Scritto da Marco Calvarese
Editato da Francesco Bertoni
Il tormentone della off-season NBA consiste in una gara, tra addetti ai lavori ed appassionati, a chi sappia meglio rappresentare il dramma sportivo del consuntivo del passato, della stagione appena conclusasi e, sopratutto, del bilancio preventivo per il futuro della franchigia di Brooklyn: l’assioma, il mantra inarrestabile è stato ed è ”i Nets sono i peggio gestiti ed i meno futuribili della Lega”! Tutti i siti specializzati paiono concordi, ma All-Around non è sito da confondersi con la massa ed allora proviamo a fare i salmoni, non per fregola di bastian contrari, bensì motivando l’insolita posizione.
Il pessimismo cosmico degli innumerevoli detrattori poggia le sue solide fondamenta in una banale ma senz’altro realistica considerazione di fondo, l’ombra, il peccato originale dell’era Prochorov: un roster costosissimo, la zavorra della luxury tax, i contratti elefantiaci di all-stars poi rivelatesi meno vincenti del previsto (per svariati motivi, non ultima una buona dose di sfortuna), ma anche e soprattutto l’aver costruito tutto questo regalando le proprie scelte alla diretta concorrenza fino al 2019! Il magnate russo ha scherzato con il fuoco, ha rischiato tutto per vincere e subito, ora ha perduto la scommessa ed è rimasto col cerino in mano. Il risultato è una squadra che avrebbe voluto volare tra le contender e che, invece, si ritrova a vivacchiare ai margini della zona play-off nella derelitta Eastern e non ha né cap, né picks per avviare il pur necessario restyling. Il tutto suffragato da innumerevoli cifre a 6 o 7 zeri e da statistiche avanzate.
Tutto giusto? Per carità, sui freddi numeri non disputandum est, ma è sulle deduzioni che, sommessamente, ci permettiamo di dissentire: il passato è passato e porta con sé delle tare, ma le basi del futuro sono solide e consentono ancora una buona programmazione, a patto di non cadere ancora in tragici errori, di non cedere a facili tentazioni e, soprattutto, di sapersi muovere tra le pieghe del mercato NBA. A Brooklyn abbiamo sempre creduto ci fossero le condizioni per soddisfare queste esigenze e le mosse operate tra draft e FA ci danno ragione. Vediamo di argomentare…
L’ultima stagione. La stagione appena conclusasi per i Nets è stata fallimentare? Tutti concordi su questo? Ricapitoliamo: 1)allenatore nuovo e con idee alquanto differenti dal predecessore (un certo Jason Kidd, non una dipartita qualsiasi…); 2) uomini-chiave della precedente gestione (Livingston, Blatche, un certo Paul Pierce…) persi per via dell’ormai improcrastinabile necessità di ridurre il monte-salari; 3) i nuovi: rookies e giocatori europei, tutti neofiti della NBA, oltre al neo campione del mondo Mason Plumlee da inserire in pianta stabile nelle rotazioni: non una passeggiata…; 4) i pesantissimi infortuni di Deron Williams e Brook Lopez, che hanno impedito praticamente, per la prima metà della stagione, di rodare l’asse potante della squadra; 5) la malattia di Mirza Teletovic; 6)il cambio in corsa alla deadline, con l’uscita di Kevin Garnett (mica uno qualsiasi!) e l’innesto di Taddeus Young! Parliamo di basket, non di bilanci societari: le premesse erano queste, ed alla luce di queste tutti, ma proprio tutti gli esperti dediti al ranking, all’inizio e durante la regular season, davano i Nets tra l’ottavo ed il nono posto ad Est, preferendo loro realtà come Miami, Indiana o Charlotte che, invece, a conti fatti, hanno ciccato playoff e stagione! Il 2014-15 dei Nets è stato vissuto a cavallo delle montagne russe, in un’altalena di risultati ed emozioni, speranze e disillusioni: dall’avvio incerto e martoriato dagli infortuni (con prima serie di sconfitte a novembre) alla resurrezione di Natale, iniziata a Boston e seguita dalla sontuosa ed autoritaria W a Chicago, dal “gennaio nero” (toccando il fondo al Barclays contro i derelitti 76ers) alle riscosse con i Clippers (grande buzzer di Jack!) e nella tana di Toronto, in una delle sfide più sentite dai fans, fino al rientro di Brook e, prepotente, di Deron e la squadra da ridisegnare da capo intorno ai loro giochi a due! Cortissima nel pitturato, però, si è visto Joe Johnson sacrificato (sempre con gran mestiere e professionalità, va detto…) spesso da 4 tattico, perdendo fatalmente lucidità dal perimetro e togliendo una dimensione all’attacco! Poi l’inattesa esplosione del rookie Markel Brown, i giorni convulsi dell’ASG e della deadline, con Lopez dato ad Oklahoma fino a mezz’ora dalla campana, infine lo scambio Garnett-Young, col quale, finalmente, ecco l’assetto di squadra definitivo, ma a meno di due mesi dalla fine della stagione! La crescente intesa tra Lopez ed il nuovo arrivato, tra Williams e Lopez, a formare un’asse a tratti inarrestabile, la bella cavalcata contro le squadre del temutissimo “wild” West culminata con la vittoria sui futuri campioni dei Warriors (ancora con un buzzer di Jack…). Poi ancora dall’inferno di marzo delle tante sconfitte casalinghe al paradiso delle W di Charlotte e con i Cavs, per poi rovinare tutto a Milwakee e con Chicago… anzi no: per poi agguantare i playoff all’ultimo respiro, con gli occhi sul campo contro Orlando e le orecchie a Memphis aspettando dai Griz la spinta decisiva! Una pirotecnica rapsodia che solo un disattento osservatore può definire noiosa (eppure in tanti l’hanno fatto!), condita dalla ciliegina dei quarti di playoff contro i primi della classe! Sfida senza storia? Neanche per sogno: per quattro partite i numeri uno, i favolosi Hawks sbarazzini e brillanti (futuri finalisti di Conference) devono sudare sangue contro una squadra, finalmente, capace di trovare i giusti meccanismi difensivi e credibili alternative al pick and roll tra Deron e Brook (sorvegliato specialissimo!). E qualche rimpianto è perfino lecito, per quel tiro dentro-fuori di Deron (croce e delizia) a 10” dalla fine di gara-2 che avrebbe, forse, potuto riscrivere la storia o, per lo meno, renderla più duratura e succosa… Tutto lascia intendere che il 2014-15 sia stato l’anno…-1, propedeutico all’anno 0 che, nelle speranze di tutti i tifosi, dovrebbe essere il prossimo. Parola d’ordine: rebuilding!, ma se si legge bene la cronistoria, si capisce che poi proprio tutto da buttare non è!
Prospettive. D’accordo, si dirà, ma il futuro? Con poche e sfigatissime scelte e quattro soldi, senza spazio salariale e con la zavorra dei contratti più pesanti, o si svende o si resta così. E si continua a scivolare. Oppure no? Billy King non ci sta, e fin da subito detta la linea per risorgere dalle proprie ceneri: 1)individuare l’uomo-franchigia, il leader attorno al quale ricostruire per traghettare i Nets fuori dalle acque stagnanti in cui si erano incagliati; 2)ringiovanire e conferire atletismo ad una squadra spesso apparsa troppo statica; 3)scendere sotto la soglia della luxury tax e creare le condizioni per poter liberare spazio salariale; 4)fare tutto questo senza perdere competitività, per non regalare alla concorrenza (leggasi Boston) una lottery pick che avrebbe l’amaro sapore della doppia beffa. Il tutto avendo per le mani le scelte n.29 e 41 al draft 2015 ed una manciata di spiccioli (MLE) da spendere. Mission impossible? Niente paura, il nostro (checché ne dicano praticamente tutti) non è l’ultimo arrivato ed è ben intenzionato a dimostrarlo: in poco più di due settimane confeziona un piccolo miracolo centrando tutti gli obiettivi! Andiamo con ordine.
“You can’t say Brooklyn without Brook!” è il grido di speranza e di battaglia di tutto lo staff fin dalla sirena di gara-6 contro Atlanta! Deposto senza mezzi termini il (presunto) leader Williams, all-in sulla conferma di Lopez (e della sua spalla Young) e sul sua promozione a simbolo della rinascita! Sia Brook che Taddeus sono in procinto di uscire dai rispettivi contratti rinunciando alla player option? Pazienza, l’ottimismo regna sovrano e tutto lascia intendere che i due in realtà siano già blindati! Ecco, infatti, un triennale da 60 milioni per il primo ed un quadriennale da 50 per il secondo! Grosse cifre e grossa scommessa sulla precaria salute di Lopez, non c’è dubbio, ma anche un segnale di programmazione e coerenza: tutti hanno visto di cosa è capace il n.11 bianconero quando sta bene, tutti hanno convenuto sul feeling tra lui ed il suo compagno di reparto, da qui si riparte! Sull’altare del risparmio si sacrificano gli altri free agent, Mirza Teletovic (Phoenix) ed Alan Anderson (Washington- dolorosissima decisione!): è sulle ali, dunque, che la squadra va rifatta. Anche qui idee chiare fin da subito: la notte del draft la 41a viene scambiata, insieme all’involuto Mason Plumlee, per arrivare fino alla 23a ed acquisire i diritti (oltre che di Blake, poi tradato) di Rondae Hollis-Jefferson, prospetto interessantissimo, 3 and defense se ce n’è uno, da qualcuno addirittura indicato come il miglior difensore del draft: atletico, scattante, buon passatore, specialista difensivo capace di marcare tre ruoli, rimbalzista: pare cucito su misura per coach Lionel Hollins! Mentre alla 29a viene chiamato McCullough, PF dalle lunghissime leve e dall’innegabile talento, purtroppo tanto condizionato dagli infortuni da paventare il concreto rischio di saltare gran parte della prossima stagione! Ancora una scommessa, dunque (lo saranno tutti i nuovi innesti), un investimento sul futuro: McCullough incarna più di chiunque altro lo spirito della drastica inversione di rotta nelle strategie dei Nets 2.0. Ma la pesca nella galassia universitaria non si esaurisce nella magica notte del draft, bensì continua con quelli che sono stati giudicati due tra i cinque migliori “undrafted” sul mercato: la PG con fama di cecchino Boatright e la PF Cliff Alexander! Entrambi con contratti non garantiti, ma entrambi in odore di camp e di estensione. Niente male come inizio, no? Niente male come segnale da parte di una franchigia che ha già annunciato il suo prossimo ritorno con un’affiliata nella lega di sviluppo! Crediamo non si potesse fare di meglio nelle condizioni date e lo dimostrano le prestazioni dei tre durante le recentissime Summer League: i migliori per continuità di rendimento, insieme al certo confermatissimo Markel Brown, la più gradevole sorpresa dello scorso anno e fin da subito individuato come uno dei prossimi punti fermi, insieme con Karasaev (reduce da un pesante infortunio, si spera pronto ad esplodere) e Bogdanovic (uno dei migliori rookies della scorsa stagione NBA!).
Ma è dalla free agency, ovvero dove meno te lo aspetti, che arrivano i colpi migliori: i Nets firmano, in rapida successione e tutti (o quasi) al minimo salariale, Shane Larkin, 22enne PG dai Kniks, promettente e rapidissimo specialista dal pick and roll tanto apprezzato da Hollins quanto frustrato dall’ossessione del triangolo dei “cugini”, Dwane Ellington, SG specialista dall’arco (la lacuna più evidente e più sentita dell’era Hollins!)e già compagno di squadra dello stesso Larkin, Thomas Robinson, indiscusso ma inesploso talento, PF dalle leve infinite, rimbalzista ed intimidatore sottovalutato, Willy Reed, centro di stazza, giocatore da post chiamato a dare respiro ai lunghi titolari e presumibilmente “compatibile” con Lopez, Quincy Miller, ala ancora alla ricerca di un lancio in NBA ma lo scorso anno devastante in D-league e, infine, chiusura col “botto”: King soffia all’ultimo momento a Sacramento il nostro mago preferito, Andrea Bargnani! E qui, crediamo, davvero non c’è bisogno di fare le presentazioni… Rapporto qualità-prezzo altissimo, gente affamata in cerca di riscatto, talento da vendere, squadra lunga, lunghissima!
Restava l’impresa più ardua: liberarsi della zavorra salariale per tornare a sorridere al futuro. Necessità assoluta ottemperata trovando il buyout con Deron Williams, ormai sfiduciato e desideroso di tornare nella natia Dallas! Si parla di un risparmio, per le casse societarie, tra i 40 ed i 60 milioni di dollari, considerando che questa operazione ha riportato Brooklyn, dopo anni, sotto la soglia della luxury! È stato questo il più grande colpo del mercato di King, la mossa più sorprendente, ma anche la più rischiosa della caldissima estate al di qua del ponte: dei due contratti più gravosi, infatti, pareva Joe Johnson il predestinato alla trade, per onerosità del contratto e anche per ragioni tecniche. Pensiamo a quanto la filosofia di Hollins verta sul pick and roll, pensiamo all’indiscusso feeling tra Deron e Lopez: con Williams in campo l’attacco dei Nets navigava nella top ten di lega per efficienza, precipitando in 28a posizione con lui in panchina!
A questo punto la società ha blindato la squadra, togliendo dal mercato sia “iso” Joe che Jarret Jack: toccherà a quest’ultimo (da sempre molto stimato da Hollins) portare la palla, con alle spalle i giovanissimi Larkin e (probabilmente) Boatright. Neppure sfiorato dal talento di Williams, Jack ha, tuttavia, l’intelligenza e la leadership per traghettare i Nets attraverso l’anno zero! Per caratteristiche tecniche egli necessita di un centro d’area e da lotta, per limitare gli aiuti dei lunghi sul suo caratteristico arresto e tiro dalla media: ci aspettiamo che questo sia Taddeus Young, con Lopez pronto ad aprire il campo. Fantasioso? Neanche tanto, se si pensa a quanto sia educata la mano del centro ed alla sua sorprendente presenza in palestra, fin da fine giugno, intento a lavorare sul tiro dai 7 metri! Larkin sarà pronto all’occorrenza, quando ci sarà bisogno del più classico pick and roll. Johnson garantirà la competitività dello starting five (ma c’è chi ne ipotizza un utilizzo da sesto uomo ), consentirà il graduale inserimento di Hollis-Jefferson, su cui la società punta parecchio, e ci aspettiamo che il suo mastodontico contratto (il secondo più ricco della lega!) vada a scadenza, salvo non improbabili trade a febbraio. A quel punto ci sarà spazio salariale sufficiente per aggredire di nuovo la FA e portare l’assalto ai tanti campioni che si renderanno disponibili per il miglior offerente la prossima estate! Non male per una franchigia senza futuro, vero?
Un coach stimato e rodato, una filosofia di gioco ben definita, una squadra coerentemente costruita per seguirla, uno starting five invariato per 4/5, una panchina notevolmente più forte, una situazione economica ormai vicina alla normalità, l’ormai prossima possibilità di inserirsi nella corsa a nuovi campioni nel 2016 (una stella o, più probabilmente – testuali parole di King – due solide pedine atte a rafforzare la squadra dove servirà): anche questi, e non solo le fredde cifre dei detrattori, sono fatti, non opinioni! Che dovrebbero aiutare, crediamo, a dipingere il cielo di Brooklyn a tinte molto meno fosche. Già non vediamo l’ora di dare la parola al campo…!