Il traguardo si avvicina sempre più. Abbiamo le quattro finaliste che si affronteranno questo week end a Houston per decretare la squadra campione NCAA 2016. C’è North Carolina, l’unico seed numero uno sopravvissuto fino in fondo. Ci sono Oklahoma e Villanova, seed numero due che hanno confermato la propria forza andando ad eliminare le numero uno dei rispettivi tabelloni in Elite Eight. E poi c’è Syracuse. La squadra più inattesa. Quella che non ci doveva essere. La Cenerentola che l’America, e molto probabilmente la NCAA, non voleva. Andiamo allora a vedere come le magnifiche quattro sono arrivate all’ultimo atto della stagione, rivivendo assieme il week end di Sweet Sixteen e Elite Eight.
SOUTH REGION
Finalmente Villanova! I Wildcats si tolgono di dosso l’etichetta di eterni incompiuti e raggiungono la Final Four al termine di un percorso praticamente perfetto. Jay Wright (responsabile di tre dei sette viaggi complessivi dell’università alle Elite Eight) e i suoi ragazzi si sono confermati come una vera e propria forza, triturando Miami nelle Sweet Sixteen (92-69 con 21 di Jenkins e Arcidiacono) in una gara equilibrata in parte solo nel primo tempo, poi spaccata in due da dei Wildcats capaci di tirare 10/15 da dietro l’arco, con un complessivo 63% al tiro. Inutili i 26 di McClellan per gli Hurricanes, che si sono dovuti arrendere al cospetto di una squadra troppo più lunga e completa. Lavoro completato poi contro Kansas. I Jayhawks erano arrivati alle Elite Eight per la prima volta dal 2012 con tutti i favori del pronostico. Rafforzati dalla convincente vittoria al turno precedente contro Maryland (79-63 27+5 rimbalzi Ellis, 19+7+6 Selden; 18 Sulaimon, 17 Trimble), travolta nel secondo tempo, iniziato con un 6/6 dal campo che ha spaccato in due l’incontro. 14/25 dal campo nella seconda frazione per gli uomini di Bill Self, contro il solo 8/23 dei Terps, surclassati anche a rimbalzo: 43-28, con un parziale di 22-8 nei secondi venti minuti. La partita contro Villanova non ha deluso le aspettative. Non spettacolare, ma dura, combattuta, ben giocata. Villanova ha mostrato di aver veramente cambiato pelle rispetto agli anni passati, comandando praticamente sempre la partita, condotta in porto nel finale concitato grazie alla freddezza di Ryan Arcidiacono e Kris Jenkins, leader della squadra che non hanno davvero sbagliato nulla e vogliono ora portare i Wildcats laddove mancano da 31 anni, ossia dallo storico titolo del 1985 firmato Rollie Massimino.
WEST REGION
E’ stata una stagione nel segno di Buddy Hield e non poteva che arrivare fino in fondo con la sua firma in calce. Il bomber delle Bahamas ha posto fine alla stagione degli Oregon Ducks con un partita della sue: 37 punti, 13/20 al tiro incluso un 8/13 da tre punti che, in pratica, ha messo la parola fine alla partita già nel primo tempo in cui i Sooners sono andati avanti fino al +19, per poi gestire senza particolari patemi la seconda metà di partita in cui Oregon è parsa troppo scossa dalla scarica di Hield per poter rimettere in discussione il passaggio del turno. Si tratta della prima Final Four dal 2002 per Oklahoma, che arriva sulle ali dell’entusiasmo e spera di poter portare a Houston la carica mostrata nell’ultimo week end in cui gli uomini di Lon Krueger hanno letteralmente volato. Anche al turno precedente, infatti, OU aveva vinto in scioltezza, liberandosi di Texas A&M grazie a un parziale di 19-4 in chiusura di primo tempo che li aveva portati, anche qui, fino al +19, prospettando un secondo tempo confermatosi di grande tranquillità. E non c’è stato bisogno neanche del miglior Hield, che ha potuto fermarsi a 17 punti, lasciando il grosso dell’attacco a un Jordan Woodard da 22 punti e 5/6 da tre punti. I Ducks, dal canto loro, avevano mandato a casa a i Duke Blue Devils (82-68 22+5+6 Brooks, 16+9 Cook; 24+5 Ingram, 15 Allen) che, alla fine, hanno pagato la carenza di rotazioni, scontrandosi contro una squadra con più energia e sospinta da Dillon Brooks, leader di una squadra capace di tirare col 43% da tre punti. Costa Ovest nuovamente fatale per Duke, che in cinque apparizioni sul Pacifico al Torneo ha sempre perso. Per Oregon però, poi, la speranza di raggiungere le Final Four per la prima volta dal lontano 1939 si è infranta contro le magie di Buddy Hield. Resta comunque l’eccellente stagione per Dana Altman e i suoi ragazzi, che hanno messo a segno il record di vittorie per una singola stagione del proprio ateneo (storicamente più votato al football) con 31.
EAST REGION
North Carolina non ha tradito. Era la numero uno del proprio tabellone, la numero due assoluta del tabellone NCAA e ha fatto il proprio dovere, marciando praticamente indisturbata fino alla Final Four, alla quale arriva, però, con la pesante spada di Damocle di una lunga indagine da parte della NCAA che ha svelato come per anni gli atleti siano stati favoriti, permettendogli di continuare a giocare pur non seguendo le lezioni, come previsto dal regolamento. La cosa era nell’aria da tempo, ma è diventata ufficiale sono in questi giorni e, quasi certamente, porterà pesanti conseguenze per l’ateneo dal prossimo anno. Ciò nonostante, i ragazzi di Roy Williams hanno travolto in sequenza Indiana (101-86 21+6 ass Paige, 20+10 Johnson; 25 Ferrell, 21 Williams), con un Marcus Paige che ha improvvisamente ritrovato la mano al tiro pesante, infilando sei triple (record al torneo NCAA per UNC pareggiato) e lanciando un primo tempo pazzesco dei Tar Heels che ha deciso la partita: 18/29 al tiro di cui 7/8 da tre e 9/10 ai liberi. 100° partita al Torneo per Indiana così con poco da ricordare, ma che comunque non toglie quanto di sorprendente fatto da un gruppo giovanissimo e che era arrivato ai nastri di partenza della stagione senza grandi aspettative e attese attorno a sé e invece ha saputo togliersi enormi soddisfazioni. Alla Elite Eight, poi, è stato il turno di Notre Dame, in una sfida interna alla ACC, dove i Fightin’ Irish, arrivati con la speranza di poter ripetere il successo ottenuto nella regular season della propria conference, hanno dato battaglia per 25’ abbondanti, quando ancora erano in vantaggio 52-51. Lì è arrivato un 12-0 di parziale per UNC che spostato l’inerzia in un attimo e in maniera definitiva. Ancora decisivo Brice Johnson con una prestazione totale (25+12 con 10/15 al tiro, finale 88-74), in una squadra capace di tirare col 62% dal campo, ovviando così al 55% concesso a Notre Dame e al grande losing effort di Demetrius Jackson: 26 punti con 10/16 dal campo. I Fightin’ Irisih chiudono così una stagione comunque positiva, con l’accesso alle migliori otto arrivato grazie al successo rocambolesco in Sweet Sixteen contro Wisconsin: con i Badgers avanti di tre, grazie a una tripla di Vito Brown a 28” dalla fine, è stato ancora Jackson a salvare i suoi, segnando in penetrazione e poi rubando palla a Hayes per il canestro del sorpasso. Sul possesso successivo era Koenig a sbagliare il tiro del controsorpasso, consegnando, di fatto, il successo a Mike Brey e la sua truppa.
MIDWEST REGION
E come ogni buon Torneo che si rispetti, alla fine è arrivata la grande sorpresa: Syracuse. Una sorpresa che sta creando parecchio imbarazzo in America. Gli Orange, infatti, avevano ricevuto pesanti sanzioni a marzo dello scorso anno, con la scelta dell’ateneo di auto sospendersi dalla post season della passata stagione e 9 partite di squalifica per Jim Boeheim scontate quest’anno, per via di svariate infrazioni, tra cui la gestione dei test anti droga e l’accertamento di pagamenti effettuati in favore di alcuni giocatori. In aggiunta a questo va ricordato come la loro inclusione nel tabellone, per via di un percorso tutt’altro che impeccabile, era stata forse la più discussa dell’anno nel corso della Selection Sunday. E, come se non bastasse, a Houston giocheranno contro un’altra università, North Carolina, appena riconosciuta colpevole di diverse violazioni al regolamento NCAA. Va da sé che la storia di Gbinije e compagni sia quanto meno singolare. E per arrivare a Houston ha preso una strada tutt’altro che semplice, ma che ha seguito, sia alle Sweet Sixteen, che alla Elite Eight la stessa strada. Nella prima gara, contro Gonzaga (63-60 20+4+3 Gbinije, 15 Cooney; 23 Wiltjer 19+17+5blk Sabonis) gli Orange sono stati quasi sempre sotto, partendo 8-18, poi recuperando e tornando sotto nuovamente, fino al -9 (47-56) a 6:28 dalla fine, quando Boeheim ha deciso di passare alla pressione a tutto campo in difesa. Tilt totale di Gonzaga, costretta a 17 palle perse complessive, che hanno compensato il solo 36% dal campo di Syracuse. Il canestro di Gbinije a 22” dalla fine per il sorpasso e la stoppata di Lydon (6 in tutto) su Perkins per chiudere la partita, hanno fatto tornare alla mente il collasso del 2006 della squadra di Adam Morrison, uscita alle Sweet Sixteen contro UCLA subendo un upset ugualmente doloroso perché arrivato con modalità simili. E di cui, proprio nel giorno della gara contro ‘Cuse, correva il decimo anniversario. Dopo Gonzaga, poi, è stato il turno di Virgnia. E il modus operandi di Syracuse è stato lo stesso. Virginia sempre avanti, in controllo. 32-19 a fine primo tempo, ancora vantaggio in doppia cifra (+13, 54-41) a 9’ dalla fine. E poi press a tutto campo degli arancioni. E Virginia che si suicida. Per far capire quanto successo in quei minuti (parziale di 25-4 per Syracuse) in media durante la stagione, il possesso offensivo medio di Virginia, squadra dal gioco estremamente controllato, era durato 20.1 secondi, 348esima su 351 squadre. Durante quei nove minuti di inferno 10.3 secondi. Il possesso difensivo medio, che in stagione era di 18.7 secondi, 12.5 secondi. Segno di una squadra che, a un passo dal traguardo, ha perso ogni riferimento, finendo per fare il gioco degli avversari e subendo un Malachi Richardson scatenato (23 e 7 rimbalzi), autore di tutte le giocate che hanno ribaltato la partita. I Cavaliers, così, dopo aver battuto brillantemente Iowa State al turno precedente (menzione d’onore per un Georges Niang autore di un torneo spettacolare), hanno mandato all’aria una stagione che sembrava davvero poter essere quella buona. Tony Bennett in conferenza stampa ha mostrato fermezza e tranquillità, ma non c’è dubbio che la gara contro Syracuse infesterà gli incubi di giocatori, staff e tifosi per parecchio tempo.
Nicolò Fiumi