Jingle bells, jingle bells, …
Pensavate che potesse arrivare Natale senza rivedere NMTPG? Che mi fossi incastrato nel camino subito dietro Babbo Natale? O solo che fossi troppo pigro per pubblicare almeno un pezzo al mese?
E invece rieccoci tutti qui, parliamo ancora una volta di previsioni disattese, ma per una volta non sono le mie.
Già, perchè quando io mi metto al mio PC, nel mio angolino nella mia casetta di marzapane, a migliaia di km da una qualsiasi arena NBA, e vi dico che Miami farà bene o farà male, che i Nets competeranno per l’anello o che i Kings saranno una barzelletta, ovviamente stupisce il giusto se poi non ci prendo. Quando però hai una squadra che ha una sua previsione, aspettativa, progetto su una stagione, e poi vedi che i risultati sono diametralmente opposti, viene da chiedersi cosa ci sia che non va. Il banco in questi primi 2 mesi è saltato, e molte squadre si trovano molto lontane da dove vorrebbero e dovrebbero essere. Ma vediamo alcuni casi.
Tanko o non Tanko? Questo è il dilemma…
Alla vigilia di quella che potrebbe essere ricordata come la stagione madre di tutti i tanking, le posizioni sembravano nette e delineate. Ricordiamo a beneficio dei lettori più distratti che: dicesi tanking quella pratica scorretta e più o meno sfacciata che prevede di far vomitare apposta per un’intera stagione al fine di ottenere il peggior record possibile e quindi avere le maggiori probabilità di una scelta alta nel draft successivo. Che per altro, nell’anno di grazia 2014 sembra essere uno dei migliori di sempre. Gli iscritti dichiarati a questa squallida competizione erano parecchi, Orlando in primis, ma poi Phila, Boston, Charlotte (carta fidaty per questa specialità), Phoenix, Utah, Toronto, Sacramento, praticamente un terzo della lega ha dichiarato che giocherà a perdere. Che bella stagionella che si prospettava! A Milwuakee, visto che la dirigenza sembrava non capire, addirittura i tifosi hanno iniziato a chiedere a gran voce di perdere più partite. Dev’essere una bella soddisfazione giocare a Milwuakee in questo periodo, con il tuo pubblico che ti dice che fai così schifo, che è meglio che tu faccia apposta più schifo di così, in modo che arrivi uno che possa fare un po’ meno peggio di te. Vai Caron (Butler), ottima scelta andare ai Bucks!
Ora, un principio di elementare buon senso dice che se il tuo scopo è perdere, e in campo ci sei tu, si presume che di solito tu ci riesca. L’unica buffa eccezione a questa regola è la triste partita di fine stagione in cui ENTRAMBE le squadre giocano a perdere, e allora sono tutti problemi dei fortunati commentatori…
I primi due mesi di regular season ci dicono che anche tankare volontariamente non è poi così facile.
Un posto al Sole
Partiamo dalle buone notizie. A Phoenix hanno smontato la squadra. Cacciato chiunque avesse un contratto lungo, o oneroso, o in generale avesse mai mostrato in vita sua del talento. Poi, certo, qualcuno in campo lo devi pur mettere, e allora riprendiamoci Dragic (almeno per assicurarci che si riesca a portare la palla oltre le 10yards), e affianchiamogli Gerald Green, inutile ma almeno divertente da vedere, e Bledsoe, scommessa a basso costo per evitare di inimicarci tutti, tutti i fans. Certo, in un progetto di far schifo strutturato in maniera così scientifica l’unico neo appare l’essersi disfatti anzitempo dell’ottimo Beasley, uno che in un contesto così avrebbe potuto azzupparci parecchio. Poi tra l’altro lo metti in un contesto diverso, vincente e organizzato, senza responsabilità e visibilità personale, come quello di Miami, e ti accorgi che qualcosa di buono sul parquet lo può ancora fare…
Ma torniamo a Phoenix. Training camp, discorso introduttivo della dirigenza ai giocatori: “ragazzi, quest’anno si perde di brutto; diamoci come obiettivo di superare i 20 punti a partita, per amore del pubblico, ma non andiamo oltre i 40, che è meglio non rischiare. Gerald hai capito? Vabbeh, tanto tu non è che devi impegnarti per fare danni, ti vengono naturali”. I giocatori fanno cenno di aver capito. Gortat, che vorrebbe almeno far finta di essere un giocatore, viene lasciato giù alla prima curva. Poi accade l’inaspettato. Si inizia a giocare, e questi non sono così male. Giovani, molto atletici, in condizioni fisiche strepitose (specie se confrontati con le altre squadre, quelle che vogliono vincere veramente, e che quindi hanno schedulato la loro preparazione atletica in modo da essere al top della forma a marzo-aprile, e oggi hanno la forma fisica di un pensionato obeso del Jersey andato a svernare in Florida), con entusiasmo (i giovani) e voglia di rifarsi (quelli con contratto in scadenza, o mandati lì in esilio dopo essere stati scartati da altri). In più si è fatta chiarezza sul fatto che i gemelli Morris non sono uguali, ma uno, Markieff, è un giocatore vero, mentre l’altro probabilmente va rinchiuso in spogliatoio, e l’inedito backcourt con due finti play (o finte guardie, se preferite), Dragic e Bledsoe, non solo funziona, ma è proprio da corsa. Insomma, questi fanno qualcosa di inatteso, giocano per vincere, lo fanno bene, e questa botta di energia si staglia nel contesto sonnolento dell’NBA di novembre e dicembre.
All’inizio nessuno ci fa caso, partono le battute, i dirigenti si danno di gomito e si dicono l’un l’altro: “ehi, ma non dovevi dirglielo tu a Gerald che stiamo tankando? Si vede che non ha capito, fagli un disegno!”
Poi però si continua, si perde la prima partita, ma un rispettabile record sopra il 50% li mantiene stabilmente in zona playoffs. A questo punto però anche per la dirigenza si apre un problema: cosa facciamo? Questa squadra va troppo bene e ha troppa voglia per prendere il tanking SERIAMENTE. D’altro canto è evidente che non c’è abbastanza talento per mantenere questa posizione anche quando le altre squadre entreranno in forma e cominceranno a fare sul serio. Considerando che l’obiettivo più o meno dichiarato dei Suns nel medio periodo non è necessariamente il vincere un titolo, ma avere una squadra divertente, che vada sempre ai PO e che ogni tanto passi un primo turno, il tutto per rispettando religiosamente i limiti di spesa imposti dalla proprietà, si profila quindi un’altra soluzione.
Si potrebbe muoversi sul mercato per migliorare la squadra. Niente di clamoroso, ma provare a prendere una veterano, realizzatore, stella di seconda grandezza, che dia maggior solidità, con cui puntare già quest’anno ai PO. Questo vorrebbe dire abbandonare subito il progetto ricostruzione di lungo termine per puntare a risultati di accettabilità nel breve. Potrebbe anche avere senso, ma ora a Phoenix hanno notti insonni e tanti dubbi per provare a … rimediare al casino fatto dai propri giocatori!
Vorrei, ma non posso
Poi ci sono quelli che volevano fare una buona stagione, per qualcuno bastava una stagione decorosa, per altri si voleva puntare più in alto, ma per tutti la sfortuna si è messa in mezzo e ha distrutto i piani (più o meno credibili) fatti in estate.
Palma d’oro ovviamente a Chicago, che ha aspettato un anno e mezzo il ritorno di Rose, solo per vederlo rompersi di nuovo dopo una manciata di partite. Solo sfortuna, il ginocchio non è lo stesso dell’anno scorso. Però abbiamo un campione che ha perso 3 anni (se contiamo anche i PO di due anni fa, dove erano attesi almeno alla finale di conference) del suo prime, e di una squadra che si trova in una situazione ingestibile: ambiente shockato e poi demotivato, giocatori strapagati perchè utili complementi a Rose, ma dal valore dimezzato in sua assenza, la situazione contrattuale di Deng del tutto ingestibile (lo scambio? Lo rinnovo? A che cifre?), la totale assenza di un piano B: se infatti lo scorso anno si sapeva dell’assenza di Rose (per altro con la speranza che sarebbe tornato durante l’anno) già dall’estate, e quindi si era potuto cercare dei sostituti (almeno delle soluzioni tampone) con Belinelli e l’incredibile Nate Robinson, quest’anno non c’è veramente niente. Con un lavoro incredibile Thibodeau sta riuscendo a far sì che i suoi continuino a sbattersi in difesa come ossessi, ma i risultati sono comprensibilmente drammatici, e non so per quanto questa situazione potrà essere retta psicologicamente dai Bulls.
Subito sotto viene Memphis, fresca della prima finale di conference della sua storia e quindi (?!) anche di licenziamento di tutto il management e staff tecnico che ce li aveva portati, che cerca almeno di confermarsi ai PO, puntando senza segreti almeno a un secondo turno. Poi, al di là di un inizio comunque difficile, si rompe Gasol, e improvvisamente il pareggio di bilancio diventa una chimera (e certo, sono cose che solo a Phoenix vengono facili, no?), e non ostante una stagione monstre di Conley e una forma comunque decorosa di Z-bo, i risultati vanno a sud. Prince e Allen insieme, senza Gasol a generare raddoppi, si rivelano ancora più imbarazzanti di quanto già visto, e senza lo spagnolo a far girare la palla dal post basso, le modeste capacità di playmaking di Conley diventano palesi. Quando, verso fine RS, se tutto va bene, Gasol tornerà, potrebbe non bastare più il tempo per recuperare il ritardo dalle 8 posizioni per i PO, e quindi si comincia a parlare di rallentare il ritorno di Gasol, scambiare Randolph, e ripresentarsi alla prossima stagione con una squadra incentrata su Conley e Gasol, magari con in più dello spazio salariale a qualche bel regalino dal draft. Auguri a chi dovrà ricostruire psicologicamente quello spogliatoio. Altro che Oscuro Passeggero di Dexter, questi non si ripigliano più.
E concludiamo questo tour dell’allegria in terra Angelena, con 2 fermate.
Prima a Lob City, dove si veleggia (ah!) in zona PO non ostante l’infortunio di JJ Redick (orribile, per altro, mano destra di un tiratore!). Redick non è un All Star, ma si è subito mostrato un comprimario perfetto per Chris Paul: dare a un play con vista a 360° e capacità di trovare l’uomo libero ovunque uno che si fa sempre trovare nel posto giusto per ricevere e tirare, e che per altro la mette sempre, pare illegale. Per la RS i Clips si possono arrangiare, ma per i PO è il caso che JJ torni e sia in ottima forma, se si vuole fare strada.
Sponda Lakers invece c’è molto meno ottimismo. Mentre Gasol dichiara (ricambiato) le proprie affinità elettive a D’Antony, e una serie di figuranti, guitti e saltimbanchi cerca di tenere in piedi la baracca (quando il tuo giocatore di punta è Young, il pronostico di solito non è buono), si consuma il Kobe Dramma. Tornato finalmente dall’infortunio al tendine d’Achille, dopo una manciata di partite non sfolgoranti, ma comunque con ampi segni di ripresa, un nuovo infortunio al menisco lo mette fuori gioco per almeno 2 mesi. Che fare? Affrettare il ritorno, per rendere vagamente guardabile questa stagione disgraziata, pur sapendo che, anche se a fine febbraio tornasse un Super Kobe, i PO potrebbero restare un sogno, oppure farlo riprendere con calma e riparlarne il prossimo anno? E poi, comunque, con chi? Non con il catalano, ormai impresentabile sia per rendimento che per rapporti in quel di LA. Il mega contratto rinnovato da Kobe non lascia grandi possibilità di firme di free agent, specie se si vuole restare a mani libere per provare a portare nel 2016 nella città degli Angeli uno (o più) fra James, Durant, Westbrook. Si è parlato di far arrivare in estate Melo, non esattamente entusiasta della sua situazione nella Big Apple: e anche se fosse? Non ci sarebbe un soldo per firmare comprimari decorosi, ci sono forti dubbi sulle possibilità di convivenza fra le due star, ma soprattutto viene da chiedersi: nell’NBA di oggi un Bryant anziano e soggetto a infortuni e un Anthony sono sufficienti a puntare al titolo? Il fronte del no agita voluminosi cartelli con entusiasmo…
Brivido, Terrore, Raccapriccio: la Atlantic division!
Chiudiamo questa rassegna di: “non tutte le ciambelle riescono col buco”, con quello che è forse il capolavoro ogni-epoca del genere: una division in cui, in un contesto generale di scarsità di risultati e abbondanza di imbarazzo, TUTTE le squadre coinvolte sono esattamente all’opposto di dove vorrebbero essere.
Boston, Phila e Toronto volevano ricostruire: tanking sfrenato e tutti pronti per la lottery.
NY, consapevole di non poter mirare al titolo, voleva almeno bissare i risultati dello scorso anno: una buona RS,PO sicuri e almeno un turno superato.
Brooklyn mirava addirittura al titolo. E si badi bene: non nel breve periodo, ma proprio quest’anno o mai più.
Classifica della Atlantic division qualche settimana fa: in testa Boston, record vicino al pareggio, e uno stratosferico quarto seed nei PO ad est. Seguono Toronto e Phila (che è partita con un clamoroso 3-0), abbondantemente in zona PO. Poi NY e, ultima della division e della conference, davanti (pardon, dietro!) a mostri sacri come Charlotte e Orlando (per capirci, quelli che, per sicurezza, fanno giocare tutti i loro giocatori più forti fuori ruolo, e per stare più tranquilli li levano nell’ultimo quarto), i Finals-bounded Brooklyn Nets. Volevano andare in Finale e sono ultimi in una conference dove l’accesso ai PO praticamente te lo danno se riesci a scrivere giusto il nome della tua squadra.
Ora la situazione va migliorando, Sixers e Raptors in caduta libera (certo, Carter Williams, ovvero il maggior candidato a ROY è stato tenuto fuori per … dermatite!), mentre i Nets, complice anche il ritorno di alcuni giocatori dall’infortunio, si sta leggermente rialzando sopra la soglia dei maggiori “tankisti”.
Come diceva uno spot dell’NBA di qualche anno fa: NBA, where Amazing Happens.
Buon Natale a tutti e state attenti, che prima della befana potrebbe anche arrivare un altro NMTPG!
Vae Victis
3 Comments
Raffaele
Capisco il tono ironico dell’articolo, ma anche i nomi sbagliati rientrano nel discorso “per far ridere”???
Stock
Sistemati!
Raffaele
Mah….su come hai scritto Milwaukee e D’Antoni per fare due esempi a caso avrei ancora dei dubbi ma va bene così dai