Come si diceva nel precedente, la nuova era a Brooklyn inizia per davvero l’11 gennaio, con la sostituzione dell’irritante Hollins con il suo assistente Tony Brown. Una liberazione per squadra e tifosi! Tutti, naturalmente, hanno ben presente che si tratta di un incarico ad interim, di un traghettatore che ha il compito di liberare le energie ed i talenti inespressi di questa squadra, sviluppare i giovani prospetti, rivitalizzare gioco ed ambiente e, possibilmente, mettere insieme anche qualche vittoria. Così come tutti sono consapevoli che il rebuilding vero e proprio avrà inizio solo con l’arrivo del nuovo GM, in sostituzione del declassato Billy King, per dettare le nuove strategie societarie. Per medesima ammissione proprio di Tony Brown, inoltre, la proprietà chiede di mettere in campo un gioco più divertente, per sopperire all’ormai certa mancanza di stimoli legati ai risultati. E meticolosamente, dopo un mese di gennaio di mero assestamento (record 2-9) ma anche condito dalla prima vittoria nel “derby” con i Knicks, Tony fa il suo: 5-7 a febbraio, 4-8 a marzo, con un calendario difficile, ben presto senza più Joe Johnson (volato a Miami dopo buyout), sempre senza Jack e, per la maggior parte delle partite, Hollis-Jefferson. Le ultime dieci gare stagionali, con l’obbligo di tenere fuori precauzionalmente Lopez e Young, non fanno testo: sono sconfitte preannunciate buone solo per le statistiche. Nulla per cui strapparsi i capelli, per carità, ma, al netto di gennaio ed aprile, insomma, un record significativamente migliore ottenuto con una squadra depotenziata, demotivata e con un gioco decisamente migliorato!
Nel dettaglio:
1) riporta il gioco di Lopez più vicino al ferro sui due lati del campo implementando le percentuali in area e costringendo le difese ai raddoppi, aprendo spazi sul perimetro;
2) spedisce Young più spesso lontano dal canestro, velocizzando la manovra, migliorando la circolazione e sfruttando il suo atletismo per attaccare il ferro in uno contro uno;
3) sostituisce un Larkin decisamente inconsistente nel contesto del sistema-Hollins (troppo statico per uno che fa della velocità la sua arma migliore!) con un dignitoso Sloan, salvo poi riportare Larkin nello starting five e fare del suo pick and roll con Lopez l’asse portante dei giochi offensivi;
4) rimette in pista Markel Brown, agendo dal fondo, a rimorchio sugli scarichi e producendo tanto in difesa: risulterà uno dei migliori nella seconda metà di stagione, pur partendo per lo più dalla panchina;
5) rigenera tutti i tiratori, in particolare Bogdanovic, grazie alla nuova strategia in attacco, sfruttando gli scarichi: da ultima nella Lega, nel mese di marzo la squadra risulterà tra le prime nella classifica per le percentuali dall’arco!
6) chiede ai suoi di accelerare la manovra: si fa fatica ad attaccare le difese schierate? Allora si corre senza palla, la si fa girare, si anticipano le conclusioni. I risultati, talora, sono sorprendenti!
7) regala varietà al gioco ed inventa soluzioni: smallball senza paura! E così, con Larkin, Karasaev, Bogdanovic e Brown intorno al totem Lopez, arriva la splendida vittoria contro i Pacers, ad esempio;
8) impone un drastico cambio di rotta anche nelle strategie difensive: la maggior parte dei suoi soffre maledettamente l’uno contro uno e la marcatura lontano dalla palla e soprattutto sui blocchi? Allora si va ad aggredire le linee di passaggio, si raddoppia, sfruttando la rapidità di mani di Tomas Robinson e Taddeus Young, con Lopez a presidiare il ferro. Il rischio è elevato e calcolato (infatti peggiora drammaticamente il defensive rating) e l’imbarcata è dietro l’angolo, specie contro squadre propende alla corsa (Minnesota, Orlando), ma quando va bene si corre in contropiede e, talora, ci si regala anche rimonte e vittorie esaltanti!
9) inventa Lopez… playmaker aggiunto dal post: suoi gli assist più belli per la guardia di turno a rimorchio, mentre il pick and roll con Larkin concluso con il dai e vai per quest’ultimo è l’idea più intrigante e generatrice dell’era Tony Brown!
10) investe sui giovani, e tanto, trovando subito le giuste risposte da Rondae Hollis-Jefferson (che cresce parecchio anche in attacco), ma favorendo anche, sia pur lentamente, l’inserimento di Cris McCullough, autore di un positivo finale si stagione.
Dieci semplici idee da cui nasce un gioco pieno sì di limiti e difetti (inguardabile la difesa dell’area senza Lopez e/o Young, per dirne una!), ma capace di rivitalizzare ambiente e giocatori: il più fulgido esempio è Robinson, che si esalta nell’anticipo, nella corsa ed a rimbalzo offensivo, mettendo insieme, nell’ultimo scorcio di torneo, cifre e prestazioni maiuscole ed inanellando doppie doppie.
Tony Brown riesce, insomma, nell’impresa di riportare, almeno in parte, l’attenzione sul campo, benchè tutto l’interesse di tifosi ed addetti ai lavori sià già, ovviamente, concentrato sul rebuilding! Che, un passo per volta (finalmente cum granu salis!), puntualmente prende forma: proprio nei giorni dell’ASG i Nets annunciano il nome del nuovo GM: Sean Marks! E finalmente, fin dalle prime dichiarazioni, si respira aria di rivoluzione: pazienza, olio di gomito ed una nuova cultura sportiva! Cosa vuol dire, in termini pratici? In una parola: strategia. Nessuno più vende fumo, nessuno nasconde le difficoltà, nessuno si illude di tornare tra le contender tra un anno (cit. Prochorov…), ma ci si rimbocca le maniche a partire dalle risorse che ci sono. Che, a conti fatti, non sono da buttare: intanto, due lasciti più che positivi della passata gestione, quali l’avveniristico ed appena inaugurato centro allenamenti proprio nel cuore di Brooklyn, poi la nuova affiliata nella lega di sviluppo, i Long Island Nets. Lavoro e pazienza, appunto. In vista del draft abbiamo in mano la miseria di una 55esima? Niente paura, abbiamo un piano: scalare posizioni ed acquisire altre scelte, investendo risorse umane (trade) e/o finanziarie (3,5M$ by trade exception). Acquisire giocatori undrafted e sfruttare il draft della D-League, per individuare possibili steal proiettabili al piano di sopra. Sondare l’intero scenario della D-League alla ricerca di talenti sottovalutati (di cui Hassan Whiteside è solo l’ultimo esempio illustre…). Aggredire un mercato europeo che appare sempre più vicino. Se i primi due punti fanno ancora parte del novero dei buoni propositi, sugli altri Marks inizia a lavorare da subito, mettendo in chiaro la sua idea di programmazione e le sue doti.
In campo, si accaparra, con il sapiente uso dei contratti decadali, prima il capocannoniere della lega di sviluppo Sean Kilpatrik e, a stretto giro, il centro Henry Sims. Se il secondo si sbatte, sgomita e corre, ma difende niente (verrà firmato fino a fine stagione, molto probabilmente non confermato), il primo è la rivelazione della seconda metà di stagione: tiratore ma non solo, esplode da subito, finisce sempre in doppia cifra e strappa un biennale, il primo contratto pluriennale dell’era Marks! Ciò che più conta è il segnale che emerge dal versante tecnico: la lega di sviluppo è un terreno da esplorare, rassodare e sfruttare, e Marks dimostra a tutti di saperci fare!
Fuori dal campo, poche ed oculate scelte, funzionali alla strategia: assistant GM viene nominato Tryan Langdon, volto noto agli appassionati italiani ed europei, già stella del CSKA Mosca targato Prochorov, talent scout (appunto) prima per gli onnipresenti Spurs, poi anche per i Cavs. Andrew Baker, (manco a dirlo dagli Spurs) viene nominato addetto alla coordinazione e pianificazione delle strategie (!).
Il tutto, naturalmente, a contorno di un (si spera) ritorno da protagonisti sul mercato della free agency, che quest’estate si prevede molto ricco sia di campioni che di grana, grazie ai nuovi contratti televisivi! I Nets avranno a disposizione un budget potenziale trai più alti o quasi della Lega, ma la concorrenza, specie da parte delle contender, sarà spietata. Occorrerà, dunque, muoversi con prudenza, facendo sempre il passo della stessa lunghezza della gamba, compiendo scelte oculate e ragionevoli, e, soprattutto, funzionali ad un serio progetto tecnico che non può, tuttavia, prescindere dal tassello più importante: la scelta dell’head coach per la prossima stagione e, ci si augura, quelle a venire. Un coach che ci si aspetta essere lavoratore, programmatore, votato allo sviluppo dei prospetti, paziente e compartecipe delle scelte. L’anima Spurs del new deal di Brooklyn ed il profilo dell’allenatore così tratteggiato, paiono il preludio al grande salto di Ettore Messina, di gran lunga il nome più gettonato fin da subito… ed invece Marks stupisce ancora, nella tempistica e nel merito, annunciando immediatamente dopo il finale di stagione l’assistant coach di Atlanta Kenny Atkinson! Un nome di seconda linea, di basso profilo ma di alta serietà e qualità, stimatissimo nell’ambiente e con una storia di allenatore di giovani guardie alle spalle: l’ideale per la nuova stagione a Brooklyn, ove il ruolo di guardia sarà, necessariamente, il più gettonato sul mercato!
Coach Ken pare l’incarnazione del nuovo corso dei Nets: forse questo non sarà garanzia di successo, ma la pianificazione attenta lo è, e nell’era Sean Marks tutti sembrano remare nella stessa direzione, così come tutte le scelte paiono dettate da una ben precisa strategia. Chi ben comincia…
Scritto da Marco Calvarese
Editato da Francesco Bertoni