo per ordine d’importanza, arriva il pubblico, quello per il quale si fanno investimenti, si fanno sforzi perché sai che c’è un patrimonio ed una risorsa che se ben gestita, può regalarti innegabili soddisfazioni e il raggiungimento del record di abbonamenti stabilito quest’anno e mai nemmeno sfiorato negli anni in cui a Forlì giocava gente come Mc Adoo, Fox, Bonamico, Fumagalli, Landsberger, Niccolai, Griffin, Dawkins per citarne alcuni in ordine sparso, sono un esempio di quanto pericoloso sia scherzare con il fuoco. Ieri tutto il palazzo invocava a gran voce rispetto per la maglia e per tutte le persone che hanno sempre riposto fiducia e sostenuto la piazza. Il tempo dei ringraziamenti è finito. Tra l’altro il dato oggettivo che scaturisce oggi, dopo 14 giornate di campionato, è che nelle 4 vittorie interne contro Ferrara, Treviso, Udine e Recanati, il pubblico è risultato assolutamente determinante nei finali punto a punto e nel recupero dal -19 in cui Forlì era sprofondata contro Recanati. Perché disperdere tutto questo?
E intanto giovedì 29 a Chieti, l’Unieuro si troverà di fronte ad un’altra delicatissima sfida salvezza, quella che determinerà il penulmtimo posto in solitario.