Eccoci pronti per il secondo turno, giusto il tempo per salutare i fratelli tristemente caduti, e ci siamo.
Farewell
8 squadre lasciano l’agone. Ciao Bucks, onestamente non ci mancherete, ciao Carlesimo, che non mancherai ai Nets. La prima esperienza di postseason di Brooklin si conclude in 7 gare, ammazzata da una squadra di D-League che indossa la maglia dei Bulls. Si, lo so, sono stato ingiusto; ovviamente questi Bulls sono la squadra meglio allenata della lega e, detto fra noi, ho finalmente eletto il mio nuovo amore in panchina per provare a colmare il vuoto lasciato da Larry Brown. Però se a una squadra togli il miglior giocatore (Rose), poi la guardia titolare (Hamilton), poi il suo sostituto (Hinrich), poi l’ala piccola titolare (Deng), poi il centro titolare (Noah) e anima difensiva e emotiva della squadra gioca su un piede solo per la fascite plantare, e perfino Gibson deve giocare poco a causa dell’influenza virale che ha già colpito Deng, capisci che mancano solo le emorroidi a Thibodeau, e poi si è visto tutto. Quindi, onore al merito per una squadra che è andata così oltre i propri limiti da averli completamente persi di vista (e la serie con la Justice League … pardon, gli Heat, sembra confermarlo), ma non si può negare che i Nets se la siano giocata proprio male. Per risollevare la situazione di Brooklin bisogna chiamare Leonardo di Caprio, farlo entrare (a mo di Inception) nella mente di Deron Williams e inserirgli l’idea che ascoltare il proprio allenatore non è per forza una vaccata. Ecco, questa è la soluzione più realistica e percorribile: per le altre bisogna ricorrere alla fantascienza.
Saluti anche a Denver, per la quale vale un discorso analogo a quello fatto sopra, ovvero: i Warriors sono chiaramente posseduti da un’entità demoniaca di livello “Armageddon”, però si poteva decisamente fare meglio di così. Karl si ferma per l’ennesima volta ai blocchi di partenza, con i suoi che vanno sotto con la testa prima che dal punto di vista tecnico: passare la partita aspettando e temendo che prima o poi Curry metta una tripla, e poi a cascata 2, 3, 10, seguito da tutti i compagni, non è accettabile a questo livello. E il fatto che succeda davvero non è una scusante. E’ mancato Gallinari, certo, ma il Gallo visto fino ad oggi non sarebbe bastato a cambiare le sorti dei Nuggets; sarebbe servito un Danilo più maturo, decisivo, cattivo, che siamo tutti sicuri possa diventare, ma che fino ad ora non si è mai palesato. Peccato aver perso questo ulteriore banco di prova, sembrava l’anno giusto per la possibile consacrazione.
Se ne va Atlanta. Quelli che la vogliono piangere possono iniziare. Fatto? Ok, passiamo oltre.
Dei Lakers abbiamo parlato la volta scorsa, sarà un’estate molto calda in gialloviola, che rischiano di tornare a essere un argomento di discussione solo fuori dal campo, perchè sui 28 metri c’è poco da dire.
Vacanze anticipate anche sull’altra sponda angelena, con i Los Angeles Pauls che soccombono in 6 gare ai migliori Grizzlies degli ultimi 2 anni. Non so se Del Negro è ancora lì perchè gradito a Paul (visto che gli fa fare tutto quel che vuole), o perchè ha rapito un figlio del proprietario: in un caso o nell’altro, credo sia però il momento di dare a Paul un allenatore che gli permetta (o che lo obblighi) di fare il salto di qualità. Che in stagione regolare possa dominare una partita come se la giocasse con la Playstation ormai è chiaro a tutti. Che però ogni volta debba sfracellarsi contro il muro della realtà nei PO, scoprendo che senza giochi strutturati in post season l’improvvisazione non basta, a me sembra crudeltà pura.
Infine anche i Rockets abbassano la serranda dello spogliatoio, ma sono forse delle 8 squadre eliminate sono gli unici che possono andare in ferie col sorriso. Prima della firma di Harden non erano accreditati per raggiungere la doppia cifra di vittorie in stagione. Con Harden non si pensava potessero arrivare ai PO a ovest. In postseason sembravano poter essere solo una vittima sacrificale, esibendo al massimo qualche sfuriata offensiva del Barba. E invece hanno scoperto che Parson, reputato poco più che un filler, potrebbe far parte tranquillamente di un quintetto di una squadra con ambizioni serie, che Beverley è un play di riserva più che rispettabile, che Asic merita fino all’ultimo dollaro del suo contratto, e che Harden è effettivamente un padreterno anche in un contesto di PlayOffs, contro una difesa concentrata solo su di lui. Il tutto NON OSTANTE McHale in panca. Non vinceranno il titolo il prossimo anno, però con 1 o 2 scambi azzeccati o firme di free agent (tutt’altro che impossibili) potrebbero aver messo le fondamenta di un gruppo che può competere ai massimi livelli per i prossimi 5-6 anni.
Non mi sono dimenticato dei Biancoverdi, vorrei solo ringraziare il Capitano e il Bigliettone per quanto hanno fatto ancora in gara 5 e 6, ci dedicheremo ad un’analisi più dettagliata a bocce ferme.
Questo doveva essere il preambolo. Anche stavolta, temo che siamo andati un po’ lunghi…
Andiamo quindi rapidamente a fare i pronostici del secondo turno, essendo un po’ facilitato dal fatto che al momento in cui scrivo sono già state giocate due gare per ogni serie.
MIA – CHI: 4 – 2
Del miracolo a Windy City abbiamo già parlato qua. Ma ora siamo decisamente fuori controllo. Con 1 starter e mezzo (Boozer e quel che resta di Noah), dopo una serie estenuante a 7 gare finita due giorni prima, contro i campioni del mondo riposati e a casa loro, i Tori vincono gara 1. Danno anche ad intendere per 2 quarti e rotti di gara 2 che sono lì per giocarsela, poi LeBron decide che questa si vince, e che tirerà dal ferro ogni sacrosanta volta. I Bulls sostanzialmente non possono far altro che dirgli “prego, si accomodi”, non ostante un clamoroso campionario di sguardi truci, botte da orbi e tecnici assortiti. Gara 2 è un blowout, sebbene di Bosh non ci siano tracce da un po’, e Wade sia irriconoscibile (si vocifera dipenda da un ginocchio malandato, ma non ci sono conferme ufficiali). La serie non c’è realmente, LeBron da solo può battere tutti (oddio, tutti, quei 5 o 6 che son rimasti) i Bulls, non ostante il genio assiso sul loro pino. Siccome, citanto sempre il Thib, il cuore è il muscolo più forte che abbiamo (ma chi gliele scrive le frasi a questi?), credo che Chicago riuscirà a strappare un’altra gara casalinga; meglio non si può proprio fare. Ah, certo, poi ci sarebbe D-Rose: All in for D-Rose, ma lui resta out. Cioè, sta clinicamente benissimo, si allena normalmente con i suoi da 2 mesi, probabilmente li bastona anche in allenamento, ma poi la sera della partita preferisce mostrare al mondo il suo Armani nuovo. Non credo sinceramente che Rose sia una fighetta (scusate il termine un po’ tecnico), se non rientra evidentemente sente che qualcosa ancora non va. Ma considerando che i suoi stanno giocando sulle ginocchia pur di essere in campo, forse una mano potrebbe provare a darla…
NY – IND: 4 – 2
Siamo sull’1 a 1, con NY che si sveglia di soprassalto alla fine di gara uno e si ritrova asfaltata da dei Pacers che, marrani, sono venuti lì per provare a vincere. E dire che loro speravano in una vittoria a tavolino e il sagace Woodson aveva preparato la partita in quel senso. Che in realtà in stagione regolare il vero allenatore fosse Kidd, mentre Woodson è ancora e sempre rimmarrà il puzzone che abbiamo imparato a disprezzare negli anni? Gara 2 rischia di finire allo stesso modo, sostanziale parità all’inizio del terzo quarto, Knicks che giocano male (come dall’inizio dei PO, per altro), JR sparito dopo aver ritirato il premio di sesto uomo dell’anno: gli hanno spiegato che la stagione non è finita? Fortunatamente però Melo, così come in gara 6 con i Celtics, si ricorda di essere un fenomeno e di essere … i Knicks, e così decide finalmente di essere decisivo quando conta, portando i suoi fuori dalla palude. Rischia di essere tutto inutile perchè per gara 3 è minacciato il ritorno di Stat, famoso nella città che non dorme mai per il suo impatto positivo sull’andamento della squadra e sull’Ammmore in spogliatoio. Contro i veri Knicks visti in stagione regolare Indiana non avrebbe possibilità. Contro i Knicks da post season, Indiana sarebbe sicura di vincere. E’ probabile che NY continui a giocare male, ma che i Pacers, famosi loro pure per scomparire nel momento del bisogno (ma anche in altri momenti, a caso) probabilmente non ne approfitteranno per assestare il colpo mortale, e quindi Melo coprirà in proprio il gap e porterà i suoi in finale di conference.
OKC – MEM: 4 – 2
Diciamoci la verità: fin qui (1 a 1) ai Thunder è andata bene. Una squadra che come unico gioco offensivo ha l’isolamento della sua stella, per quanto questa sia irreale, non può battere una squadra organizzata come i Grizzlies. Durant ha fatto due gare irreali, per altro con minutaggi da operaio di fonderia durante la rivoluzione industriale, che perdurano dalla dipartita di Westbrook, ma può farne altre 3 così (oltre 30 punti col 50% dal campo) nelle prossime 5? Con addosso una staffetta tra Allen e Prince, e le due torri a chiudere l’area in aiuto? E se anche lo facesse, ci potrà essere almeno un altro compagno in ognuna di queste 3 partite a giocare la gara della vita (insensate e probabilmente irripetibili le performance realizzative di Martin in gara 1 e Nonno Fisher in gara 2)? L’impressione è che la sconfitta dei Grizzlies in gara 1 sia stata abbastanza episodica, e che la vittoria in gara 2 sia stata raggiunta senza bisogno di fare niente di veramente speciale. Un’ulteriore sfuriata offensiva di Durant, magari col supporto di Ibaka (ininfluente nei primi 2 episodi), magari nella quinta partita fra le mura amiche, è nelle carte. Ma più di questo? Io non ci credo.
SAS – GSW: 3 – 4
E questo è il mio pronostico audace. Prima di vedere gara 1 sinceramente avrei detto 4 a 1 Spurs. Troppo duri di testa (a differenza dei Nuggets), troppo lunghi sotto, troppo tecnici, panchina troppo lunga, e soprattutto Parker non marcabile da Curry e lo stesso Curry impossibilitato a tirare dietro le lunghissime braccia di Leonard. Dopo gara 1, dopo aver buttato via la palla gol della vita, più 16 a 4 minuti dalla fine, ho pensato che forse avrebbero anche potuto farcela, ma dopo quella tranvata da cui nessun pugile può rialzarsi, si sarebbero sciolti. Poi ho visto gara 2, li ho visti saltellare e scherzare nei tunnel prima dell’inizio della partita, e lì finalmente ho avuto l’illuminazione: questi sono completamente incoscenti. Blanditi e rincuorati dalle parole del loro coach-predicatore, che ha fatto un discreto lavoro tecnico ed un clamoroso lavoro motivazionale (ai limiti del lavaggio del cervello), questi sono convinti di non poter perdere. E quando tu ne sei genuinamente convinto, e soprattutto quando cominciano a convincersene anche gli avversari, allora l’aspetto tecnico (che li condannerebbe chiaramente alla sconfitta contro SanAntonio) diventa meno importante. Gara 2 è un trionfo, Curry è sempre clamoroso, ma stavolta è Thompson (secondo anno, ottava gara di PO in vita) l’eroe di giornata. Ma c’è anche Green, il rookie (e non esattamente la prima scelta) che si sciroppa 37 solidissimi minuti, così come per altro aveva fatto Ezeli (situazione analoga) in gara 1. Per non parlare di quel veterano che evoluisce alla posizione di 3-4: chissà quante partite di post season avrà già giocato Barnes per dimostrarsi così a suo agio in questa situazione? Chiude il cerchio Bogut, passato dal correre forsennatamente e senza costrutto da un lato all’altro del campo nelle prime due partite contro Denver in alta montagna, all’essere un centro dominante, 30 minuti di rimbalzi, tiri ad alta percentuale, buone letture e stoppate in aiuto. Se devo scommettere su un upset, questo è decisamente il mio favorito.
Vae Victis