E rieccoci qui, avete visto che non è passato così tanto?
Dopo la riapertura stagionale (qui), in cui si è detto che per pigrizia quest’anno farò una preview solo per le contenders (per chi invece fosse una persona seria e volesse delle preview complete per division, legga subito qui), e in cui abbiamo amabilmente discorso di Miami e SanAntonio, oggi è il momento di presentare altre due contendenti. (sì, mi sono posto come obiettivo di esaurire le previews delle contenders entro il primo turno dei PlayOffs…)
E partiamo dalla più discussa dell’estate, ovvero i
Brooklin Nets: la comune hippy
Prokorov ha chiaramente fatto capire al suo staff tecnico che “Yes, we can”, e che non sarebbero stati contenti di scoprire cosa accadeva nel caso che “they can’t”. E così si è fatto un po’ di tutto, non necessariamente sempre con un piano organico. Arriva un nuovo, esordiente, carismatico coach come Jason Kidd, che quando aveva Nets scritto sulla sua canotta, qualche cosa di buono mi sembra l’abbia fatta; vediamo cosa farà in giacca e cravatta. Arriva il terzetto di arzilli vecchietti da Boston (date un momento a un vecchio cuore biancoverde per digerire la cosa … ecco, meglio…), ovvero Pierce, Garnett e (quel che resta di) Terry. E infine la firma più annunciata e banale, ovvero l’arrivo alla corte del magnate russo del giocatore russo per eccellenza, ovvero Andrej Kirilenko. Il messaggio di Prokorov è abbastanza chiaro (e ricorda, pur con meno simpatia, quello di Cuban di qualche anno fa): i soldi li ho, e non ho paura di usarli; vediamo però di vincere subito perchè non c’è domani. Ha fatto le mosse giuste? Ho letto diversi giudizi su questi Nets, la maggior parte negativi, e con dubbi soprattutto sulla convivenza sotto canestro di Lopez e Garnett, costretto a tornare a giocare da 4, dopo aver chiaramente dimostrato nelle ultime 3 stagioni di essere oggi molto meglio come 5, considerando anche l’evoluzione del gioco, che spinge quasi tutte le squadre a giocare con 4 esterni e un 5 di movimento per allargare il campo.
Il ragionamento non fa una piega; Garnett a 37 anni costretto a rincorrere sul perimetro ad esempio Josh Smith potrebbe fare fatica (verrebbe anche da chiedersi PERCHE’ mai qualcuno dovrebbe rincorrere JSMooth sul perimetro, quando tutti sanno che è meglio lasciarlo lì da solo, che tanto ci pensa lui…), non ci sono dubbi.
In regular season. Se però andiamo un attimo a vedere nei PO come sono strutturate le altre contenders, ci accorgiamo che questa regola dei 4 piccoli non è proprio così pervasiva: Indiana gioca con due lunghi veri (e pure piuttosto statici, aggiungerei, come West e Hibbert); Chicago ha 2 lunghi veri (Noah e Boozer, anche se definire VERO quest’ultimo potrebbe far sorridere); NY ha sotto canestro una triade informe e mal assortita (Chandler, Stoudamire, e da quest’anno pure Bargnani, così, tanto per fare un po’ di casino!), ma di certo non particolarmente piccola o scattante. A ovest abbiamo i Grizzlies, che con Randolph e Gasol sono così retrò che potrebbero sembrare conservatori anche a Larry Brown. Poi ci sono gli Spurs, che possono andare a quattro piccoli, ma hanno dimostrato che se possono scegliere preferiscono le 2 torri (Duncan + Splitter). OKC è un’altra squadra che gradirebbe poter giocare a 2 lunghi, con Perkins e Ibaka. E poi c’è Houston, che porta il concetto dei 2 lunghi fino alla caricatura con la coppia Howard-Asik, almeno finchè dura. Certo, l’altra contender rimasta, quella che per altro è la più quotata per prendersi il premio finale, ovvero Miami, gioca con 4 piccoli. Però, mi viene anche da dire, quando il tuo quarto “piccolo” è LeBron, l’altra squadra tende ad andare sotto comunque, che giochi con 2 lunghi, 4 piccoli, 2 nani e 3 elfi della Terra di Mezzo, o 5 donne barbute. Quindi la coppia Garnett/Lopez, che senz’altro faticherà in stagione regolare, potrebbe non essere così fuori luogo quando bisognerà vincere davvero. Senza contare che, soprattutto in Regular Season, si potrà giostrare i due lunghi con Kirilenko e abbassare il quintetto. E secondo me, una metà campo difensiva in cui si esibiscono contemporaneamente il bigliettone e AK47 proprio schifo non fa. Trovo invece potenzialmente più difficile la convivenza tecnica fra Pierce e Johnson che, pur in ruoli diversi, sono circa lo stesso tipo di giocatore. Avere due giocatori da ultimo possesso nella stessa squadra può essere una grande ricchezza, ma anche motivo di confusione.
Però il contributo più grande che ci si aspetta dai nuovi arrivati, e soprattutto dai due ex big three non è sul campo, ma in spogliatoio. Ritenevo Deron Williams il play più forte della sua generazione: oggi chiaramente non lo è, ma con Pierce a indicargli la strada, Garnett a mangiargli la faccia quando deraglia, e una grande del passato nel suo ruolo a indirizzarlo dalla panca, Deron potrebbe ritrovarsi. Anche perchè spero abbia quel minimo sindacale di cervello da capire che è la sua ultima possibilità per dimostrare di valere qualcosa. Discorso analogo per Lopez: quel fisico, motivato (o minacciato) da Garnett, con la possibilità di attingere alla sua borsa dei trucchi e al suo esempio, potrebbe diventare un difensore che sposta. Il tutto sotta la guida di Jason Kidd, alla sua prima esperienza di sempre. Ma al di là dell’inesperienza, Kidd è un buon conoscitore del gioco? Verrebbe da dire: certo, è stato uno dei migliori playmaker della storia del gioco! Se però torno con la memoria ai tempi belli in cui lui era ospite fisso in finale, pur avendo come compagni di squadra Yoghi, Bubu e alcuni Barbapapa, a me non sembrava questo grande studente del gioco: la pallacanestro gli fluiva copiosamente in vena, e vedeva cose che gli altri nemmeno si sognavano; però percepiva il basket in maniera principalmente istintiva, reagiva a quanto succedeva, più che capire e razionalizzare la situazione. La sua scelta non era sempre la migliore, anzi, solo che spesso il risultato finale era comunque buono grazie ad un talento e ad un atletismo fuori scala. Siccome però l’istinto non si insegna, non è detto che Kidd possa essere questo gran fenomeno come tecnico. E di fatti non dovrebbe essere lui ad allenare questa squadra; la sua firma è avvenuta prima della trade con Boston, quando i piani della franchigia erano diversi e di medio periodo, non “vinciamo oggi o si muore”. Oggi quindi essenzialmente Brooklin è una sorta di comune hippy, con un comitato di indirizzo fatto da 3 grandi vecchi (Pierce, Garnett e Kidd), due in braghette e uno in panca, tutti con esperienza sul campo e esperienza di anello, tutti professionisti stimati e animati dal fuoco della vittoria, che cercano di trasferire ai 2 studenti molto dotati, Williams e Lopez (sulla speranza di insegnare qualcosa a JJ non mi farei grandi illusioni…) quel quid che può traformarli in campioni.
Tutto questo può funzionare? Secondo me la risposta è sì. Sia chiaro, non li sto certificando come prossimi NBA Champions. Dico solo che in questo progetto non vedo peccati originali che lo minino alla radice. Per capirci, non sono come i Lakers dello scorso anno, in cui l’inconciliabilità tecnica tra le stelle a roster era talmente evidente che in nessun caso sarebbe potuta finire bene. Questi Nets mi ricordano più i Celtics al primo anno dei Big Three: sono assemblati abbastanza bene tecnicamente, e esiste un sentiero, per quanto stretto, sul quale si possono allineare i caratteri e le motivazioni personali dei singoli per poter aspirare al successo come squadra; se gli astri si allineano, possono andare in finale di conference e dare molto fastidio agli Heat. Se va male, gli Heat battaglieranno con i Pacers, e Brooklin si schianterà al primo turno dei PO.
LA Avengers
La seconda squadra che analizziamo oggi non è esattamente una contender (qualcuno li dà addirittura fuori dai PO), ma mi piace parlarne qui visto che abbiamo aperto il filone delle vecchie glorie. Parlo dei Lakers, in uno di quei rari momenti della storia in cui si trovano ad essere la LA minore, incredibilmente succube dei cugini, i Clippers. Il loro roster 2013-14 potrebbe essere rapidamente liquidato come “poca roba”, visto che le entrate più significative sono state Nick Young, i resti di Kaman e il cavallo di ritorno Jordan Farmar. A partire invece Metta World Peace, Jamison e soprattutto l’insopportabile bambinone con numero 12: non lo vorrei mai nella mia squadra, ma non si può negare che la bilancia del roster penda decisamente sul lato delle uscite. Gli equilibri psicologici su cui si reggerà la squadra sono sottilissimi, con Kobe (in maniera del tutto inusuale) ad attrarre tutti i riflettori, col suo ritorno lampo dall’infortunio (anche se lui nega, nessuno ha il minimo dubbio che sarà in campo per il season opener) e i dubbi sulla sua condizione fisica, poi c’è Gasol, l’amante respinto e separato in casa, Nash e le sue precarie condizioni di salute, l’inserimento di quella testa … ehm…. calda di Nick Young, un Kaman che a New Orleans e Dallas ha messo in evidenza tutti i sintomi del depresso cronico (che su quella faccia e quel porto d’armi fanno anche un po’ paura…), e un allenatore dato per licenziato svariate volte tra la scorsa stagione e l’off season. Non sono un fan di D’antoni, non amo i Lakers, e detesto Kobe, ma credo che quest’anno potrebbe essere per loro un anno di rivincita: sia chiaro, non sono da corsa, raggiungere i PO sarebbe un traguardo importante, e passare il primo turno a sorpresa un trionfo. Abbiamo però 3 stelle (Kobe, Gasol e Nash) che nel loro prime sono state tra i primi 2-3 giocatori nelle rispettive posizioni. Tutte e 3 arrivate dalle parti di fine carriera (parlo piano, che se Kobe mi sente mi rapisce la famiglia), e provenienti da una stagione comunque deludente da cui vogliono rifarsi. Parliamo di 3 fra le migliori teste pensanti mai state su un campo di gioco, messe in mano a un genio e sperimentatore come D’antoni. Nessuna pressione (questa frase va sempre parametrata su una piazza come LA, ovviamente), perchè nessuno li considera, Gasol che può tornare finalmente a fare il 5, e giocare il P&R con Nash o con Kobe, tutte queste insieme sono per me le condizioni ideali per realizzare un upset: dategli 1 o 2 mesi, e questa potrebbe essere una gran bella squadra da veder giocare.
Certo, poi Nash si può rompere il primo giorno, Gasol mugugnare per essere ceduto e tornare catatonico, Kobe non riuscire più a correre e saltare ma continuare a forzare a ogni possesso come se fosse ancora in grado di farlo; secondo me però questo è il loro anno del riscatto.
Anche per oggi siamo arrivati, ci leggiamo presto!
Vae Victis
1 Comments
Alle_bene
Bell’articolo, che peccato sapere che non uscirà più tutte le settimane 🙁