College Basketball baby!
March Madness!
This is why we love basketball!
Fate voi. Scegliete voi il motto da gridare. Tutti andranno bene e nessuno renderà comunque giustizia alla Bellezza che è stata la Finale del Torneo Ncaa 2016. Negli USA dicono instant classic, ossia quelle partite che in un secondo entrano nella storia del Gioco. Quel secondo è l’ultimo della partita, quello in cui Kris Jenkins, ricevuto il pallone da Ryan Arcidiacono, si alza e spara sulla sirena la tripla che riporta il titolo a Philadelphia, a casa di Villanova, dopo 31 anni. L’attimo che suggella una squadra meravigliosa come i Wildcats, perfetto ingranaggio che col suo basket metodico e una difesa asfissiante ha tolto i riferimenti a una North Carolina probabilmente più talentuosa, portando a compimento una stagione da sogno.

Il tiro di Jenkins da un’altra angolazione
Ma ridurre tutto a quello all’ultimo tiro equivarrebbe a compiere un’ingiustizia a una partita stupenda per tutti i suoi interi 40’. E che avrebbe avuto il suo momento da instant classic già 4” prima del tiro di Jenkins. Grazie a Marcus Paige, che con i suoi sotto di tre è andato a inventarsi una tripla con una sospensione controtempo ad evitare la stoppata del difensore folle, ma che ha incontrato solo la retina lungo la sua corsa. Un canestro che sembrava la pietra tombale sul sogno di ‘Nova, che si andava ad infrangere sul più bello, dopo che il più appariva ormai fatto col +10 accumulato a una manciata di minuti dal termine, e nel modo più crudele, con la palla persa più pesante giunta dalle mani del proprio leader e simbolo Ryan Arcidiacono. Ma la storia doveva compiersi, e gli Dei del basket hanno deciso di metterci un’ultima mano, proprio in extremis.
Prima di tutto questo c’era stata una partita semplicemente fantastica, fatto non sempre scontato per una finale su partita secca. Carolina arrivava forte di un Torneo dove aveva spazzato via più o meno tutti, imponendo la sua stazza e il suo talento, mentre Villanova, per contrastare gli avversari, si era affidata ad una tattica più razionale. Basket meticoloso e paziente in attacco, costante, anche nei momento più difficili. Come un pugile che gira attorno al suo avversario e lo sonda con il jab. Jab, jab, jab, in attesa del momento in cui la guardia si abbassa. I Tar Heels il cazzotto da KO lo hanno provato, sul finire del primo tempo, guadagnando sette punti di vantaggio e dando l’impressione di potersi prendere la partita. Con Paige e Brice Johnson non troppo ispirati, era Joel Berry a issarsi sul proscenio, chiudendo un primo tempo da 15 punti e 5/5 dal campo (20 alla fine).
Già Joel Berry, il protagonista che non ti aspetti. Nella partita perfetta che si rispetti c’è sempre, e la Finale non ha fatto eccezione. Da ambo le parti. Si perché se Berry ha tirato fuori la partita della vita per UNC, per Villanova il protagonista è stato ancora più inatteso e ha risposto al nome di Phil Booth. Uscito dalla panchina l’esterno di Jay Wright ha pareggiato il bottino del proprio dirimpettaio, segnando almeno un paio di canestri decisivi nel finale. I due insoliti protagonisti, infatti, non si sono limitati a ventelleggiare, ma hanno pure segnato nei momenti cruciali. Booth ha messo i canestri che hanno lanciato il parziale dei Wildcats nel secondo tempo e quelli che hanno tamponato il rientro dei Tar Heels nel finale (senza i quali magari il titolo adesso sarebbe a Chapel Hill). Rientro che era nato da cinque punti consecutivi proprio di Berry.

La tripla folle con cui Marcus Paige sembrava poter mandare la gara al supplementare
Poi sono arrivati i protagonisti attesi da tutti. Ryan Arcidiacono (MVP delle Final Four) ha colto il momento in cui UNC ha abbassato la guardia. Dopo oltre un tempo di jab ben assestati, con North Carolina avanti 41-34 a inizio seconda frazione, è giunto il momento di piazzare il colpo ai reni di quelli che spezzano il fiato e lasciano il combattente sulle ginocchia e senza fiato. Triple, canestri in penetrazione, assists per i compagni: benzina sul fuoco di un parziale di 17-5 che ha ribaltato la gara, issando i Wildcats al comando della partita, fino al +10 citato in precedenza e toccato in più di un’occasione.
Ma lì sono arrivati i protagonisti attesi anche per l’altra sponda. Leggasi Brice Johnson e Marcus Paige. Fuori dai cinque punti di Joel Berry, è stato tutto loro lo strappo di pura energia e volontà che ha riportato Carolina dentro la partita. Una tripla dall’angolo di Paige, un canestro in svitamento di Johnson, un altro canestro di Paige strappando un rimbalzo offensivo su proprio errore al tiro che ha portato ai tiri liberi di Villanova per il 74-71 a 13” dalla fine. In seguito al quale è arrivato il miracolo da tre punti. Che è stato, però, solo illusione.
Si perché l’ultimo dei protagonisti a presentarsi, come visto, è stato Kris Jenkins: proprio lui che arrivava con LA storia di queste Final Four alle spalle, con un’adolescenza passata senza genitori e finendo per essere legalmente adottato dalla famiglia di Nate Britt, guardia di riserva proprio di UNC, di cui è, a tutti gli effetti, fratellastro e che forse, tra tutti i Tar Heels, è quello che ha sofferto un po’ meno a vedere entrare quell’ultimo pallone. Il suo canestro è stato il coronamento di tutto, in maniera quasi poetica.
Gli ultimi 90 secondi di partita: se non li avete visti FATELO IMMEDIATAMENTE! Ma anche in caso contrario un’altra occhiata siamo sicuri che non vi farà male.
Ed è stata la celebrazione del lavoro di un Jay Wright rimasto totalmente impassibile nel momento in cui il tiro del suo numero 2 è entrato, mentre tutto attorno a lui era il delirio. Un coach che ha dovuto mandare giù bocconi amari negli ultimi anni, in cui i suoi Wildcats avevano preso la nomea di squadra che puntualmente si scioglieva al primo week end di Torneo. E che, invece, quest’anno ha creato una macchina da guerra cestistica perfetta. Sfruttando tutti i pregi del suo roster (leggasi la versatilità dei suoi interpreti) e nascondendone abilmente le debolezze (taglia fisica). Trovando lungo la strada un Arcidiacono fantastico, e protagonisti diversi partita per partita. Da Jenkins contro Kansas alle Elite Eight (l’altro capolavoro di questo Torneo) a Josh Hart nella mattanza in semifinale su Oklahoma. Il tutto appoggiato sulla sapienza di Daniel Ochefu nel pitturato e puntellato da una difesa che, contro North Carolina, ha orientato il match nel momento decisivo.
Resta tutto questo negli occhi. Restano i coriandoli. Restano le lacrime di Brice Johsnon inconsolabile a fine partita. Resta una stagione pazza e indecifrabile suggellata da una delle Finali più belle di sempre (mai il titolo era stato vinto con un buzzer beater). E poco importa se in campo c’era forse un solo giocatore che il prossimo anno vestirà la maglia di una squadra NBA (Brice Johnson, per inciso), Villanova-North Carolina è stato un inno al basket. La piena espressione di quanto incredibile e mozzafiato possa essere questo sport. Di fronte al quale noi possiamo solo ringraziare per aver testimoniato la storia.
Nicolò Fiumi