PROMOSSI. Siena, e chi sennò?? 5 in fila and still counting (come letto sulla schiena di un arzillo maratoneta a NY, anche se lì il numero era 18 -!-. Ma questa è un’altra storia…), dopo lo 0-3 iniziale ed il baratro degli ultimi 5′ con lo Chalon, da ultimo indicato anche da Banchi come il turning point di questa prima parte della stagione (evvai con “l’avevo detto“!).
Non è che Siena vinca la partita del matematico passaggio di turno. No, la domina, non lasciando mai che possano sorgere dubbi: a metà del terzo quarto, il tabellone recitava 63-44! Così, anzi, insinuandone più d’uno, di dubbi, nelle cabezas di un Malaga che fino a quel punto era 6-1. Il tutto, 7 giorni dopo aver rispedito a casa il Maccabi con un quaderno con su scritto 89 volte “Siena è pericolosa, Siena è pericolosa, Siena è…”.
Da qui in poi, il punto interrogativo per Siena è “solo” dove potrà (e vorrà) arrivare, in una seconda fase lunga e complessa, anche recuperando Kemp oltre ad Eze, e con l’eventuale innesto di cui si parla; per intanto, le prossime due uscite si presentano come poco più di un buon allenamento, senza cedere comunque posizioni. Tanto più che, come previsto sin dal primo tiro di dadi, questo girone risulta l’unico con giochi già chiusi, visto che anche l’Alba è matematicamente qualificato: sicché non ci saranno scrupoli di poter “falsare” i risultati negli ultimi due turni. In teoria sarebbe una buona occasione per far sfogare un po’ chi finora è stato più nell’ombra. Pura teoria, parlando di una squadra che nelle ultime due partite ha visto come risolutori prima Hackett (sesto uomo di stra-lusso, ma pur sempre sesto) e Ress, e poi Rasic e Ortner, quest’ultimo meritatamente restituito al nostro Paese ed al basket che conta. Quando si dice (senza ironia) il collettivo, e del resto nell’incontro da vincere assolutamente, a fronte di un Brown sorprendentemente spettatore pagato, si contano cinque in doppia cifra e Carraretto a 9.
ARRESI. Cantù alza invece bandiera bianca, ma chapeau per quanto fatto sino a 5′ dalla fine della sfida dentro-fuori con il Pana. Lì, sul 59-54 e tanti meriti, come altre volte quest’anno i biancoblu hanno perso il filo, mentre dall’altra parte Sua Maestà Diamantidis dimostrava ancora una volta quanto vale.
A saldo -ché solo l’illusione di astruse congiunzioni astrali lascia margini, ma la scoppola rimediata in casa Khimki la dice lunga sull’abbandono delle speranze- si deve constatare che alla Trinchieri Band siano mancati i 5′ finali, costati carissimi almeno nelle due sfide col Pana e nella trasferta di Lubjana; probabilmente, una mancanza di esperienza a livello europeo e di finali caldi, soprattutto in regia. Anche se nessuno mi toglie dalla testa che, senza il drenaggio di risorse pagato al qualifying round, Cantù avrebbe cominciato ben diversamente il torneo e che poi, con ben altra fiducia (e meno infortuni), si sarebbe potuto raggranellare qualche punto in più, per sopravvivere anche nel girone più tosto.
Cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, filosofia spesso adottata dal coach (in foto), Cantù ha dimostrato ancora una volta che nell’Europa che conta di può stare eccome, per organizzazione (vedi qualifying round a Desio), pubblico e squadra. Il pubblico si gode le due serate con Fenerbahce e Khimki, ma anche le “buone sconfitte” col Pana. E la squadra accumula esperienza, che -unita al rientro degli infortunati ed al recupero delle energie “regalato” dai giovedì liberi- tornerà buona in primavera. Per non parlare della definitiva consacrazione a livello europeo di un Aradori prezioso anche in ottica nazionale. Insomma, a ben vedere, molto più che mezzo pieno, pur con qualche legittimo rammarico.
Nel girone, con l’eclissi di Cantù si celebrerà il passaggio di turno del Fenerbahce di Pianigiani, uscito comunque molto ridimensionato a Madrid. Nonostante i tanti volti noti, la squadra turca palesa molti passaggi a vuoto: veniali nella prima fase, ma che potrebbero costare parecchio nella seconda. Ed è divertente immaginare l’aplomb di Pianigiani davanti a “bassi” così, tipo il mitico time-out di Italia-Israele agli ultimi europei (chi non l’ha visto, lo cerchi su Youtube. Ne vale davvero la pena…).
SUICIDATI. A Vitoria, l’Olimpia versione 2012/2013 è riuscita ad arricchire la non pregiata collezione di catastrofi sportive. E i mesti tifosi che pensavano con il Partizan dell’anno scorso (da +21 a sconfitta nell’ultimo quarto, o giù di lì) di aver visto tutto, devono ancor più mestamente ricredersi.
Per i pochi ignari, il quadro. Da una parte Milano, reduce da una vittoria finalmente convincente in Eurolega, in casa col Cedevita, e da una trasferta altrettanto positiva in campionato. Se vince, passa il turno, ed in più vorrebbe vendicare la sconfitta patita all’andata davanti al proprio pubblico fischiante. All’altro angolo una squadra che fino a quel momento ha vinto in Europa una sola partita (massì, quella di Milano!), ha cambiato allenatore da pochissimo, e la settimana prima ha preso una spazzolata a Kaunas segnando solo 48 punti (!). Bene, ad un minuto dall’intervallo Milano domina 40-23, e si pensa “21′ al passaggio del turno”. Seh, buonanotte. Neanche da dire che i baschi si trasformano, è proprio Milano che tira modello “campionato silver CSI”, ché il gold è già meglio.
La sensazione è che non sia materia di lavagnetta da coach, ma di lettino da psicanalisi. Che poi, parlare di problema di “testa” qui vale triplo. C’è (o meglio, non c’è) la testa di tutti o quasi tutti i giocatori, che si perdono appena non sentono più il fondo della piscina sotto i piedi. C’è (anche qui: non c’è) la testa della squadra in campo, viste le ultime azioni di Cook, dall’ultimo +3 ad un minuto e spiccioli dalla fine: palleggio insistito e palla inutile a Bourousis (che la perde), dimenticato San Emeterio (su cui era finito in rotazione) che mette la tripla del pareggio, persa incredibile in attacco (c’era fallo? E chi te lo fischia, cocco, se telefoni un orrido passaggino a centro area?!?), e Huertel -mica Kobe, neh!- che ti segna il sorpasso decisivo a -4″.
Ma la sensazione è che neppure la Testa di tutte le teste ci capisca tantissimo. Nessuna pretesa di allenare davanti alla TV, ma quando stai subendo a rimbalzo e sul pari a 25″ hai in lunetta un avversario non precisissimo, lasci in panca Bourousis, Hendrix e Chiotti tutti insieme? Dico, sarà mica così stupefacente se poi, sullo 0/2 ai liberi, il rimbalzo (decisivo, col senno di poi) lo prende quel pennellone furbo di Lampe, o no?
Il bello è che, nonostante i danni che prova a infliggersi da sola, Milano è ancora ad un passo dalla qualificazione: vincendo venerdì (premio nobel a chi ha fissato l’ennesima partita decisiva la sera di S. Ambrogio, giorno di fuga dei milanesi dal 300 D.C., o giù di lì) con lo Zalgiris Kaunas con contemporanea sconfitta di Vitoria a Istambul, si passerebbe senza poi dover andare a strappare una complicatissima vittoria al Pireo dall’altro re greco, Spanoulis (foto). Missione non impossibile per Milano, anche quella di questi tempi, contando magari sul fatto che il temibile roster lituano possa essere un po’ rilassato dall’anticipato passaggio di turno, come dimostrato dalla scoppola casalinga subita dall’Olympiacos (appunto, Re Spanoulis).
E IL RESTO. Perdere di trenta punti in casa, e festeggiare? Già, se siete goliardici iscritti al suddetto torneo Silver CSI, o se siete del Besiktas, promosso (come terza!!!) a dispetto della ramazzata recapitata dal Barcellona a domicilio. A conferma che il girone è quello ampiamente più debole, e a voler infierire sul rammarico di Cantù, per la quarta piazza restano ancora in corsa il Bamberg, il Partizan e persino il Lietuvos Rytas, con una vinta e 7 (sette!) perse. Il mio scellino lo punto sui tedeschi, non solo per il nome da torneo CSI, appunto, ma anche perché la sfida finale col Partizan la giocano in casa.
Maurizio Zoppolato