REGGIO EMILIA – Vince la Reyer ed è giusto così. Vince perché commette meno errori nei momenti decisivi, vince perché legge meglio le situazioni difensive e offensive, vince perché Reggio non trova contromisure valide su Diawara e Szewczyk. Il match che doveva essere di preludio ai playoff va all’Umana di coach Mazzon, che conduce la gara dal primo al quarantesimo minuti seppur la Trenkwalder torni a stretto contatto di gomito per tre o quattro volte per poi perdersi al momento di impattare la partita.
DIFFICOLTA’ REGGIANE. La Trenkwalder inizia con Antonutti nei cinque, nonostante le condizioni del miglior tiratore da tre del torneo non siamo per nulla buone. Ma è Venezia a uscire più forte dai blocchi, con Magro e Szewczyk che colpiscono da sotto e dall’arco, ai quali si aggiunge Diawara. La Reyer vola via subito e si porta in un amen al +9, 4-13, con la formazione biancorossa che non riesce a trovare fluidità offensiva e che concede tanto dietro, venendo impallinata come un tordo dai ribaltamenti di lato dell’attacco lagunare. Non basta Taylor e un Brunner con buon impatto offensivo, la formazione di coach Mazzon non accenna a rallentare e chiude il primo quarto avanti 12-25, per poi bloccarsi offensivamente anche grazie a una ritrovata cattiveria reggiana, che sporca palloni e inizia a chiudersi bene nel proprio pitturato, concedendo poco agli oro-granata. Cinciarini prova a suonare la carica ma i suoi non riescono mai a completare la rimonta, fermandosi al -3 con i due tiri liberi di un Jeremic sempre più oggetto misterioso.
TIRA E MOLLA. Il filo conduttore della gara non cambia nel secondo tempo ma perlomeno Reggio pare un pizzico più aggressiva, costringendo la Reyer a sudarsi ogni possesso. L’accoppiamento Diawara-Slanina è deleterio per i padroni di casa, che vedono il francese fare il bello e cattivo tempo sotto le plance e mettendoci una vita a trovare qualcosa che potesse limitarne la fisicità. La gara sembra la replica del primo tempo, con Venezia che prova a scappare per poi venire riagganciata o quasi dalla Trenkwalder, che con Taylor prova a giocarsi tutto nell’ultimo parziale, dove però gli ospiti riescono a portarsi al nuovo +12 proprio ad un paio di minuti dalla fine dopo dieci minuti di sostanziale equilibrio. Reggio ha ancora la forza per rifarsi sotto e, a 40” dal termine, Taylor ha la palla del pareggio tra le mani, ma la lunga meditazione dalla linea dei 6.75 non serve e la palla s’infrange sul primo ferro. La Trenkwalder non segna più e Venezia chiude la porta a doppia mandata dalla lunetta per una vittoria che conferma il momento magico dei lagunari.
Trenkwalder Reggio Emilia – Umana Reyer Venezia 69-75
Parziali: 12-25; 25-15; 13-17; 19-18
Progressione: 12-15; 37-40; 50-57; 69-75
Salastampa
Max Menetti
“Abbiamo commesso pochi errori ma abbiamo peccato di cattiveria e ci abbiamo messo troppo tempo per trovarle la giusta mentalità. Venezia ha vinto con pieno merito e in partite di questo tipo appena commetti un errore l’avversaria ti punisce subito, è un attimo andare sotto prendendo un 10-0 di parziale. I dubbi su alcuni giocatori? Dobbiamo sostenerli a pieno e fargli sentire la nostra vicinanza, non cambieremo nessuno ad andare al finale di stagione; questi giocatori ci hanno portato fino alle Final Eight, sarebbe folle cambiare”.
Andrea Mazzon
“Grande vittoria in un palazzetto che aveva fatto soffrire tantissime squadre e dove Reggio si esalta. Abbiamo saputo soffrire contro una squadra che gioca un bel basket. Una vittoria che voglio dedicare a tutta la società, ai tifosi, allo staff, davvero a tutti perché premia tanti mesi di duro lavoro”
MVP – Simon Szewczyk: il polacco è un incubo per la difesa reggiana, che non riesce a contenerlo ne da sotto ne da fuori. Chiude con 27 punti e un 4/8 da tre di cui tre nel primo quarto, decisive per scavare il solco. In più aggiunge al bottino 6 rimbalzi
WVP – Dominic James: difficile salvare anche una singola cosa dell’americano biancorosso. Pasticcia con la palla, non attacca mai il ferro nonostante abbia il tritolo nelle gambe, non segna veramente mai. I mesi passano ma il punto interrogativo sulla sua testa è sempre più grande