Pochi giorni ormai e poi l’attesa sarà terminata: lunedì alle 18 comincia la strada che separa l’Italia dalla qualificazione ai Giochi Olimpici di Rio De Janeiro. In mezzo il Torneo Preolimpico di Torino. Grecia e Croazia le avversarie da sconfiggere. Messico la potenziale outsider. Iran la probabile cenerentola. Andiamo allora a vedere tutte le squadre che contenderanno alla nazionale di Ettore Messina il posto ai Giochi, iniziando con l’analisi del girone A.
GRECIA
La Grecia è, secondo i bookmakers, la favorita per la vittoria di questo pre olimpico. E vedendo il roster a disposizione di coach Fotis Katsikaris si può capire il perché. La rosa risulta lunga e completa nonostante le assenze pesanti di Vassilis Spanoulis e Kostas Sloukas, appiedato dalla fascite plantare, in cabina di regia e di Kostas Papanikolau e Georgios Printezis nel reparto ali. Gli ellenici dispongono comunque di talento in abbondanza a cui affidarsi per puntare a Rio, a cominciare da quello sconfinato, come le sue braccia, di Giannis Antetokounmpo.

I 12 convocati della Grecia per Torino
Il 21enne, stella dei Milwaukee Bucks, anno dopo anno ha confermato il proprio talento cristallino ed è reduce dalla sua miglior stagione in carriera: 16.9 punti, 7.7 rimbalzi e 4.3 asissts in 35 minuti di impiego su 80 partite giocate. Il futuro è suo su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico. La sua taglia e le capacità di trattamento del pallone lo rendono un miss match da incubo per chiunque, tanto più che nella seconda parte di questa stagione è stato utilizzato stabilmente come playmaker dal suo allenatore Jason Kidd (che di playmaker se ne intende…), con risultati eccellenti. Non è però un discorso automatico che questa sua esuberanza atletica e di talento lo porti ad essere il leader della sua nazionale. Storicamente la Grecia dà il meglio di se appoggiandosi ai suoi senatori, allo zoccolo duro della squadra, ai giocatori di esperienza per intenderci, sviluppando in campo, tra l’altro, un basket decisamente tradizionale, almeno per i canoni europei. La rivoluzione culturale e cestistica che porta Antetokounmpo è ancora tutta da digerire e i recenti Europei lo hanno dimostrato, con una squadra che non è riuscita ad integrare al meglio il potenziale del ragazzo con origini nigeriane. Va detto che l’assenza dei quattro giocatori citati inizialmente dovrebbe accelerare non poco questo processo. Il leader tecnico ed emotivo del gruppo dovrebbe essere Ioannis Bourousis, reduce da una stagione da sogno a Vitoria che lo ha visto letteralmente resuscitare, dopo almeno tre anni di anonimato tra Milano e Madrid. Giostrerà il minutaggio con un altro pezzo da novanta come Kosta Koufos, centro che si è costruito negli anni una solida carriera in NBA e costituirà una coppia veramente difficile da contenere nei pressi del ferro, particolare non di poco conto considerando le patologiche difficoltà dell’Italia sotto i tabelloni. In cabina di regia tutto sarà nelle mani di Nick Calathes e Vangelis Mantzaris, coppia di sicura affidabilità, così come dovrebbe portare buona efficienza Stratos Perperoglu, reduce dall’esperienza in terra catalana col Barcelona. Attorno avranno il compito di portare faccia tosta e gambe fresche Ioannis Papapetrou, Dimitrios Agravanis (entrambi classe 1994) e Vassilis Charalampopoulos (1997), esponenti di punta della nuova generazione greca. Completano il quadro Giannis Athinaiou (Olympiacos), Georgios Bogris (centro da Bilbao) e Thanasis Antetokounmpo, fratello di Giannis, nel giro delle minors dei New York Knicks e che in questi giorni è sondato da Avellino. Giocatore dalle dimensioni decisamente più “umane” (2.01 per 98 chili), non talentuoso come il fratello ma che sugli esterni può portare buona pericolosità. Risulta evidente come non sia la miglior Grecia possibile e che la convivenza tra l’anima giovane e quella più stagionata debba gioco forza funzionare per poter dare i frutti sperati. Il talento di Giannis e la stazza sotto canestro da soli sono punti di forza su cui costruir fortune, ma per l’Italia ci sono i margini per essere ottimisti.
MESSICO
Vuole essere l’outsider del girone A il Messico di coach Sergio Valdemilos. I messicani arrivano al preolimpico con tutte le intenzioni di provare a raggiungere un risultato storico, considerato che la nazionale di pallacanestro manca dai Giochi a Cinque Cerchi dal lontano 1976. La strada però, non fosse già abbastanza complicata, è stata resa ancora più difficile dal forfait di quello che è, senza dubbio, il miglior giocatore della rappresentativa centroamericana: Gustavo Ayon.

Gustavo Ayon, il grande assente per il Messico
Il lungo del Real Madrid, infatti, ha annunciato che non ci sarà a Torino a causa di problemi personali, privando così i suoi di una presenza determinante sia a livello tecnico (11 punti e 6 rimbalzi di media con un pazzesco 70% dal campo in 42 partite al Real in questa stagione) che di leadership. La preparazione del Messico per preolimpico è cominciata parecchio tempo fa, con il raduno che è stato fissato il 30 di maggio, anche per via del Torneo Centrobasket, che si è disputato in sei infuocati giorni dal 19 al 25 giugno, e che ha visto sconfitto il Messico in una finale thriller contro Porto Rico (contro cui proprio il Messico aveva vinto nel 2014) per 84-83. Gli uomini di Valdemilos si sono potuti rodare al meglio confrontandosi in una competizione vera e cercando nuovi equilibri con i quali supplire all’assenza della propria stella. Grande protagonista è stato Hector Hernandez, ala 31enne di 205 centimetri, visto anche al Maccabi Haifa nel 2014 e attualmente militante nei Bucaneros de La Guaira in Venezuela, capace di produrre 17 punti e 7 rimbalzi di media col 37% da tre punti. Dietro lui tre piccoletti terribili, da buona tradizione sudamericana: Jorge Gutierrez (Charlotte Hornets, 12.2 punti, 5.3 rimbalzi e 3.5 assists), Francisco Cruz (VEF Riga, 10 punti di media col 38% da tre punti) e Paul Stoll (Avtodor Saratov, 9 punti e 3 assists col 44% da dietro l’arco). Sulla spinta di questi giocatori il Messico può alzare i ritmi di un attacco non sempre preciso, ma che può prendere fuoco, specie da tre punti. Sotto canestro l’ex UCLA Bruins Lorenzo Mata cercherà di fare le veci di Ayon, anche se il compito sarà davvero improbo. Si tratta di una squadra che mette in campo grande intensità e cerca di vincere le partite prima in difesa che in attacco. La partita con l’Iran è quella da non sbagliare per garantirsi l’acceso alle semifinali. Lì poi si cercherà il miracolo.
IRAN
Tutti sulle spalle di Hamed Haddadi. Nel vero senso della parola. Il gigante iraniano (218 centimetri) è letteralmente l’ancora di salvezza di una squadra che arriva senza particolari ambizioni alla competizione torinese.

Hamed Haddadi, l’Iran dipende da lui
Con un breve passato NBA (Memphis e Phoenix) alle spalle e una buona tecnica di base, Haddadi sarà il giocatore cui coach Dirk Bauermann chiederà il maggior apporto in campo. Fin qui, quando è stato chiamato in causa non ha mai tradito le attese, giocando sempre ad ottimi livelli (in particolare ai Mondiali 2014, dove impressionò davvero con 18 punti e 11 rimbalzi di media), ma intorno ha davvero poco su cui fare affidamento. La squadra, oltre che di talento, manca di esperienza internazionale, con tutti i suoi giocatori che militano in squadre iraniane tranne Mohammad Jamshidi (ala 25enne di due metri), quest’anno nelle Filippine e uno dei giocatori di maggior impatto della squadra. Da segnalare Arsalan Kazemi, ala piccola di due metri che ha svolto tutto il percorso collegiale in NCAA, prima a Rice University per poi concludere con Oregon nella PAC 12 dove è stato anche inserito nel miglior quintetto difensivo della conference nel suo anno da senior. La squadra ha una discreta rappresentativa di giocatori giovani, con cinque under 24 nei dodici, che se non altro possono garantire una buona continuità per il futuro. In panchina di sicuro il coach è una certezza e potrà dare quel qualcosa in più a una squadra che proverà, alla seconda giornata, a strappare una vittoria insperata col Messico. Da lì in avanti, però, obiettivamente, le aspettative sono praticamente nulle.
Nicolò Fiumi