Decima settimana di partite nel mondo del College basketball e, verrebbe da dire, il caos regna sovrano: cadono la numero 1 Kansas, la numero 3 Maryland e la numero 4 Michigan State (due volte), ne approfitta allora Oklahoma che, sudando parecchio, agguanta la vetta per la prima volta in 26 anni, mentre l’unica imbattuta è la Southern Metodist di Larry Brown che, però, non potrà partecipare alla post season per violazioni del regolamento NCAA. Dalle retrovie risalgono forte Iowa, Clemson e Baylor, mentre è il caso di non perdere di vista Villanova nella Big East e West Virginia nella Big 12.
THUMBS UP
Oklahoma era reduce dalla cocente sconfitta dopo tre tempi supplementari nella super sfida sul parquet di Kansas, e voleva subito rispondere per recuperare il morale perso. Buddy Hield e compagni non hanno tradito le attese, ma hanno dovuto sudare anche più delle fatidiche sette camice. Dopo un’agile vittoria su Kansas State (86-76, 31, 8 rimbalzi e 5 assists per Hield), è arrivata la vittoria nel derby contro Oklahoma State in trasferta, dato non secondario, vista la rilevanza che sta avendo il fattore campo in questa stagione. I Sooners, dopo aver dominato il primo tempo, hanno subito il rientro dei padroni di casa, trascinati da un sontuoso Jawun Evans da 42 punti, con 7 rimbalzi e 6 assists. Gara che, nonostante il +5 Oklahoma a 20” dalla fine, è arrivata all’ultimo tiro, con Jeffrey Carroll che ha visto sputare dal ferro una tripla che avrebbe fatto incendiare la Gallagher-Iba Arena. Sabato, invece, è stato il turno di una nuova super sfida, questa volta contro West Virginia, reduce dalla vittoria contro Kansas. Gara che non ha tradito le attese, punto a punto per 40’ e risolta a 2.8” dal termine da un tap-in del centro Khadeem Latin. Hield, ancora una volta, pur senza accumulare statistiche da urlo, è stato decisivo con 17 punti e 11 tiri complessivi (segno che può essere determinante senza necessariamente forzare), contro dei Mountaneers che, da copione, hanno giocato una grande partita di squadra, con il solo Jaysean Paige in doppia cifra con 18 punti dalla panchina. Visti gli inciampi delle principali rivali in vetta al ranking, Hield e compagni sono andati a prendersi il primo posto assoluto, anche se, proprio in nottata, è arrivata la battuta d’arresto in casa di Iowa State, con l’Iowa che si conferma stato tossico per le numero 1 di questa stagione: dopo UNC battuta da Northern Iowa e Michigan State da Iowa, ora è stato il turno dei Sooners sul campo dei Cyclones, che hanno vendicato la sconfitta nell’opener della Big 12. La squadra di Steve Prohm ha comandato le operazioni quasi sempre, ma con Oklahoma pronta a rispondere con Hield (27 punti) e Cousins (careeh high da 26) e grazie anche a un pazzesco 10/16 da tre punti nella seconda frazione (non a caso i Sooners sono la miglior squadra del College Basketball nel tiro da tre col 46%). Alla fine, però, Monte Morris (20 punti, miglior realizzatore Niang con 22) e Abel Nader hanno messo i canestri utili a chiudere la gara. Una sconfitta, comunque, che ci può stare per Oklahoma, che ha perso due volte si, ma su due dei campi più difficili di tutta la NCAA e che sabato, in trasferta contro Baylor, con una vittoria, potrebbe confermare il proprio primato.
C’è, invece, una sola squadra ancora imbattuta dopo due mesi di stagione. Si tratta dei Mustangs di SMU, allenati da coach Larry Brown. Situazione abbastanza singolare, che crea anche qualche imbarazzo alla NCAA. Southern Metodist, infatti, ha subito la squalifica dalla post season 2016 per frodi accademiche e condotta non etica, con lo stesso Brown che ha dovuto scontare una squalifica di nove gare per, come definito dalla stessa NCAA, una “mancanza di controllo” da parte sua sulle questioni cestistiche e l’università che perderà nove borse di studio nei prossimi tre anni. La squadra gioca, letteralmente, in sette, che sono poi gli unici giocatori in possesso di borsa di studio, ora che Keith Frazier, il giocatore per il cui reclutamento di tre anni fa sono scattate le sanzioni, ha deciso di abbandonare la squadra. L’attacco però è spumeggiante (7° della nazione per punti per possesso), con Nic Moore playmaker di alto livello, la coppia Tolbert-Kennedy sotto canestro a far danni e il freshman Shake Milton (11 punti di media e il 41% da tre punti) che sta sorprendendo. Il problema è il solito, però, per squadre di conference inferiori che imbroccano annate magiche: quanto può essere ritenuto affidabile l’attuale record di 16-0, considerata un strenght of schedule che è solamente la 241esima della nazione, senza partite contro squadre Top 25 e con le due vittorie di massimo prestigio arrivate solo in casa contro Michigan e Cincinnati? L’American Conference non offre sfide di alto livello (Memphis, Connecticut, Cincinnati le avversarie più toste) e il calendario non conference non è stato troppo probante. Così, senza possibilità di testare i Mustangs in partite di post season si sta correndo il rischio di rimanere tutti con il dubbio perenne di quale sia il reale valore di questa squadra. Che, però, per non saper ne leggere ne scrivere, continua a vincere convincendo, e, lentamente ma inesorabilmente, sta diventa l’America’s Team per la stagione 2016.
Una squadra su cui, invece, non ci sono più dubbi è Iowa. Gli Hawkeyes avevano iniziato alla grande la Big Ten sconfiggendo tra le proprie mura Michigan State, ma sembrava il classico exploit a cui sarebbe stato difficile dar seguito. E invece la squadra di Fran McCaffery ha risposto vincendo sul campo di Purdue e addirittura dominando il rematch contro gli Spartans (che nel frattempo avevano recuperato Denzel Valentine) a East Lansing. Jarrod Uthoff (25 punti contro Purdue) e Peter Jok (23 contro MSU) sono i due fari offensivi di una squadra di una solidità pazzesca: decimo attacco della nazione per punti per possesso e 14esima difesa. Possono scollinare gli 80 punti facilmente, così come tenere gli avversari sotto i 70 punti e conquistarsi le vittorie in difesa (come successo proprio contro Purdue e Michigan State, surclassata nel primo tempo terminato 47-25). Il calendario è ancora complicato fino a fine gennaio (partita casalinga con Purdue seguita dalla trasferta sul campo di Maryland), ma poi il mese di febbraio sarà tutto in discesa, avendo già incontrato tutta la vetta della conference, di cui al momento sono al comando con un record di 5-0.
Discorso simile per Villanova, che ogni anno è abbonata a posizioni di alto ranking, anche se ha la sinistra tendenza a sciogliersi come neve al sole in marzo. Il 2016 non sta facendo eccezioni per i Wildcats (16-2, 6-0 nella Big East), che hanno iniziato la propria conference travolgendo Xavier e vincendo sul campo di Butler. Hart, Aricdiacono, Brunson, Jenkins, Ochefu è il quintetto tutto in doppia cifra che guida un ottimo attacco, ma qui è la difesa il marchio di fabbrica. Una difesa che permette ai ragazzi di Jay Wright di essere pericolosi in ogni situazione e su ogni campo.
In una settimana, invece, sono schizzate la quotazioni di Clemson. I Tigers erano arrivati alle gare di conference molto male, perdendo tre partite consecutive (tra cui un preoccupante blow out contro Georgia). Poi, dopo lo stop iniziale con UNC, solo vittorie. Cinque per la precisione e le ultime tre tutte contro avversarie Top 25: Louisville, Duke e Miami. Sempre vittorie interne, ma non per questo meno di valore, con un unico grande protagonista nell’ala junior Jaron Blossongame, che ha viaggiato a 19 punti e 7 rimbalzi di media. La ACC non fa sconti a nessuno, quindi per rimanere in vetta non saranno ammessi cali di tensione, ma di sicuro Clemson ha dimostrato di essere una squadra da non sottovalutare.
Al pari di Baylor nella Big 12. I Bears sono, a loro volta, una squadra dagli alti e bassi sensibili, ma la vittoria per 94-89 sul campo di Iowa State (27+13 Jonathan Motley dalla panchina), con un secondo tempo da 60 punti, li ha messi sulla mappa di questa stagione. Certo, i dubbi rimangono, perché a fronte di un attacco che ha davvero i numeri per creare problemi a chiunque (Rico Gathers, Taurean Prince, Lester Medford, lo stesso Motley), c’è una difesa che non convince per niente: 61esima della nazione. Ed è un po’ la conferma di un leitmotiv che ha accompagnato Baylor nelle ultime stagioni: roster con ottime dosi di talento, ma poca capacità di assemblarlo in modo da raggiungere traguardi all’altezza delle aspettative.
Nota a margine per la partita che hanno giocato USC e Arizona sabato 9 gennaio. Se Kansas e Oklahoma avevano disputato tre overtime, Trojans e Wildacts ne hanno collezionati ben quattro, con USC che si è tolta la soddisfazione di prendersi uno scalpo di lusso grazie a due liberi di Elijah Stewart a 22” (su un fallo molto dubbio di Justin Simon). 103-101 il finale, con la tripla disperato di Kadeem Allen alla sirena lontana dal bersaglio. 27 i punti dello stesso Stewart, 25, 6 rimbalzi e 4 assists dell’ottimo freshman Allonzo Trier per Arizona.
THUMBS DOWN
Giocano nella terribile ACC due delle squadre che escono peggio dagli ultimi dieci giorni di partite. Si tratta di Virginia e Duke. I Cavaliers sono decisamente in crisi e hanno accusato non poco l’avvio delle gare di conference. In particolare, Brogdon e compagni pare che abbiano dimenticato come si faccia a vincere in trasferta. Se in casa è arrivata un buon successo contro Miami (66-58 con 20 punti di Brogdon), questo però è stato solo un intermezzo fra tre brucianti sconfitte esterne sui campi di Virginia Tech (68-70), Georgia Tech (64-68, due avversarie non certo esaltanti) e Florida State (62-69). L’attacco, che fino a qui era stato assolutamente eccellente, ha lasciato parecchio a desiderare in tutte e tre le partite: pessime percentuali, poco movimento di palla e lo stesso Brogdon, che è il leader tecnico della squadra, fermo a 14 punti ma col 33% dal campo e 3/18 da dietro l’arco. Proprio fuori da Chralottesville i Cavaliers stanno avendo enormi problemi: tutte le quattro sconfitte accumulate sono arrivate lontane dalle mura amiche e in queste gare Virginia accumula statistiche sensibilmente peggiori rispetto a quelle che tiene in casa. L’offensive rating scende da uno scintillante 121.2 a 103.5, i punti per partita sono 66 contro 75, la percentuale dal campo al 43% contro il 49 e da tre al 35% contro il 37 abbondante. Come detto in precedenza, questo mal di trasferta è un male che sta attanagliando tante squadre in questa stagione, e più in generale in NCAA il fattore campo conta moltissimo, ma di sicuro la difficoltà a rendere lontano dal proprio impianto di casa rischia di costare parecchio alla squadra di Tony Bennett.
Momento difficilissimo anche per Duke (14-5, 3-3 ACC), che arriva da una rara striscia di tre sconfitte consecutive, di cui due casalinghe e tutte contro squadre non Top 25. Dopo la caduta in casa di Clemson (68-63), i Blue Devils hanno perso al Cameron Indoor Stadium contro Notre Dame (91-95) e addirittura contro una Syracuse in crisi nera (62-64) e che era partita con quattro sconfitte nella ACC. Gli uomini di Krzyzewski vivono davvero un momento di crisi nera, dato da due fattori soprattutto: il difficile ambientamento del freshman Derryck Thornton, l’unico vero playmaker del roster, e l’assenza di Amile Jefferson, che rende la front line di Duke cortissima (e contro cui Tyler Robinson di Syracuse ha banchettato raccogliendo 20 rimbalzi), nonostante l’ottima stagione di Marshall Plumlee. In particolare, i problemi di Thornton che ha perso il posto a favore di Luke Kennard, impediscono a Greyson Allen di giocare regolarmente da guardia per poter dedicarsi solo ai compiti di realizzatore e tolgono punti ad un attacco che già ha problemi di suo, visto anche che Brandon Ingram non sta facendo male, ma spesso ha problemi di falli che lo tengono in panchina più del dovuto. Così, con una rotazione cortissima, i Blue Devils cercano di limitare i danni, ma già sono scesi al numero 20 del ranking, e dopo la sconfitta contro gli Orangemen rischiano di uscirne per la prima volta in tantissimo tempo.
E tra le nobili che stanno faticando non si può non parlare di Michigan State, che ha subito, a sorpresa, lo shock dell’inizio delle gare di Big Ten, in cui ha già accumulato tre sconfitte in sei partite. L’ultima sul campo di una Wisconsin nel bel mezzo di un anno di transizione, ma che è riuscita lo stesso, con un canestro di Ethan Happ a 10“ dalla fine, ad avere la meglio di quella che è ormai la ex numero uno del ranking nazionale (27 punti Koenig, 25 Hayes). Sconfitta che ha seguito il pesantissimo tonfo interno di 72 ore prima contro Iowa, in cui la squadra di Izzo è stata letteralmente surclassata dagli Hawkeyes, nonostante il rientro di Denzel Valentine. Il coach degli Spartans ha provato a mischiare le carte contro i Badgers rivoluzionando il quintetto con gli inserimenti di Harris, Deyonta Davis e Matt McQuaid, ma ottenendo poche risposte, se non un attacco confusionario che, ad esempio, contro Iowa ha accumulato 12 palle perse in altrettanti minuti nel primo tempo. La buona notizia è che Valentine sembra non aver accusato particolarmente il periodo di stop forzato (16 punti, 5 rimbalzi e 5 assists di media, anche se col 40% al tiro nelle tre gare da quando è rientrato) e quindi questo periodo di difficoltà potrebbe davvero essere solo passeggero per Michigan State, che comunque ha diverse cose su cui lavorare per farsi trovare, come al solito, pronta e pericolosa per il mese di marzo.
STARWATCH
Andiamo, in questa puntata, a conoscere due giocatori di squadre che non stanno avendo grandi fortune, ma che con le loro prestazioni stanno dando, se non altro, qualche motivo di ottimismo ai rispettivi programmi. Partiamo da Kareem Canty, guardia junior di Auburn, grande protagonista della vittoria dei suoi Tigers contro Kentucky, sabato, per 75-70, con 26 punti. Canty è una guardia di poco più di 1.80, che fa grande uso del tiro da tre punti (8.6 tentativi a partita nelle prime cinque partite di SEC) e ha grande feeeling col canestro. Auburn, al momento, è 2-3 nelle gare di conference, ma con la vittoria contro i Wildcats, e con il suo leader in costante crescita (18 punti e 4 assists di media col 39% da tre punti nelle partite di conference), può sperare di dare una svolta alla sua stagione. Così come Oklahoma State, reduce dalla bruciante sconfitta in volata contro i rivali di Oklahoma, in cui, però, è definitivamente esploso il talento di Jawun Evans con 42 punti, 7 rimbalzi e 6 assists. Evans è una piccola dinamo di energia. Freshman, fiore all’occhiello della classe di reclutamento 2015 per i Cowboys, con la sua velocità può andare al ferro quasi a piacimento, nonostante la ridotta taglia fisica (1.83 per 79 chilogrammi). Nelle gare di Big 12 è andato in doppia cifra quattro volte su cinque ed è già il secondo miglior realizzatore della squadra. Il futuro di Oklahoma State passa certamente dalle sue mani.
LITTLE ITALY
Che sarebbe stata una stagione difficile per i Red Storm di St.John’s lo si sapeva, ma nessuno, probabilmente, si aspettava di vederli derelitti sul fondo della Big East a quota zero vittorie e sei sconfitte. Certo, la conference è piena zeppa di avversarie di qualità, che Mussini e compagni hanno già affrontato (sconfitti 83-65 contro Providence, 74-66 in casa contro Xavier e 78-58 fuori contro Butler, tutte squadre Top 25, oltre al 75-81 contro Marquette), ma ci sono stati anche i tonfi interni contro Creighton (70-80) e Georgetown (73-93) che hanno definitivamente sancito la crisi profonda degli uomini di Chris Mullin (7-12 il record complessivo). In questo bailamme Mussini si conferma il miglior realizzatore della squadra, anche se pure per lui l’impatto con la Big East è stato durissimo: 11 punti col 32% dal campo in sei incontri.
Ottime notizie a Rhode Island per Nicola Akele. L’ex Reyer, stanti i problemi fisici di Kuran Iverson e E.C. Matthews, ha guadagnato parecchi minuti di utilizzo, partendo anche in quintetto in tre occasioni e ripagando la fiducia del suo coach col premio di rookie della settimana in Atlantic 10 per i primi sette giorni del 2016, con 8 punti di media e il 55% dal campo in questo periodo. Nel frattempo i Rams hanno recuperato i vari infortunati (a parte Matthews) e quindi i minutaggi del trevisano sono tornati di nuovo bassi (11’ complessivi nelle ultime due gare), ma Akele ha comunque dimostrato di poterci stare a questi livelli, mentre Rhode Island naviga a metà classifica con 3 vittorie (contro Saint Louis, Richmond e LaSalle) e due sconfitte (con St Joe’s e St. Bonaventure).
Ancora meglio gli Hawks di Saint Joseph’s, che continuano la propria ottima stagione (arrivata a 14 vittorie e due sole sconfitte). Vinto anche il “derby italiano” contro Rhode Island per 72-67, con Oliva a segno con 4 punti e 6 rimbalzi in 14’ (mentre Akele è rimasto a bocca asciutta in 21’ di utilizzo). Il ragazzo tarantino, però, si è poi dovuto fermare per un problema fisico ed ha saltato le ultime due partite, in cui i suoi compagni hanno vinto contro Fordham e George Mason portando il proprio record interno alla conference a quota 4-1, dietro solo a VCU, ancora imbattuta.
UPCOMING
Già stanotte interessantissima gara tra Providence e Butler per una Big East sempre più combattuta. Il meglio, poi, come al solito, arriverà nel week end, con la stessa Providence impegnata sul campo di Villanova, Baylor-Oklahoma e Michigan State in cerca di risposte contro Maryland, a sua volta reduce da una brutta sconfitta sul campo di Michigan. Domenica Iowa cerca di proseguire il suo super momento in casa contro Purdue, mentre lunedì double header tra ACC e Big 12: Miami-Duke e Iowa State-Kansas.
Nicolò Fiumi