Di giri sull’ottovolante la Caserta del basket ne ha visti parecchi dal 98′ ad oggi, dal fallimento della storica Phonola alla risalita in serie A, faticosa, fino alla semifinale scudetto e ai quarti di Eurocup, oramai sembra un secolo fa. La Pasta reggia JuveCaserta, ancorata al Presidente Iavazzi, che ha profuso fino a fine stagione ogni sforzo possibile, prima di farsi da parte, è riuscita a strappare con le unghie e con i denti una salvezza che non è sinonimo di futuro, ma che rimarrà indelebile come quei 7500 che hanno animato gli spalti del Palamaggiò contro Trento a sospingere dei ragazzi tanto coraggiosi quanto sfortunati.
Si dice che il caso non esista, ma pensare a qualche macumba appare lecito, se nella prima seduta di allenamento in assoluta Downs si lacera un tessuto muscolare, se Siva che brilla in precampionato si fa male una settimana prima di Varese e non recupererà mai appieno, se non si gioca mai al completo, se Ghiacci, che diviene capitano e leader emotivo, è spesso costretto al ko per una spalla, se Gaddefors che era diventato la chiave difensiva dei suoi vede il suo ginocchio saltare e se Metreveli, il tappabuchi, salta all’improvviso.
Si veniva dalla stagione dei mille cambi di roster con Markovski, quest’anno la girandola di arrivi è stata polposa come al solito, ma per sopperire a falle che si sono create. Forse alla fine la pescata migliore è quella che non ti aspetti, con Linton Johnson, che fino a poche settimana giocava sui parquet delle squadre Uisp col suo candido sorriso e la voglia di non mollare mai, e che si ritrova ad essere decisivo nelle due sfide con Pesaro prima e Trento poi. Una favola, per chi ci crede.
Voto 10 ad una dirigenza che ha creduto in Dell’Agnello sempre e comunque, anche nella notte più oscura, perchè forse è vero che il toscanaccio sul legno non ha mai dato un’impronta offensiva ai suoi, ma è altrettanto foriero di verità il fatto che non ha mai avuto nè in allenamento nè nelle gare una squadra completa e che fosse disegnata così come a bocce ferme nel precampionato. Quello che però Sandrokan, storico elemento dello scudetto, è riuscito a trasmettere ai suoi, è quella coesione difensiva e quell’attaccamento alla maglia che sono state la chiave della salvezza.
Se ne son viste tante in questa stagione, ma sono tanti piccoli momenti quasi tutti in serie. Varese e la vittoria di un Bobby Jones che nel quarto periodo dopo un nulla assoluto spara 4 bombe che sembrano quelle di Jumaine e che valgono i due punti. E’ stata forse la più brutta partita della storia del campionato ma poco importa, e i tifosi sicuro avrebbero voluto quel Bobby Jones per tutta la stagione, ma i problemi fisici han condizionato l’ex Roma, costretto a giocare da falso lungo per quasi tutto il campionato, ma che nel finale con maggiore palla in mano e con condizioni migliori ha fatto sfracelli.
Poi ricordo indistintamente la serie di sconfitte con Milano, Cremona, Pistoia, e forse ne scordo qualcuna. Caserta poteva essere 5-0 per come le ha giocate, dominate, mai chiuse, e ha visto Cinciarini prendersi le conclusioni decisive da 15 metri, forzata ma tentata, peccato. Perchè in fondo quando hai in squadra uno come Daniele Cinciarini hai sia il cecchino che il fante. DIciamo che anche lui è stato chiamato ad un extra lavoro assurdo, perchè doveva essere quello che usciva dalla panchina e portava legna e punti, e si è ritrovato ad essere la combo titolare in assenza di Siva, già, perchè in tutto questo Siva non c’era.
Dov’era? Non serve chiamare rai 3 per “CHi l’Ha visto” perchè il play da Louisville ha avuto problemi con l’infermeria, su un infortunio forse sottovalutato, forse curato in maniera lieve, su cui forse si è rischiato troppo: fatto sta che non ha condizione quando ritorna, e se gli si toglie il primo passo perde e non poco. Gioca una pallacanestro che gli altri forse non capiscono, ma si vede che non ha mezzi nè per chiudere in sottomano, dove “se non è un circus shot non la mette mai”, nè con continuità dall’arco. Me lo ricordo nitidamente contro Trento, dopo tante brutte ultime gare. Segna la prima tripla e poi prende la squadra sulle spalle nel finale, come fa qualcuno che sa di aver qualcosa da farsi perdonare, forse è stato il miglior play degli ultimi anni con Nic Wise, forse… Non lo ha dimostrato sul campo purtroppo.
Caserta si riscatta sempre e comunque con le avversarie storiche, ma soprattutto si diverte nelle rimonte, ed il protagonista è sempre uno: Viktor Gaddefors. Arrivato al secondo giorno dopo i problemi a Downs, diventa l’idolo dei Casertani perchè dà tutto in campo e si erge a difensore arcigno ogni qual volta sembra finita. Memorabile a Bologna, nel monday night, dove inizia a crivellare il canestro con continuità, a calamitare ogni rimbalzo. Non sarebbe bastato se non ci avesse pensato Valerio Amoroso con una tripla dal parcheggio a mandare tutti all’overtime in cui i campani la sbancano.
Già Valerio Amoroso. Da odio a idolo, da un addio che diviene un arrivederci, al tifo che lo contesta in campo, all’addio definitivo. Se ne sono dette tante, troppe, per un ragazzo che dava l’animo in campo, magari senza riuscire ad esprimersi come voleva, ma che ha sudato la maglia ben più dell’altro taglio El Amin, che forse in Grecia è un fenomeno, ma in Italia, tra Ferentino e Caserta, non è che abbia lasciato un gran ricordo.
Menomale che almeno i lunghi erano stati azzeccati, perchè con Dario Hunt paghi magari lo scotto dei liberi sbagliati, ma hai tanti, ma tanti rimbalzi in saccoccia ad ogni allacciata di scarpe che puoi ben infischiartene. Il migliore dei suoi con Gaddefors, la certezza, il totem, il faro. Dicevamo però delle rimonte, due su tutte: quella di Avellino prima e quella di Torino poi.
Nel derby la Juve omette di giocare il primo tempo, crolla sul -18 e sembra finita. Un aneddoto personale varrà al caso. Avevo seguito il primo tempo solo dal sito della lega, perchè impegnato lavorativamente, e a metà gara avevo già staccato. Tornato a casa, mi ritrovo davanti un finale punto a punto, e ringrazio di avere il mysky per riguardare quella rimonta. Difesa, difesa e ancora difesa. Avellino non vede più il canestro, Caserta se recupera palla costruisce meglio e negli ultimi 7′ di gioco impedisce ai biancoverdi di segnare. E’ una vittoria da sogno, di quelle degli annali, che lanciava la Pasta Reggia all’ultima del girone di andata in un match da dentro o fuori con Trento per l’accesso alle final 8. Quella gara fu steccata e decisa da due confetti del “guastatore” Poeta, ma c’è sempre la certezza che con qualche punto sprecato in meno, quella coppa Italia poteva essere una realtà.
La rimonta di Torino sembra invece nascere da un sentimento ancestrale di rivalsa borbonica, una risalita da -18 dopo il primo tempo in cui Dawkins e White avevano abusato di tutti. Gaddefors regge da solo la squadra in piedi, cone una tripla da oltre centrocampo all’intervallo e una dalla sua panchina sulla sirena del terzo quarto. Ne metterà 24 con 4/6 dalla lunga distanza, evitando di prendersi l’ultimo per l’assist a Giuri dall’angolo che insacca, con la vittoria che vale una salvezza o quasi.
Non ho omesso di ricordare Giuri, stavo aspettando il la dallo scorrere del flusso dei pensieri. Doveva essere la scommessa, di sicuro è vinta. Attributi grandi come una casa, difesa tosta, di fatto è il play titolare visto i dentro e fuori di Siva e fa sempre le cose giuste al momento giusto. Pensare che faceva coppia a Verona con De Nicolao e che ora il suo compagno fa finale scudetto, deve far riflettere chi pensa che il talento ci sia solo in massima serie. Non ho dimenticato neanche Micah Downs. Su di lui però spenderò meno parole.
Accendi e spegni, se va in striscia è un’ira di Dio, se non è in serata si prende gli stessi tiri. Dell’Agnello lo inventa 4 tattico e lui risponde con i suoi balzi a rimbalzo, ma è troppo discontinuo e diventa l’ago della bilancia nel trend di sconfitte del girone di ritorno, specie quelle con Orlandina, Pistoia, Varese e Venezia. Si vuole prendere l’ultimo tiro e puntualmente non arriva neanche a prenderlo perchè si incunea nella difesa avversaria e perde palla.
La stessa azione la tenta contro Pesaro, dopo che Linton Johnson ha annichilato Daye e ha messo dei liberi preziosi, si butta dentro, cade, rimpallo, poi forza un tiro degno della piuma di Forrest Gump e segna un canestro decisivo. Forse che aveva un conto con i marchigiani dove firma la sua miglior prestazione.
Caserta ha messo in difficoltà chiunque, Milano, Reggio, Avellino, potrebbe continuare la lista, ma le perde tutte. C’è chi dice che è meglio perderne una di 40 (Caserta ha anche quella vedasi il match del Pianella contro Cantù) e vincere le altre di uno, la Juve fa male anzi malissimo, e le perde tutte di poco, arrivando con l’acqua alla gola nel match con Trento.
Biglietti ad 1 €, pubblico caldo e vittoria. Non serve altro per concludere. Forse sarà l’ultimo canto del cigno, forse non ci sarà un domani, resta da dire però una volta dal primo all’ultimo dei ragazzi quest’anno in maglia bianconera, un immenso grazie.
Nico Landolfo