L’estro e la genialità al servizio dello sport, dell’educazione e della crescita selezionata di giovani talenti per i campionati professionisti del basket mondiale, e non solo. Ecco in cosa si tramuta oggi il nome “Stella Azzurra” quando lo si pronuncia.
Non più solo un club dall’illustre passato locale e nazionale, i cui natali sono datati nel lontano 1938 presso il centenario Collegio S. Giuseppe – Istituto De Merode nei pressi di Piazza di Spagna e la cui storia agonistica di livello termina nel 1982 dopo aver collezionato ottimi piazzamenti tra massima divisione ed un paio di apparizioni alla fu Coppa Korac.
No, oggi il nome, il brand “Stella Azzurra” associato negli ultimi anni alla definizione anglofona “Academy”, al mondo cioè della formazione sportiva e non solo pensata e costruita per i giovani, non è più soltanto riconducibile al mondo della palla a spicchi italiana ma anche continentale e, da qualche anno, anche trans-continentale: Africa ed India ad esempio, come ultime zone geografiche dalle quali recentemente sono approdati gli ultimi iscritti a questo ingegnoso, prestigioso e quotato club romano.
E chi meglio del suo mentore, il Deus-ex-Machina di questo piccolo gioiello, colui che in parole povere ne ha curato ogni aspetto di questa trasformazione sin quasi dalle macerie del fallimento sportivo del lontano ‘82 ad oggi trans-continentale può parlare, può descrivere questa sua creatura, parte integrante ormai della sua stessa vita?
D. – E’ così od esagero Germano D’Arcangeli? Grazie della disponibilità e innanzitutto come comincia la storia di Germano, come giocatore di basket?
R. – Male…(sorride), male perché all’epoca ero scarso, veramente scarso!! Quando poi mi sono stufato di esserlo, finito il liceo e sempre legato al mondo della Stella Azzurra che all’epoca era un tutt’uno con la scuola e la pallacanestro, nel 1988 colui che all’epoca era il Maestro, il Grande Maestro e cioè Altero Felici, mi chiese se mi sarebbe piaciuto dargli una mano considerando che Roberto Quercia, istruttore capo del minibasket all’epoca accanto a lui, avrebbe intrapreso tutt’altra strada…Prima di diplomarmi iniziai così ad insegnare il minibasket al suo posto in Stella Azzurra ma senza alcuna possibilità di parlare..
D. – Un ruolo comunque difficile saper ascoltare in silenzio.
R. – Aldilà di tutto fu una cosa incredibilmente formativa e bella. Il primo anno non mi fu consentito di proferire verbo (ride divertito, ndr), il secondo Altero mi diede la possibilità di posizionare e spostare i birilli nel campo d’allenamento ma sempre dietro sua precisa indicazione…Oggi capisco appieno quanto fossi privilegiato nell’aver accettato questo ruolo essendo uno degli ultimi suoi figli prediletti.
D. – Un Maestro di sport ma anche di vita..
R. – Senza dubbio, non solo ha insegnato al sottoscritto e non soltanto a me, quasi tutto quello che oggi so dandomi poi la possibilità di perfezionare quanto ma mi trasmesso, prendendo in pratica gli spunti per completare la mia filosofia di vita e di pensiero, una vera fonte d’ispirazione e d’insegnamento. Da lì a poco sarebbe scomparso ma la sua presenza era totale sul campo, sempre. Un giorno, con il Parkinson ormai che avanzava, mi disse una cosa molto importante che ancora oggi porto con me: “Tu non sei qui per cacciare via un giocatore che non fa quello che dici ma sei qui per allenarlo!”
D. – Un vero insegnante con idee ben precise nella mente.
R. – Certo, quei metodi che avevano dato lui tanto in termini di vittorie, anche studiati da lui stesso essendo capace di “anticiparli” prima di tanti altri sul campo perciò, guai a cambiarli. Ma mi sentivo ancora inadeguato….Capii di essere accolto positivamente a corte soltanto quando, sul finire del secondo anno, lui iniziò a raccontarmi delle imprese sportive della Stella Azzurra, una serie di aneddoti e storie quasi a confermare una sorta di passaggio di testimone dell’identità del club…Da inadeguato quindi iniziai a sentirmi parte della squadra”
D. – Una parte importante della storia del basket italiano
R. – Questo mi ha aiutato molto nella costruzione della filosofia della nuova Stella Azzurra, dal fungo atomico dell’avere due sole squadre ad oggi (sorride…ndr). A mio avviso è stato importante ripartire con l’idea di rimettere al centro del progetto la crescita, umana e sportiva, del singolo giocatore.
D. – Quindi dal glorioso passato al presente di oggi l’unica costante è Germano D’Arcangeli che prende per mano il club conducendolo ad una nuova realtà, sin dall’Arena Altero Felici.
R. – Sulla realizzazione dell’Arena senza dubbio, è stato il mio obiettivo concretizzato a fronte di una costruzione quasi certosina del particolare. Sicuramente l’Arena è l’opera più importante messa in piedi insieme a tanta altra gente, che mi ha aiutato a realizzarla. Perciò oggi la Stella Azzurra non è solo mia, non può esserlo, è tornata ad essere una filosofia, un modo di essere, un modo di concepire la vita sportiva di un gruppo di persone che ne condividono idee e principi. Eppoi l’idea originale di questa Arena era come avevo pensato dovesse essere il club, come un grande paese, una grande comunità con la piazza, il bar, il circolo ricreativo con l’obiettivo finale comunque di vedere diventare atleti ed adulti i nostri ragazzi e le nostre ragazze. Una vera e propria comunità insomma.
D. – Ed in effetti, quando si entra nell’Altero Felici, si respira un aria particolare, proprio se si stesse entrando non in un palazzo dello sport bensì in un borgo pulsante. Ma dove hai trovato la spinta per creare questo?
R. – Prima di tutto i ns. motti, la nostra visione della vita non solo legata al basket. Al muro vedi la prima (mostra alle sue spalle la scritta #WeAreFamily, ndr), che spiega perché entrando in questa Arena avverti quello che hai detto prima. Dal sottoscritto a mia moglie, che cura il settore femminile, da Stefano Sbarra che ci ha aiutato a far crescere i nostri ragazzi sino a Danilo che lavora al bar…Ieri sera siamo rientrati da una trasferta aerea alle 00:30 ed a Fiumicino c’erano due ragazzi che lavorano con noi con i due pulmini, ben al di fuori del loro orario di lavoro e senza che gli fosse stato chiesto. Significa fare realmente parte di qualcosa, di trasmettere e di trasmettersi familiarità, confidenza e solidarietà. Persone che da tempo si dedicano a questo con l’idea di contribuire ad essere degli strumenti di tutela per i tanti ragazzi che qui hanno deciso di dare il meglio di se stessi, adesso sono 30 tra ragazze e ragazzi. Questo fa la differenza e viene apprezzato soprattutto da chi ci vede fuori dal nostro contesta. Quindi alla lunga anche un’attività di nicchia ed automaticamente di marketing nella quale la gente che arriva dall’esterno la percepisce e gli piace.
D. – Un qualcosa che comunque può anche non attecchire in altre realtà.
R. – Lo dico con estrema sincerità ma al tempo stesso con decisione. Non mi interessa quello che fan gli altri ma nel senso buono del termine, io guardo il cammino della Stella Azzurra per come l’ho visto e pensato io assieme ai miei collaboratori, alla mia gente. A volte vengo coinvolto in seminari dove si cerca di capire, d’indicare dove stia andando il basket…Personalmente vedo quello che ho costruito e lo vivo ogni giorno ed è ciò che voglio ma senza pormi dei limiti. La seconda frase, il secondo motto che ci appartiene da sempre è #NoMoreExcuses, non ci devono essere scuse per chi desidera porsi un obiettivo e perseguirlo. Ed il primo dono che noi consegniamo a chi entra nella Stella Azzurra è una maglietta che ha proprio questi motti trascritti sopra. Non è solo un claim per fare marketing, ogni giorno noi lavoriamo su di loro e su noi stessi e sugli altri con questa filosofia: siamo una famiglia ma niente scuse e niente alibi. Ed i ragazzi lo sentono, lo avvertono facendolo proprio fin da subito. Le regole esistono per essere rispettate e tutti, ma proprio tutti, le onorano al meglio. Ad es., ieri per la trasferta di cui parlavo prima, uno dei ragazzi si è presentato in foresteria, prefissato alle 5 di mattina, con 5 minuti di ritardo dicendo che la sveglia non aveva funzionato: lui non ha messo piede in campo perché evidentemente “non sentiva” la gara. Non ci sono scuse, se desideri veramente andare in campo quel giorno la prima cosa che fai è essere puntuale al raduno, “non ci dormo la notte” si ama dire quando ci si tiene ad un qualcosa. Bene allora non snobbi la partita che potrebbe poi anche rivelarsi quasi una passerella per Noi perché forse siamo superiori però in questo modo non si onorano né compagni e nè avversari. Bisogna sempre dare il meglio di Noi stessi, prima di tutto noi inteso come dirigenti e conseguentemente loro come giocatori. Niente alibi, nessuna scusa. Noi dirigenti siamo l’esempio, dal sottoscritto a Stefano Sbarra, se Noi inventiamo scuse lo faranno anche loro.
D. – Quindi stai anche facendo indirettamente una forte reprimenda al sistema educazionale e sportivo italiano..
R. – Assolutamente, la FIP alla quale appartengo, vive con troppe regole. Ce ne sono troppe ed è come fosse un cerchio troppo stretto e non ci si sta in queste regole. Inevitabilmente siamo costretti a starne fuori. Se il cerchio fosse più largo tutti sapremmo cosa significherebbe starne fuori o dentro, automaticamente. E’ diventato quasi un legiferare non “ad personam” ma “contra personam”, non si sa bene poi a chi possano giovare queste regole. Ci sarebbe bisogno di una semplificazione generale e generalizzata
D. – Quindi una sorta di Stati Generali della Pallacanestro Italiana per la Pallacanestro Italiana?
R. – Sì, potrebbero riunirsi in poche persone e senza contemplare tutte le componenti della pallacanestro italiana. La Federazione deve tracciare il percorso, se ci mettiamo nelle logiche degli orticelli non ne usciamo più, occorre semplificare le cose ripeto. Non è solo un problema degli stranieri in serie A1, sia chiaro, ma Noi siamo fieri di averne addestrato ben 24 che oggi militano nei massimi tornei nazionali e senza avere una prima squadra che milita in uno di questi massimi campionati.
D. – Appunto, quindi il fatto che la Stella Azzurra sia ormai un team fisso all’Euroleague Next Generation organizzando anche in prima istanza da anni ormai il “Città di Roma” tra Natale e Capodanno è sinonimo di grande riconoscimento a livello non solo nazionale. Ma la domanda è: perché a tuo parere chi di dovere non replica la Vs. esperienza?
R. – Usciamo per un attimo dal mondo del basket. In questi anni abbiamo visto con maggiore incidenza che i nostri ragazzi per trovare un lavoro ben remunerato e qualificato devono frequentare scuole di alto profilo. Di seguito interessa non solo come il ragazzo esegue le cose ma anche la metodologia che sta dietro al suo insegnamento. Bene, per un atleta che desidera esprimersi ad alti livelli occorre lo stesso tipo di addestramento elevato. Le doti naturali un atleta le ha ma ci sono anche le altre cose che fanno il resto, problemi caratteriali ed altro, che vanno smussati e gestiti con lui.
D. – Quindi l’uovo di Colombo, dobbiamo restituire valore all’insegnamento..??
R. – Esatto. Condurre la Stella Azzurra e tutto quello che abbiamo costruito attorno ad essa è gestire livelli potenzialmente alti di atleti. Non mi interessa se siano italiani o di chissà dove, la mia aspirazione era proprio quello di lavorare con questa tipologia di materiale umano ed il sogno si è realizzato. Ma alla fine non conta neanche che sia il basket il tema, basta che queste persone abbiano delle mete, delle aspirazioni da coltivare di spessore alto. Non coltivo la mediocrità, mi spiace, neanche se mi pagano!
D. – Come vengono contattati e selezionati i ragazzi?
R. – Noi abbiamo due livelli selettivi. Il primo è colui che si iscrive ed aderisce al progetto ma attenzione, come amo sempre ripetere a questi ragazzi, quando entrano qui devono sapere di quale colore è la staccionata di fuori (ride divertito, ndr). In parole povere, qui viene chi veramente ci vuole venire, attenzione, non viene chiunque. Non mi interessa chi sei, mi interessa cosa hai dentro!
D. – Significativa perciò la storia dei fratelli Delle Cave sotto questo aspetto.
R. – Racconto spesso, riferendomi a Mario, che quando lo contattammo per giocare con Noi lui rispose che non era sicuro di poter giocare con noi, eravamo a suo parere troppo scarsi per lui!! Era lui in quel caso che fece selezione, non Noi. I genitori poi sanno che ci affidano i loro figli condividendo al 100% le nostre regole, sanno cosa potrebbero aspettarsi i loro ragazzi.
D. – Il secondo livello di selezione invece?
R. – Nel secondo caso siamo noi che andiamo in giro a selezionare i profili che riteniamo adatti al profilo di atleta che desideriamo allenare. Magari capita che loro non sanno di esserlo…Prima abbiamo iniziato in Italia, poi siamo andati all’Estero esplorando ogni territorio, allargando una rete molto fitta di contatti, relazioni anche forti dell’idea che portavamo in giro, convinti che la Nostra idea fosse condivisibile. Sfruttiamo anche la fame di formazione che c’è in giro. Inoltre Noi come Stella Azzurra vogliamo essere distinti e caratterizzanti, se la gente magari comincia a fare delle ricerche di mercato perché non associare nell’ambito in cui Noi lavoriamo l’eccellenza con il nome Stella Azzurra? In questa chiave stiamo lavorando anche sotto l’aspetto dei socials grazie a Paolo De Persis, nuovo Res.le Comunicazione, affinchè anche il nostro nome sia ben visibile nei motori di ricerca su internet. Perché no, associare pure il termine “#NoMoreExcuses” con il nome Stella Azzurra. Non faremo più una comunicazione auto-celebrativa, solo cronaca asciutta, stop.
D. – Però è speciale questo clima che si respira all’Arena Altero Felici. Sembra che un ragazzo, entrato da poco tempo in Academy, ne faccia parte da sempre per come si comporta e per come vive questa realtà
R. – Abbiamo molti giovani studenti che ci chiedono di fare colloqui per capire come possiamo mandare avanti una struttura come questa senza grossi potentati economici alle spalle. In verità, ad uno dei nostri più giovani allenatori giunto da poco ad esempio, stiamo facendolo lavorare in modo continuo ma fuori dal vero e proprio campo di allenamento. Prima di tutto deve fare altro, deve inserirsi nel nostro team a 360°: allenare individualmente qualche ragazzo ma anche condurre il pulmino, aiutare il magazziniere, prendere qualche ragazzo alla scuola internazionale…Un po’ come Altero Felici fece con il sottoscritto. Dopo lui potrà iniziare ad allenare i ragazzi e tra qualche anno potrà andare via monetizzando questa esperienza come lui, ed anche Noi, ci auguriamo.
D. – Ok, grazie al duro lavoro ed alla credibilità che hai guadagnato sei riuscito a stare fuori dalla cerchia ristretta alla quale accennavamo prima. Ma come è stato l’inizio, da quando è iniziato tutto?
R. – Tutto è iniziato con la costruzione dell’Arena nel 2004. Il salto di qualità è stato fatto con la costruzione della nostra casa, non dovendo quindi dipendere da strutture pubbliche o legate al conseguimento di risultati. Inoltre ho iniziato mettendoci dentro i soldi di famiglia, ho subito ben 5 processi penali per abuso edilizio mettendoci la faccia senza avere l’aiuto di nessuno e neanche cercandolo. Una volta costruita l’Arena, la gente che entrava iniziava a capire che Noi facevamo basket, nient’altro. L’atteggiamento del demanio, dell’Amministrazione comunale e dei Carabinieri….E’ cambiato, ovviamente: qui Noi facciamo basket. Stop. Poi ho comprato ogni dettaglio che si vede, pezzo dopo pezzo. Ho smontato il parquet a Settebagni del Salaria Sporting Village tenendolo in un magazzino di famiglia, idem un tabellone…Andavo in giro a fare il robivecchi insomma. Poi ho preso un foglio di carta ed ho disegnato quello che volevo e lo abbiamo costruito come avevo intenzione di farlo. Oggi l’Arena è come io l’avevo disegnata.
D. – Ora è logico capire perché tu non abbia ambizioni “senior” di maggior respiro..
R. – Veramente la Lega A la farei anche domani. Ma solo a condizioni certe, identitarie. La Lega A senza però ambizioni di vincere lo scudetto, non riesco a misurarle quelle frasi partendo da quello che oggi è la Stella Azzurra. Prima bisogna però affermare, per entrare nel tema “Roma”, i problemi sono identici a quelle delle grandi città. Milano, Palermo, Roma…Tutte hanno lo stesso problema…
D. – Questa estate sei stato ad un passo dalla fusione con la Virtus Roma dell’Ing. Toti. Perché ad un certo punto hai rinunciato?
R. – Ci siamo arenati su di una cosa abbastanza semplice. La voglia cioè da parte dell’Ing. Toti di voler mettere al tavolo di questa discussione troppe identità differenti. Dire in modo ecumenico “Ognuno rappresenta una parte” può anche essere una buona idea portando in alto il vessillo della Virtus Roma ma in contrasto con la mia filosofia. Per me certi criteri discriminanti, perché parlavo con persone perbene che fanno le stesse cose che faccio io, mal si conciliavano con quello che ho costruito, avremmo corso il rischio di trovarci poi a metà stagione come un minestrone riscaldato!! Ed ho deciso io di rinunciare al progetto.
D. – Forse avevi tu un’idea di come poter convergere e non è stata accettata o forse non hai voluto imporla?
R. – La mia idea, esplicitata in mille rivoli anche di conversazioni fatte con l’Ing. Toti, era condivisa con anche altri amici. Poi da due siamo diventati in tre. Alla fine c’era anche una sana rivalità sportiva, Noi la Virtus Roma e l’Eurobasket. Se fossimo diventati due andava bene, quello che rappresentava cioè la Virtus Roma in ambito nazionale ed internazionale accomunato al Nostro lavoro giovanile anche in ambito Eurolega. Quello che invece rappresenta legittimamente l’Eurobasket con la sua logica ambizione di crescere, di affermarsi come nuova entità in Roma dopo aver perso la finale Playoffs lo scorso anno e di riconoscersi nel territorio, Noi non lo vogliamo questo. La Stella Azzurra ha il desiderio, come detto prima, di voler far crescere 2, 3 o forse 10 elementi che siano eccellenti nel loro ambito, mettere a disposizione di questi atleti un luogo dove poter coltivare questa loro ambizione di voler eccellere, di poter migliorarsi per puntare al massimo dei traguardi possibili.
D. – Quindi poche persone però buone al vertice del proscenio agonistico?
R. – No, non era solo questo quello che mi ha spinto a fare un passo indietro. L’Ing. Toti diceva di volere una squadra di successo, di vertice, un palazzetto sempre pieno ed una vita tranquilla. A questo punto io gli ho risposto cosa lui riusciva a vedere come passi precedenti a questa foto che lui disegnava? Su questo passaggio ci siamo arenati perché io sostenevo di mettere in piedi una squadra con almeno 5 senior, giocatori italiani di livello, più 6 o 7 giocatori di qualsiasi nazionalità, giovani, ma che avessero delle ambizioni di diventare grandi giocatori nonché professionisti. Alla fine di questa stagione “zero”, la remunerazione dei contratti derivanti dalle cessioni di questi ragazzi ne avrebbe generati altri 5, 6 o 7 ragazzi per l’anno successivo, senza cioè più la massima vittoria come traguardo agognato nel breve.
D. – Ok, quindi se volessimo ragionare ancora sul tema nuova squadra romana che si sarebbe dovuta comporre insieme alla Virtus Roma?
R. – Bene, tornando al punto di prima, meglio innanzitutto partire dalla A2 meglio che dalla Lega A per evidenti ragioni. Il roster lo componiamo dei migliori giovani giocatori che domani saranno in NBA e che domani potremo avere la gioia di dire “Son partiti da Roma”. Affidiamo la squadra a maestri come Caja o Repesa, costruiamo una sorta di scuderia di purosangue da tutelare ed iniziamo da lì ma senza “legarsi al territorio”, troppo vincolante. Eppoi….Troppe figure intermedie, troppe figure senza avere molta coscienza critica. Ad esempio, invece di distribuire ruoli e competenze così, chi meglio di Valerio Bianchini avrebbe potuto svolgere un ruolo di vertice in una struttura come questa? Capacità critica al servizio del progetto di rinascita della Virtus Roma, eccezion fatta per il sottoscritto trattato in passato come facente parte dell’Impero del male..Una persona come Valerio Bianchini sarebbe stato al centro di questo processo anche di comunicazione e di lavoro sul campo, perché anche lui deve lavorare sul campo.
D. – Quindi in parole povere inconciliabilità tra la filosofia della Stella Azzurra accomunata a quella dell’Eurobasket con in mezzo la Virtus Roma..?
R. – Ma non ne farei tanto una questione…Filosofale quanto invece un’idea da dove partire. Direi invece più operativa, se occorreva alla Virtus Roma un direttore marketing operativo del territorio che tenesse i rapporti con le istituzioni a cosa serviva la Stella Azzurra? Mi è stato risposto che la Stella Azzurra è stata la squadra che dopo 40 anni ha riportato a Roma anche il titolo tricolore U19, allora a cosa serve il direttore marketing operativo? Allora ho dedotto che sarebbe stato meglio che la Virtus Roma dialogasse con l’Eurobasket e non con il sottoscritto perché se la Stella Azzurra ha vinto questi titoli italiani lo ha fatto con questa identità e senza pensare di dividere il mondo in simpatici ed antipatici. Non siamo andati dietro alla moda ma al lavoro. Ed il prossimo passo della Stella Azzurra sarà quello di certificare il lavoro che viene svolto all’Arena.
D. – Cosa significa?
R. – Molto semplice, partendo dal presupposto che qualunque candidato che fa parte del nostro team parte da un livello diciamo “A”, dovrà poi eseguire un percorso formativo che lo porterà sino ad una ipotetica lettera “Z” del completamento dell’addestramento. Qualora egli stesso volesse abbandonare o terminare il nostro percorso prima di questo completamento, avrà una sorta di certificazione adeguata a quel livello raggiunto sino a quel punto, diciamo….”L”? “M”? La Nostra idea è questa.
D. – E’ un progetto estremamente ambizioso?
R. – Beh, dobbiamo anche inventarci qualcosa di serio per i prossimi 20 anni…(ride, ndr), scherzi a parte, quale criterio spinge oggi un allenatore a dire “Oggi ci alleniamo di meno perché i ragazzi sono stanchi?” Perché oggi si decide di fare una sessione di tiro in più? Quali sono i razionali che spingono gli allenatori a muoversi così? Non amo le statistiche ma mi rendo conto che, essendo circondato da ragazzi, il loro uso è importante ma non deve essere determinante. Ho una psicologa, un responsabile delle match analisys, quattro operatori video e che più che singole statistiche mi occorrono dati certi! Sì, dati certi sui quali ragionare e dire ad ognuno di questi ragazzi che verranno, ecco cosa posso darti per aiutare al meglio il tuo percorso di crescita professionale verso il tuo obiettivo di raggiungere il tuo obiettivo. Perciò io giovane giocatore 4.0 della nuova filosofia stellina, vengo da Voi perché siete bravi, se non puoi pagare adesso lo farai dopo attraverso un prestito d’onore come accade nei Colleges americani che onorerai quando sarai affermato, ed in conseguenza di questo Noi lavoreremo come un’Academy da vero e proprio istituto professionale con tanto di certificazione.
D. – Adesso anche rivolto al mondo femminile?
R. – Mi ero francamente stufato degli incantatori dei serpenti che continuavano a dire cose superate per le ragazze. Le donne ad esempio, devono allenarsi circa il 25% in più dei ragazzi per poter rendere come gli uomini, quindi la parte femminile sarà una nuova parte del progetto Stella Azzurra, se ne sta occupando mia moglie da ex-giocatrice.
D. – Esistono delle società come la Stella Azzurra in Italia che tu sappia o ti hanno mai contattato per poter replicare questo modello altrove?
R. – Ci hanno già chiesto di fornire una sorta di franchisin’ ed almeno due entità desiderano replicare il nostro modello. Sul territorio non esistono realtà come quello che abbiamo costruito qui ma la difficoltà nel replicare il Nostro modello secondo me consiste nel fattore umano. Affinchè un potenziale progetto targato Stella Azzurra fuori da questo contesto possa riuscire dovrei stanziare delle persone che oggi sono qui con me in loco, fattore abbastanza improbabile, per trasmettere altro che non solo l’approccio didattico….Avere la possibilità di lavorare con dei collaboratori che credono in quello che ti ho raccontato e che ci mettono del loro, in proprio, non è così facilmente replicabile.
D. – Eppoi ci vuole tanta passione ed una storia come la tua..
R. – ..Ma anche il tempo che dedico io..(ride, ndr), la mia è una vita abbastanza complicata, oggi devo andare all’Ambasciata dell’India per presentare il nostro ragazzo indiano, il primo giocatore di nazionalità indiana che viene a giocare da Noi…La Stella Azzurra va avanti. In queste ultime 3 settimane abbiamo festeggiato ben 3 capodanno di culture diverse, questo è decisamente bellissimo se lo rapporti a questi ragazzi che vivono questa esperienza che si porteranno nel loro cuore per tutta la vita. In fin dei conti anche questo mi gratifica.
Congratulazioni allora a Germano D’Arcangeli e grazie per il tempo dedicatoci.
Fabrizio Noto/FRED