Non è solo un Presidente di una storica squadra di basket della provincia romana come la Pallacanestro Palestrina. Quando la si osserva parlare della sua esperienza già attiva da ben 4 anni, Fabiola Cilia ha veramente gli occhi che s’illuminano, non è retorica. Ma non è solo questo che colpisce di Lei perché raramente è capitato a chi vi scrive di ascoltare parole così intense, decise e concrete da parte di una persona così giovane. Valori sui quali costruire un “credo” di una comunità intera.
I valori in cui credere e per i quali battersi, questi sconosciuti. Molto complicato parlare di valori quando si stan vivendo anni così difficili nel nostro Paese, dilaniato da una crisi economica ma soprattutto sociale di vastità molto ben più ampia di quanto i media, soporiferi e narcotizzanti, vogliono raccontarci quotidianamente. Del resto i problemi societari che attanagliano squadre anche risorte da poco come Siena in A2 od anche avversarie di Palestrina in questa serie B girone C come Napoli e Palermo sono spie che Fabiola Cilia dimostra di capire ed interpretare nel reale senso del termine.
Palestrina perciò non solo e mai come una mera squadra di basket, Palestrina invece come nucleo rappresentativo di una comunità, come un vessillo da far sventolare ma sempre, sempre, sempre tenendo ben presente limiti oggettivi imposti dallo stato delle cose ma senza inesplorare le potenzialità che offre il territorio a cavallo della provincia romana del sud-est. Una squadra di pallacanestro come appunto la Citysightseeing che simboleggia una filosofia di vivere il basket aggregando, provando a far crescere le nuove generazioni nel nome della sana competizione sportiva, né più né meno, e nei valori della trasmissione del lavoro, che ripaga quando viene svolto al meglio delle proprie capacità.
D . – Come diventa Fabiola Cilia il Presidente della Pallacanestro Palestrina, di uno dei più antichi e storici sodalizi cestistici della provincia romana?
R . – Ovviamente la mia storia è strettamente connessa a quella di mio padre, Lui è sempre stato appassionato anche come giocatore, mi ricordo di lui in campo quando ero piccola anche se son ricordi un po’ confusi. Finita la fase agonistica si è allontanato un po’ dal campo e dalle vicende della squadra, ma senza mai chiudere definitivamente il rapporto con società e tifosi. E’ stato poi nell’estate del 2001, se non ricordo male, che è stato sollecitato dai dirigenti di quel periodo, la squadra si era salvata dalla retrocessione dopo uno spareggio e lo chiamavano per sapere, capire se fosse stato disponibile a dare una mano con il suo apporto umano e professionale a reggere le fila della squadra. Da quell’anno mio padre Giuseppe si dedicò con grande impeto alla squadra, arrivarono due innesti di valore, un argentino ed un uruguagio che per Palestrina era come se arrivassero due grandi giocatori americani!! Quell’anno vincemmo il campionato contro il Pescara, grande soddisfazione e negli altri che seguirono l’andamento è stato sempre positivo in linea di massima. Sino alla promozione in B, preceduta dalla fallita vittoria in finale contro Atri l’anno prima. L’anno seguente appunto promozione contro Cagliari, una gioia immensa perché una W sul campo ha sempre un sapore speciale. A quella promozione seguirono però negli anni successivi 2 retrocessioni una delle quali nell’anno in cui il palazzo decise di far retrocedere 8 squadre al fine di uniformare i campionati…Un po’ le cose che non ammiro molto del nostro sistema…
D. – …Ed ora siete da anni in serie B, consolidati ormai su livelli medio-alti di classifica ogni stagione..
R. – ..Certo, io entro in scena quando 4 anni fa, mio padre e l’allora dirigenza decisero di dare un nuovo volto alla Società. Era il 2012, desideravano anzi volevano dare un segnale: c’era una squadra di giovani che era al 100% composta da ragazzi prenestini, un gruppo che aveva vinto la C2 passando quindi alla C1 e c’era la prima squadra che invece era retrocessa proprio in C1 perciò ci ritrovavamo con due squadre nella stessa categoria, da qui l’idea di ripartire solo dalle nostre forze, da qui l’idea di dimostrare che potevamo farcela da soli senza attingere altrove, venne confermata tutta la squadra che aveva disputato il campionato di C2 aggiungendo l’aiuto di altri ragazzi prenestini. Quel gruppo di giocatori era un gruppo di miei coetanei e l’idea era quella di ricreare un ambiente molto legato al territorio ed alle radici di Palestrina con una nuova linfa vitale. Scommessa vinta e promozione raggiunta.
D. – Giovane sì ma competente, la giovinezza non è un valore di per se, deve esserci anche la competenza.
R. – Ti ringrazio, il nostro è un lavoro di squadra e i risultati parlano al nostro posto. Tre anni fa siamo ritornati in serie B e abbiamo sempre ottenuto ottimi risultati, tutto quello che sono io lo devo al mio staff, al mio team e a tutte quelle persone che in maniera più o meno fattiva si dedicano a questa realtà. Eppoi mi spinge una forte passione legata anche alle miei vicende famigliari, condividere questa passione con mio padre, mia sorella è un modo per sentirli ancora più vicini, credo che sia molto bello vederlo anche sotto questo punto di vista, il passaggio di consegne è stato quindi molto naturale e significativo.
D. – Da quando sei al timone della Pallacanestro Palestrina,hai avuto onori ma anche oneri. Cosa ha “pesato” di più?
R . – Specialmente da questo anno sono di più gli oneri devo dire. E’ difficile di base portare avanti una società sportiva giorno dopo giorno, problemi che si pongono quotidianamente che devi gestire e risolvere, soprattutto quando poi la nostra missione è quella anche d’insistere sul settore giovanile, molto grande ed importante. Il nostro vivaio non è una super-eccellenza, ci stiamo lavorando molto affinchè lo possa diventare e questo richiede un lavoro quotidiano.
D . – Quindi anche Voi a Palestrina volete associare la squadra alla città, identificarvi con il territorio ma ne siete più convinti o costretti?
R. – Palestrina è una cittadina di 23.000 abitanti nella quale più o meno tutti vivono in modo piu o meno diretto questa passione per la pallacanestro. Ci sono i ragazzi che giocano, ci sono i loro parenti o semplicemente ci sono appassionati e sostenitori, un’intera città che, in maniera più o meno sentita, respira e vive di basket e di questo ne siamo orgogliosi. Questo attaccamento lo vedi, lo puoi toccare con mano quando c’è una grande partita, una come quella che abbiamo disputato al PalaIaia pochi giorni fa contro la nostra antagonista storica, nonché oggi capolista in campionato, Eurobasket Roma. Un palazzo pieno, composto e chiassoso di 1.200 persone, è un segnale forte e positivo, è qualcosa che mi riempie di gioia perché è quasi come se tutto il nostro pubblico ci volesse spingere verso la vittoria. Ma oltre questo, ci sono i bambini e i ragazzi che vogliono giocare, ci sono i numeri, siamo tanti, sempre di più e per dare un’idea, basti pensare, che operiamo su tre palestre diverse perché è impossibile concentrare tutto il nostro settore giovanile al PalaIaia. Abbiamo alcune categorie che ad esempio disputano doppi campionati e cerchiamo non solo di portare in città un’educazione sportiva e l’insegnamento di uno Sport ma anche di operare per il sociale, venire incontro anche economicamente alle famiglie con un costo davvero molto basso per i corsi che si protraggono da settembre a giugno. Alcuni ragazzi vengono anche da fuori Palestrina e questo ovviamente ci riempie di orgoglio. La cosa più bella di quest’atmosfera è vedere che nel tempo alcuni dei nostri ragazzi, quelli che hanno avuto modo in passato di allontanarsi per misurarsi con altre realtà, tornare a casa e rivelarci che come si vive la pallacanestro da Noi non la si vive altrove! Riusciamo a far sentire tutti i giocatori come parte integrante della famiglia Pallacanestro Palestrina. Questo ci riempie d’orgoglio e di soddisfazione, è la nostra massima gratificazione far sentire tutti come se si fosse insieme dentro una grande casa. Siamo fuori da certe logiche ma non siamo estranei ad una omologazione familiare e lo facciamo perché è la passione che ci spinge a farlo.

Il Presidente della Citysightseeing Palestrina Fabiola Cilia con la simpatica mascotte del suo team
D. – Ma siete così perché vi accontentate di questo ruolo oppure perché è una vostra libera scelta quella di fare basket in questo modo?
R. – Non c’è un bianco ed un nero in questo nostro modo d’agire. Facciamo pallacanestro seguendo questo copione, diciamo così, perché ci viene spontaneo e perché ci piace farla così. E’ stato così anche quando da noi sono arrivati grandi nomi, un Morri, un Angeli, un Vitale. E’ la nostra filosofia di come vivere la pallacanestro, sappiamo che quella è la nostra dimensione ma non siamo refrattari al cambiamento. Ad esempio con il settore giovanile mi auspico a breve di essere una Realtà punto di riferimento nel territorio, ovviamente non posso pensare di fare la concorrenza a Roma, impensabile anche solo come bacino potenziale d’utenza, vogliamo però diventare un’eccellenza nel nostro comprensorio geografico, quello sì, quello lo vogliamo.
D. – Ti faccio la stessa domanda che ho fatto ai tuoi illustri predecessori incontrati nelle scorse settimane. Come si spiega questa difficoltà nell’allenare, da un po’ di tempo a questa parte, i nostri giovani che fanno poi sempre più fatica a ritagliarsi concretamente uno spazio certo nel basket di vertice?
R. – Credo, temo che la nostra concezione di fare pallacanestro in Italia sia ancora ferma a qualche anno fa. Mi riferisco ai tecnicismi, un basket ancora dello scorso secolo insomma, che poi è quello che ci differenzia nel bene e nel male in opposizione agli altri paesi. In non credo che ci sia carenza di qualità dei nostri giovani, credo piuttosto che ci sia difficoltà di potersi esprimere al pari degli altri, causato anche dalla mancanza di una effettiva programmazione da parte di Noi società che investiamo nei settori giovanili. Molta, troppa confusione purtroppo non ci aiuta a mettere definitivamente i tasselli a loro posto. Ogni anno ci sono cambiamenti regolamentari nei campionati giovanili…
D. – ..Ma questo potrebbe dipendere da una carenza di qualità media negli istruttori?
R. – La qualità è quella che ci viene imposta in certi momenti. Io mi rendo conto che in certe società ci si trova a metà stagione senza soldi, come si può proseguire dopo? All’inizio della stagione c’è la voglia di fare e l’entusiasmo, poi arrivano i vari adempimenti economici da dover rispettare con la Lega e la Federazione ed ecco che l’entusiasmo deve far fronte alla fredda logica della cassa vuota. E gli istruttori che sono ovviamente parte di queste società, come possono lavorare senza serenità, senza un obiettivo di medio-lungo termine? Ci possono essere anche imprevisti che non avevi, lo dice la parola stessa, considerato….Ed allora devi tirare la cinghia…Queste persone si trovano a lavorare in condizioni difficili ma credo siano in media tutti all’altezza del compito assegnatogli o almeno parto dal presupposto che i miei lo siano. Infine, alcuni regolamenti, imposti in assoluta buona fede da parte degli organi competenti, non ci danno una grossa mano generando a volte anche tanta confusione. Dove c’è confusione c’è disarmonia ed impossibilità di programmare in modo sereno…Soprattutto a livello economico, siamo bombardati da richieste alle quali ottemperare ma spesso sono richieste contraddittorie anche se lecite e poste in modo errato. Cito un esempio che spero possa dare la dimensione del problema. Questo anno è accaduto che la mia società abbia pagato circa 5.000€ per fatti e problematiche connesse ad una sola partita di pallacanestro, non sto qui a spiegare i fatti, non è questo il punto ma il fatto che si debba speculare su accadimenti paranormali e credimi che lo sono stati, solo perché si devono riempire le casse dei Palazzi, secondo me è assurdo. Forse non ci si rende conto di quanto siano per una Società sportiva 5.000€, avremmo potuto ad esempio fare una festa a Natale con tutto il team più famiglie ed invece abbiamo dovuto rinunciare. Hai tolto quindi qualcosa per pagare l’assurdo, quando avresti potuto e avresti dovuto utilizzare quelle risorse per fare altro, divertirti o investire sui tuoi giovani e sulla tua realtà. Tutta questa confusione nelle regole, nelle procedure e nei parametri non crea stabilità e possibilità di programmazione ma incertezza e volubilità. Evito poi di parlare con te delle litigate che avvengono con le altre società su questioni a volte anche banali.
D. – Pertanto a tuo avviso come si potrebbe uscire da questa situazione che è realmente un handicap per le società sportive che operano non solo sul territorio di vostra pertinenza bensì proprio in tutta Italia?
R. – Anche se capisco la complessità delle diverse strutture come possono essere Lega e Fip, sarebbe auspicabile un regolamento composto da poche norme ma chiare, fisse, difficilmente interpretabili e definitive. Inoltre regolamentare in modo più puntuale i ricorsi, velocizzandone l’iter. Un tema molto importante. Può succedere, sempre per citare un esempio di vita vissuta, che si discuti un ricorso di squalifica del campo il venerdì prima della gara da giocare la domenica. Come è solo pensabile una cosa del genere? Per non parlare della la certezza della pena…O si squalifica il campo o non si squalifica, non ha molto senso a mio avviso farti pagare una sanzione pecuniaria per risolvere un evento di per se molto serio come la squalifica di un campo, certamente una sanzione dura e presa in modo obiettivo dagli organi competenti ma con alla base dei fatti sgradevoli accaduti. A volte si ha la sensazione che tutto questo avvenga solo per fare un po’ di cassa. Pagare per abbassare la squalifica di un terreno di gioco di una giornata non è edificante a mio avviso e non è giusto, sarebbe come se in un processo penale, nell’incertezza della situazione e delle prove a suo carico condannassero comunque un imputato a fare 2 gg di galera invece che un mese, è assurdo. Per non parlare delle prove ammissibili al ricorso, niente video, neanche nel terzo mondo.
D. – Proviamo ad aprire il cassetto dei sogni Fabiola…Quello che ti piacerebbe lo hai già spiegato ma quanto pensi sia difficile o possibile che la Pallacanestro Palestrina sia da primo volano sul territorio limitrofo a Roma Est-Sud/Est perciò abbastanza vasto, nel reclutamento di giovani speranze per il nostro basket a livello nazionale?
R. – Sicuro, non è facile ma abbiamo una risorsa in più da poter mettere a disposizione per la realizzazione di questo mio sogno. Abbiamo cioè una rosa di allenatori-educatori, professionisti, prestati alla pallacanestro, ampia e di livello e fedeli alla bandiera prenestina! Questo è un fattore di grande forza, è il principio della nostra identità che vogliamo trasmettere ai ragazzi e credo sia difficile da trovare in ogni squadra. La nostra identità è anche la nostra storia, non ha gran senso vantarsi di avere 54 anni di storia, ha senso invece portare con sè e trasmettere ai ragazzi questa idea di appartenenza tangibile quando si vede ad esempio come giocano i senior in campo, da come rilasciamo le interviste e gli aspetti che tocchiamo in questi incontri come oggi sto facendo con te. I nostri ragazzi devono essere a conoscenza della fatica, del sudore e dei sacrifici che sono stati compiuti in questi 54 anni dalle persone che mi hanno preceduto e che hanno potuto rendere possibile tutto ciò in un piccolo centro di provincia. La sottoscritta se ne prende il carico oggi e vuole, deve portare a termine il proprio compito facendo “pesare” un debito morale che abbiamo nei confronti di chi ci ha preceduto. Tenacia e grinta che ci contraddistinguevano già 30 anni fa come si legge in alcuni articoli de “Il Messaggero” e che rivelano come Palestrina abbia, da sempre, onorato il campo senza essere indulgente con il Palazzo. Abbiamo quindi anche questa missione da portare avanti per noi, ne sento il peso e anche i ragazzi e della prima squadra e i nostri allenatori lo sentono, non è tanto la storia, è la nostra identità che deve essere rispettata e difesa. Se poi sommi il fatto che molti dei ragazzi che oggi sono in prima squadra stanno studiando per prendere il patentino da allenatore, comprendi bene che il nostro futuro è già pronto, è tangibile. A Viterbo, prima che iniziasse la gara, c’erano alcuni bimbi arrivati con i loro genitori da Palestrina che giocavano in campo, è stato logico ed istintivo dire a me stessa confrontandomi con il DS Mauro Braghese: “Eccolo lì, quello è il nostro futuro!”.
D. – Aldilà di questo che è bello da “vedere”, cosa ti farebbe realmente contenta tra sogno e realtà in questo ambito?
R. – Mi sento già una ragazza fortunata, mi sento tale perché ho la possibilità di fare qualcosa che mi piace tantissimo e che mi assorbe completamente. Inoltre, essendo assessore al Comune di Palestrina, svolgo un ruolo istituzionale nell’interesse della collettività, quindi diciamo una doppia responsabilità per la mia gente. Do sempre il 100% nell’adempiere a questo doppio ruolo ma fare il Presidente della Pallacanestro Palestrina mi da un senso di soddisfazione molto alto. Comunque…Beh, un sogno ce l’avrei nella mia testa, fare un anno di serie A!! Quello sarebbe un sogno, non lo nascondo…(ride, ndr), andrebbe bene anche un anno di A2, sarebbe realmente bello respirare l’aria di alcuni degli impianti più grandi ed importanti d’Italia. Ma nell’immediato il mio desiderio, avvalendomi dell’aiuto e del supporto della gente che mi sta accanto, -colgo l’occasione per ringraziare davvero tutti, dal profondo del cuore,- è di portare avanti il disegno di cui abbiamo parlato prima in armonia, in pulizia provando ad essere…Perché no, anche un modello da imitare magari nel mondo del basket italiano.
D. – Vivi e respiri basket da anni, anche da appassionata. Come vedi questo campionato di serie B? Cosa pensi possa succedere da qui alla fine dell’anno?
R. – Il nostro girone è molto strano. Esiste una separazione netta tra le squadre diciamo “ricche” e quelle “povere” con un distacco che si è ovviamente allargato, diventando quasi netto. All’inizio sostenevo e pensavo che la favorita fosse Napoli, è vero che di recente ho saputo di problemi societari ma lo spessore della squadra e dello staff è indiscutibilmente da A2. Continuo a credere che sia Napoli la squadra da battere, stanno fronteggiando delle problematiche ma questo nulla toglie alla loro storia, al loro blasone. Mi dispiace molto che ora Palermo abbia dei problemi, la sconfitta subita in casa da parte dell’Eurobasket Roma non toglie comunque che l’Aquila Palermo sia una squadra che ammiro, mi han riferito che non han potuto schierare in campo uno dei giocatori più rappresentativi proprio contro di loro, forse il divario così netto dato dal risultato finale andrebbe rivisto alla luce di questo dettaglio. Poi c’è l’Eurobasket Roma che sta facendo benissimo, all’andata non eravamo al meglio contro di loro, più di qualche episodio che non mi va di ribadire, ha condizionato la partita ma è evidente che sia la squadra che è in testa al Torneo con merito alla quale non va proprio detto nulla come organico, alla vigilia del campionato non credevo facesse così bene, hanno poi due, tre nomi che fanno la differenza. Anche Scafati è una squadra da non sottovalutare, nel modo più assoluto, il nostro coach Gianluca Lulli la tiene molto in considerazione e sarà un osso duro per tutti.
D. – E Palestrina? Come finirà il campionato per Palestrina?
R. – Non so veramente cosa pensare, al momento stiamo bene dove stiamo, realisticamente il nostro campionato mi soddisfa. Quando vinciamo lo facciamo bene strappando anche applausi a scena aperta, quando perdiamo lo facciamo con grossi margini di scarto!! Comunque scherzi a parte, era ovvio che quest’anno era difficile ripetere il campionato spaziale direi dello scorso anno, quest’anno siamo comunque contenti e assolutamente soddisfatti di come stiamo andando. L’entusiasmo c’è ma non stiamo facendo pressione alla squadra, l’obiettivo è ovviamente quello di andare in finale ma preferiamo procedere a fari spenti, lasciamo anche un po’ più di pressione agli altri…Una finale sarebbe bello.
D. – Magari anche Montecatini con la chance concreta di andare in A2?
R. – Adesso va bene così, pensiamo gara dopo gara, è meglio. La finale possiamo sognarla però, vedremo.
D. – Un ultima domanda: meglio un anno di A1 o cinque anni di serie B ai massimi livelli?
R. – Dopo un anno di A1 andrebbero bene anche 20 di serie B (ride divertita, ndr)….No, scherzi a parte, sarei fiera e contenta che il nome di Palestrina continuasse ad essere in serie B e ad essere possibilmente un esempio della passione e della dedizione, uno spettacolo di sentimenti ma anche di positività sportiva. Portare sempre i nostri bambini e i nostri ragazzi avanti, sono 4 anni che stiamo attingendo dalle nostre forze Il mio primo anno nove su dieci erano ragazzi di Palestrina; il secondo anno sei su dieci, negli ultimi due anni i ragazzi di Palestrina ci sono sempre stati e questo è quello che desidero, vedere Palestrina in campo sempre con ragazzi nati e cresciuti nel nostro vivaio! Avanti cosi, a testa alta!!!!
Fabrizio Noto/FRED