A poche ore dall’ultima palla a due e dall’ultimo canestro nella Serie A di basket in carrozzina, il GSD Porto Torres fa un primo bilancio. Bilancio che, per ora, riguarda esclusivamente il campionato, terminato con l’eliminazione, in semifinale playoff, maturata per mano dei campioni d’Italia in carica del Santa Lucia Roma. E’ già tempo, infatti, di pensare alla Final Eight di Champions Cup, in programma a Zwickau, in Germania, dal 5 all’8 maggio.
Tornando al campionato, la serie di semifinale, come noto, è terminata con un 2-0 per i capitolini, che hanno dunque confermato i pronostici, volando per la ventiquattresima volta consecutiva in finale, dove troveranno ad attenderli la UnipolSai Briantea84 Cantù, come negli ultimi tre anni ed in ogni competizione nazionale a partire dal marzo del 2013.
Una finale annunciata, dunque, nonostante sia il GSD che la Deco Group Amicacci Giulianova abbiano dato del filo da torcere alle più quotate avversarie.
Per Porto Torres si è trattato nel complesso di un buon campionato, anche se con qualche alto e basso:
“Credo che alla fine i conti tornino“ – dichiara il coach dei turritani, Sara Cappellini – “ I nostri alti e bassi ci collocano in classifica esattamente nella posizione che abbiamo meritato sul campo (la quarta al termine della regular season, ndr). E’ stato un lungo percorso, fatto di momenti esaltanti e di difficoltà . Abbiamo fatto vedere un basket a tratti stellare e divertito un palazzetto ogni sabato un pò più pieno. Resta qualche rimpianto, ma il bilancio è positivo.
La dimostrazione di queste “montagne russe” è data dal fatto che la partita più bella e quella che, invece, ha lasciato più amaro in bocca, sono state vicinissime e, di fatto, una ha vanificato gli sforzi profusi nell’altra, soprattutto in termini di classifica:
“Si tratta di due partite giocate a poca distanza tra loro“ – conferma Cappellini – “ e descrivono esattamente la nostra capacità di fare tutto ed il contrario di tutto, la nostra imprevedibilità che spesso ci ha fatto gioire, ma che a volte ci ha condannato. Si tratta ovviamente della vittoria a Cantù, colta con grande serenità su un campo a lungo inviolato e poi, un attimo dopo, della sconfitta con Giulianova, sul parquet di casa, incapaci di reagire e smarriti.”
C’è sicuramente qualcosa su cui migliorare, crescere, lavorare e Sara Cappellini non ha dubbi:
“Sulla continuità, sulla costruzione di un’identità di squadra che non viva unicamente di imprevedibilità, su una maggiore coesione nei momenti di difficoltà , sulla pazienza nel gestire le situazioni di gioco.”
Entrambi gli allenatori delle due finaliste, coach Carlo Di Giusto ed il collega Marco Bergna, hanno avuto modo, durante la stagione, di lodare il lavoro di coach Cappellini e prevedere per lei, che era al suo primo anno sulla panchina di una squadra di basket in carrozzina, un futuro roseo in questa disciplina:
“E’ stato un anno intenso“ – racconta – “fatto di confronti, di sicura crescita professionale, ma anche di conflittualità . Mi sono dovuta in parte spogliare delle conoscenze sul basket in piedi per riuscire ad avvicinarmi ai meccanismi del basket in carrozzina. Ho tanto cammino da fare per sentirmi personalmente soddisfatta, ma dall’inizio di questa stagione ad oggi mi sento cresciuta. Sarei curiosa di vedermi tra qualche anno.”
Il campionato è terminato, ma la stagione ancora no. Il GSD Porto Torres, infatti, è prossimo alla partenza verso Zwickau, in Germania dove, da giovedì a domenica, è in programma la Final Eight di Champions Cup. Anche quest’anno il GSD sarà dunque di scena nelle finali della massima competizione europea per club, tra le otto migliori squadre d’Europa. Un risultato già straordinario così, un obiettivo fissato dalla società ad inizio stagione e perfettamente centrato. Si può tranquillamente dire che… comunque vada, sarà un successo?
“Sì..“ – risponde Sara Cappellini – “…Perchè quando si è tra le prime otto squadre in Europa, non si può dire diversamente. Il tasso tecnico di tutte le formazioni partecipanti è altissimo, il ritmo della competizione serrato, la fisicità degli avversari difficile da contrastare. Restiamo consapevoli delle nostre capacità , ma anche dei nostri limiti e, arrivati a questo punto, l’obiettivo è quello di terminare la competizione a testa alta”.
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