La Victoria Libertas mette in archivio il primo anno dell’era post – Scavolini e lo fa cogliendo l’unico obiettivo raggiungibile in una stagione di vacche non magre bensì magrissime; l’assenza, dopo più di trent’anni ininterrotti, dello storico sponsor “cuciniero” e l’impossibilità di riuscirlo a rimpiazzare con un altro main sponsor che potesse in qualche modo dare una boccata d’ossigeno alle esangui casse societarie, hanno fatto sì che questa non potesse essere che la stagione della sofferenza, ma anche del grande orgoglio messo in mostra da tutto lo staff pesarese per raggiungere, seppur in extremis, l’obiettivo salvezza..
E’ stato l’orgoglio di un grande combattente come coach Dell’Agnello che, alla prima stagione da allenatore nella massima serie, non è stato immune da errori ma che è comunque riuscito a far crescere un gruppo spaurito fino alla clamorosa salvezza finale per poi poter puntualizzare, per l’appunto con il giusto orgoglio, che “comunque, in cinque stagioni da head coach, cinque volte mi hanno chiesto la salvezza e cinque volte l’ho ottenuta”.
E’ stato l’orgoglio di un gruppo di giocatori giudicati, a seconda dei casi, inadeguati, bolliti o inesperti, ma che alla fine hanno gettato cuore ed anima oltre all’ostacolo conquistando forse non il risultato più prestigioso ma sicuramente il più entusiasmante della loro carriera.
E’ stato l’orgoglio di una società con mezzi ridottissimi, con il monte stipendi più basso di tutta la massima serie ma che, pur nelle sue ristrettezze, ha sempre tenuto fede ai propri impegni e che per questo ha potuto lavorare sempre a testa alta.
E’ stato infine l’orgoglio di un pubblico che, nonostante due stagioni da sole 19 vittorie a fronte di 41 sconfitte, ha deciso di non abbandonare questa squadra di “calimeri” neanche nei momenti più sconfortanti, venendo alla fine premiato con una salvezza per cui la gioia è seconda forse solo ai due scudetti di ormai troppi anni fa.
Una salvezza tanto incredibile quanto entusiasmante, quindi, giunta dopo un campionato vissuto in apnea all’inseguimento di tutte le contender fino a quando, allontanatesi via via tutte le altre, sono rimasti solamente i cugini di Montegranaro (anch’essi alle prese con non pochi problemi) a distanza di tiro fino all’ultima giornata, per poi essere uccellati al fotofinish grazie al colpo di reni di una Vuelle che, solo tre giornate prima, sembrava oramai spacciata.
Il miracolo si è concretizzato infatti nella coda della stagione, dopo che 5 sconfitte consecutive avevano completamente vanificato il buon avvio di 2014 di una Victoria Libertas che era ritornata in piena bagarre per la salvezza; a quel punto una Vuelle che sembrava stanca e completamente disunita trovava inaspettatamente tre vittorie consecutive che avevano quasi del miracoloso.
Sicuramente è stato quasi miracoloso poter contare all’ultima giornata sulla clamorosa sconfitta di Montegranaro in casa di una Vanoli ormai sazia; sicuramente è stato quasi miracoloso andare a vincere alla penultima sul campo di una grande del campionato come l’Enel Brindisi; ma forse quella che con il senno di poi si può interpretare come un vero e proprio segno del destino è stata la prima di queste tre vittorie, ottenuta in casa contro la Granarolo Bologna e solo con una “preghiera” scagliata sulla sirena finale da otto metri da Elston Turner jr
Preghiera che poi aveva fatto il paio con quella altrettanto miracolosa dello stesso Turner, trovata nell’ultima precedente vittoria in casa contro Pistoia.
La maniera con cui sono arrivate queste decisive vittorie (nonché l’estrema sofferenza con cui sono state ottenute quasi tutte le altre) ci fanno entrare nel discorso che, al di là degli innegabili meriti che vanno attribuiti a questi piccoli eroi, altra buona parte di questo risultato finale va attribuita anche alla buona sorte.
La fortuna aiuta gli audaci ma probabilmente tutti in casa pesarese sono consapevoli che è molto difficile che un’altra stagione di questo genere possa concludersi altrettanto positivamente; una volta esauritasi l’euforia per un risultato comunque eccellente, sarebbe opportuno per il futuro, oltre a riuscire a reperire qualche liquidità in più, non incappare più in qualche errore di ingenuità che ha coinvolto un po’ tutti, a partire dalla società, passando per un coach comunque a digiuno di basket allenato al massimo vertice, fino ai giocatori.
Tra questi a dir la verità la società ha dimostrato di saper pescare, se alla fine dei nuovi volti Anosike è risultato essere il miglior rimbalzista del campionato, Turner si è guadagnato ampiamente la pagnotta con tante buone prestazioni ed i due tiri da vero e proprio match – winner di cui sopra ed anche Trasolini ha dimostrato di poter competere degnamente a questo livello.
Tuttavia se per tutta la stagione la Vuelle si è trovata continuamente con l’acqua alla gola ciò è stato dovuto anche alle incertezze che giocatori, allenatore e staff, ciascuno nel suo reparto di competenza, hanno palesato per buona parte della stagione.
A dire il vero la sfortuna ha voluto il suo tributo fin da subito, mettendo fuori causa il play designato Traini (sfortunatissimo il giovane prodotto del vivaio pesarese nell’incappare, per il secondo anno consecutivo, in un gravissimo infortunio al ginocchio che l’ha messo K. O per tutta la stagione) e l’ala forte Prowell, rispedita subito a casa per l’immediato manifestarsi di alcuni malanni fisici.
Il doppio forfait ha però generato un equivoco tattico che società ed allenatore hanno dimostrato di non saper gestire fin da subito, con ripercussioni notevoli su un girone d’andata che terminerà con 2 sole vittorie esterne e nessuna interna.
L’impellente necessità di risparmiare anche il singolo centesimo ha spinto la società a provare a rimpiazzare il solo Prowell con l’inadeguato Hamilton, mentre in cabina di regia venivano lasciati Pecile e Turner a reggere la baracca, il primo chiaramente non più in grado di reggere un ruolo da titolare nella massima serie ed il secondo chiaramente fuori ruolo e distolto dalla sua principale dote di realizzatore; la clamorosa vittoria all’esordio in casa della Sidigas aveva forse il demerito di far illudere la società che si potesse andare avanti così e solo quando hanno cominciato ad accatastarsi sconfitte su sconfitte ci si è resi conto che era inevitabile un rimpasto della formazione.
L’emergenza playmaker è stata infatti più volte evidenziata dallo stesso Dell’Agnello ma, con l’esigenza di dover salvaguardare uno striminzito bilancio e di dover quindi trovare un giocatore a prezzo di saldo, la falla veniva turata solo sul finire dell’anno solare, dapprima con l’arrivo di un tiratore come Ravern Johnson e poi, finalmente, con l’arrivo del tanto agognato playmaker, al secolo Perry Petty, in arrivo direttamente dal campionato bielorusso (sic!).
Il prosieguo del campionato ha dimostrato che non si è trattato certamente di due campioni (il magrissimo Johnson è stato a lungo invero un oggetto misterioso), ma il riassetto della squadra, con l’addio di due giocatori mai determinanti come Young ed Amici e l’innesto di Dordei a rimpolpare il reparto lunghi, con il tempo riusciva a dare i suoi frutti.
Dopo il secondo exploit esterno di Cremona, alla prima di ritorno la Vuelle sfatava anche il tabù casalingo proprio contro la stessa Avellino che veniva battuta all’andata; iniziava così un buon periodo per i biancorossi in cui il coach riusciva finalmente a dare un minimo di compattezza e di solidità difensiva alla squadra e i risultati, di conseguenza, cominciavano a venire con un filotto di 4 vittorie interne consecutive.
La salvezza non è mai sembrata così vicina come dopo la rocambolesca vittoria interna contro Pistoia, forse ancor di più che all’ultima giornata in cui comunque si doveva fare affidamento sulla sconfitta di Montegranaro; in effetti la squadra, pur avendo la peggiore difesa del campionato e con un gap fisico nei confronti di chiunque, sembrava aver trovato la propria velocità di crociera, con un Turner che a tratti pareva essere il “Kobe de noantri” ed un Anosike vero e proprio principe delle tabelle.
Era a quel punto che, inaspettatamente, si apriva il baratro per i pesaresi, con cinque sconfitte incredibili, soprattutto per come venivano incassate con disarmante arrendevolezza; proprio quando coach Dell’Agnello sembrava finalmente essere riuscito a trasmettere almeno parte del proprio spirito battagliero, i suoi ragazzi improvvisamente tornavano ad essere quei giocatori timorosi e discontinui di inizio campionato.
E’ stato a quel punto che, in maniera altrettanto inaspettata, la squadra riusciva a ribaltare il proprio destino; Dell’Agnello era stato buon profeta a ripetere per tutto l’anno che i suoi ragazzi non avrebbero mai mollato e che fino alla fine ci avrebbero provato ma, anche dopo la vittoria con la Vu nera, Montegranaro era pur sempre sopra 2 punti.
Il resto è storia recente, con l’entusiasmante vittoria a Brindisi e poi la conferma in casa contro Venezia, mentre i cugini si scioglievano nell’ultima di campionato a Cremona, venendo riacciuffati per la coda e soccombendo a causa della differenza canestri nello scontro diretto.
Una salvezza che non può certo dirsi immeritata, viste le premesse con cui si era partiti, ma che comunque va accreditata anche ad alcuni fattori fortunati, come la grave crisi societaria che ha attanagliato Montegranaro, qualche segno benevolo dei numi del basket a cui si è già accennato ed il fatto che comunque anche quest’anno la retrocessione era soltanto una.
Passato lo spavento a questo punto rimane da costruire il futuro. In molti per tutto l’anno hanno pensato che, superata questa sorta di anno zero, il prosieguo sarebbe stato più facile ma forse questo, più che una concreta aspettativa, è semplicemente un auspicio; più probabile che nella prossima stagione si debba fare ancora le nozze con i fichi secchi e si debba ripartire daccapo.
Gente come Anosike, Turner e Trasolini, arrivati per pochi spicci, andrà giustamente a monetizzare le proprie buone cifre altrove e allora toccherà ancora a Cioppi e Costa andare a pescare qualche buon giocatore nel sommerso.
Ma di questi tempi è già un successo esserci ed allora che si tributi il giusto applauso all’orgogliosa banda di coach Dell’Agnello.
Giulio Pasolini