Certo, non è sempre opening night, con Boston e Miami con un grado di motivazione leggermente fuori scala…
Però la prima stagionale dell’NBA è stata un qualcosa che ti riconcilia col mondo. Verranno momenti bui, partite con meno interesse e sicuramente con meno impegno, ma intanto non posso che dire: “ben tornata NBA”.
Per chi come me avesse ancora in mente la prima stagionale di Miami dopo il primo titolo, ovvero un massacro in cui degli Heat satolli e completamente fuori forma (ricordiamo che in squadra c’erano Shaq e Walker, due che hanno portato il concetto di “fuori forma” a forma d’arte) sono stati asfaltati 66 a 108 da una non irresistibile Chicago, con un garbage time imbarazzante cominciato nel terzo quarto, diciamo che le cose sono cambiate.
Fa un certo effetto vedere Wade ritirare il suo anello (per altro dopo aver completamente ignorato David Stern) per penultimo, lasciando l’onore di chiudere la cerimonia al nuovo Re di Miami, Lebron “non sono più un choker” James.
Proprio Wade che solo 6 anni fa, dopo una prestazione in finale che al confronto faceva sembrare Superman come Ratman, e avendo portato a Miami il suo primo titolo di sempre, era salutato dai locali come la personalità sportiva più importante della città, avendo superato immediatamente un certo Dan Marino, personaggio che con l’ovale in mano qualche gioia a South Beach l’aveva pure data…
[b]La fredda cronaca[/b]
La partita è oggettivamente bella, un primo tempo fantastico, un secondo in cui Miami riesce a dare uno strappo, nel finale Rondo e Barbosa ricuciono, e alla fine gli Heat vanno a casa felici grazie ad un meraviglioso canestro da sotto di Bosh. Insomma, Tolkien non era così bravo a scrivere di fantasy…
Le difese sono modeste: molto impegnate (tutti i partecipanti sentivano l’evento), ma ad oggi troppo acerbe per poter essere efficaci. Gli attacchi invece tutta un’altra storia: fluidi, efficaci, partecipati. Small ball da entrambe le parti, con 4 piccoli e un centro. E anche sul centro ci sarebbe da ridire: Garnett era un vero uomo d’area nei primi 2/3 anni di carriera (e comunque anche allora, pur iniziando il movimento vicino a canestro, preferiva finire in fadeaway), oggi non lo è decisamente più, anche se ci ha deliziato nel finale con un power move in post basso da amarcord. Bosh … beh, è Bosh, e non credo di dover aggiungere altro. Insomma, a rimbalzo non si va, in area l’unico che dia un po’ di intimidazione è Wade (che con un onesto tacco 12 sfiora i 190cm), però gli attacchi vanno che è un piacere: campo largo, spazio per penetrazioni, ma anche per tagli sotto, specie dei piccoli, e frequenti riaperture per i tiri da tre (che tutti e 10 i giocatori in campo possono prendere).
E poi, essendo NBA al suo meglio, ci sono le STORIE.
La prima ovviamente è quella di Allen, gradito a Boston come un concerto di Ray Charles per aprire una convention del KKK. A inizio partita saluta Rivers, alcuni assistenti, e poi va perfino a dare un buffetto sulla spalla a quel simpaticone di Garnett. Beh, compagni per 5 anni, un titolo vinto insieme, chissà quanto affetto… Diciamo che il Bigliettone, in memoria dei bei vecchi tempi, ha evitato di sputargli su un piede, qualsiasi altra richiesta sarebbe stata eccessiva.
The Candy man comunque è sul pezzo, gli lasciano oggettivamente solo brutti tiri (e parlo dei compagni, non della difesa), ma lui un po’ per dispetto, un po’ perchè è innegabilmente un campione, li segna tutti. Come fosse Hoosiers. E a proposito, perfino Rashard Lewis entra e fa due cose del tutto inaspettate: segna una tripla su uno scarico (e credetemi, ultimamente non era cosa scontata) e soprattutto si accorge di essere marcato dopo un cambio difensivo da Rondo (che gli deve una ventina di cm) e, tutto da solo, decide di portarlo sotto. E segna pure!
Wade parte molto male, sembra una riedizione dello scorso anno, in cui prima si estrania dall’attacco, poi quando viene il “suo turno” forza 4 o 5 azioni di 1 vs 1 con risultati imbarazzanti. Poi però riesce a trovare la sua strada, si sblocca, e diventa immarcabile per il resto della partita (29 punti alla fine, e una certa dominanza fisica sul match), ricordando a tutti che qualche anno fa era lui il primo sportivo di Miami. Se resta così tutto l’anno, auguri a tutti.
Lebron è… semplicemente il giocatore che avrebbe sempre dovuto essere, ovvero l’arma tattica definitiva: perfettamente in controllo per tutta la partita, fa il play, fa tirare tutti, penetra, taglia, tira da tre solo nel terzo quarto, quando mette due bombe per uccidere la partita; domina la partita e non sembra nemmeno fare fatica.
Bosh difende. E bene. E questa potrebbe essere la notizia più importante della stagione Heat.
Lato Boston, da segnalare il solito Rondo, con un paio di scarpe rosa antico, che porta tutto il repertorio: dipsy doo, penetrazioni finendo con angoli impossibili, tricks da playstation e la solita fila di assist, alcuni clamorosi, a due mani schiacciati a terra partendo con la palla sopra la testa. Mi fa impazzire.
L’altro che si mette in mostra è il Capitano. Due triple all’inizio, di cui una da un metro buono oltre la linea, e poi un sacco di penetrazioni, molte delle quali chiuse con schiacciata: fosse stato in una forma comparabile a questa lo scorso maggio, gli anelli li avrebbe ritirati la sua squadra.
Fanno bella figura anche due nuovi arrivi, Barbosa (protagonista del cambio di ritmo che ha portato alla rimonta nel finale) e Courtney Lee: difende come un ossesso, si piazza sempre nel posto giusto per ricevere, e punisce con efficienza quasi innaturale sugli scarichi. Corre pure molto bene in contropiede, cosa non necessariamente negativa in questa squadra sempre più nelle mani di Rondo.
[b]Chi ben comincia…[/b]
Il risultato in sé ovviamente non conta niente, ma i Lakers cominciano nel peggiore dei modi la loro nuova era: prima una sconfitta di misura contro dei Mavs annunciati come cantiere in attesa del 2013, e messi ancor peggio dopo l’infortunio del Tedesco, e poi una seconda sconfitta contro i non irresistibili Trailblazers. In questa seconda per altro tutto quello che non vorresti vedere se fossi un tifoso Lakers, ovvero trentelli per Bryant e Howard, come dire: fortissimi, fanno anche del loro meglio, ma lo fanno ognuno nella propria direzione. Ribadisco, è un po’ presto per dire che sarà una stagione fallimentare, ma questo primo segnale mi sembra piuttosto brutto.
[b]Ma non imparano mai?[/b]
E non potevo chiudere senza dire qualcosa su uno scambietto minore che, semplicemente, ha cambiato la geografia dell’NBA moderna. Harden va a Houston in cambio di Martin, Lamb e un po’ di scelte.
Sulla trade in sé ho poco da dire, è sicuramente un win-win, che dimostra ancora una volta l’abilità di Presti. Il GM dei Thunder infatti si trovava a trattare da una posizione di netta inferiorità (doveva per forza scambiare il giocatore, e farlo entro 2gg). E non ostante questo ne è uscito con un pareggio.
I Thunder portano a casa Martin, che quest’anno può dare (se resta sano) punti immediati dalla panchina, cambio di ritmo, soluzioni alternative. E per altro dovrebbe essere anche piuttosto motivato, per la prima volta in una contender e in contract year. Se poi convincesse, l’anno prossimo lo si rifirma a cifre ben più modeste, altrimenti sono 10mln che si liberano. Lamb potrebbe evolvere in un giocatore molto interessante, e comunque non serve subito. E poi ci sono le 3 scelte. Insomma, tanta roba.
Houston d’altra parte si libera di Martin (non lo piangeranno in molti in Texas) e si porta a casa un giocatore che, al pari di Lin, attira l’attenzione dei media, degli sponsor e del pubblico, cosa fondamentale se hai una squadra che realisticamente non è e non sarà nel breve e medio una contender. Già, perchè il Barba mai nella vita può essere un primo violino NBA: può essere quello che ti fa la differenza tra vincere e perdere, ma non può essere su 48 minuti per 82 partite la tua prima opzione. Lui ovviamente alla prima uscita stagionale ne ha messi 37 con 12 assist, così, giusto per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Ma la mia valutazione complessiva non cambia.
Sulla trade quindi, come detto, nulla da eccepire. Quello che per me resta un mistero assoluto è il motivo per cui ci si è arrivati. Si chiamano dollari, e sembrano essere l’unica cosa che muove il mondo. Ora, io non voglio fare il moralista, e dire che non contano e ci sono cose più importanti, come onore, lealtà, amicizia, prestigio e la possibilità di eccellere, etc. Sto dicendo che è comprensibile, e per certi versi giusto, che i soldi sul lavoro (perchè per i giocatori comunque di lavoro trattasi) siano la prima cosa, ma che una volta che te ne sei assicurato una montagna, rinunciare ad averne alcuni extra in cambio delle cose citate sopra non è una brutta idea.
Alla fine pare che i Thunder avessero offerto 55mln in 4 anni, mentre con i Rockets ci si aspetta che Harden firmi per il massimo salariale, ovvero 80mln per 5 anni. A fare i conti, si tratta di una differenza di circa 3mln all’anno, che per me farebbero un po’ di differenza, ma ad uno che ne prende 13 (a cui si aggiungono quelli degli sponsors) non dovrebbero fare tutto questo effetto.
E quando parlo di stupidità per questo attaccamento ai soldi, non parlo solo del Barba. Forse la proprietà avrebbe potuto fare qualcosa di più, e forse i 3 compagni (Durant, WestBrook e Ibaka), firmatari di contratti importanti avrebbero forse potuto proporre una più equa ridistribuzione, che avrebbe portato a penalizzazioni dei singoli decisamente limitate.
E la controparte di queste rinunce non sarebbe stata proprio piccola: la possibilità di vincere (secondo me) almeno 2 anelli nei prossimi 5 anni, arrivando comunque sempre almeno in finale di conference.
Miami è più forte, ma non così tanto da essere certa di batterli sempre, e comunque più vecchia, quindi destinata ad un calo fisico, mentre i Thunder avrebbero solo aggiunto maturità ed esperienza. Le altre squadre, anche in prospettiva, non sono paragonabili. Senza Harden OKC cambia parecchio. Non era il giocatore più forte della squadra, ma sicuramente quello più determinante. Si pensi a quando ha vinto da solo gara 3 contro gli Spurs (i suoi sotto 0 – 2 e in palese assenza di polso), o a come siano stati spazzati via in finale quando lui ha giocato male.
E’ come Ginobili a SanAntonio, o Kukoc a Chicago: quella variabile impazzita che ti tira fuori dai guai quando più ti serve.
Martin può fare qualcosa di simile (se sano e se vuole) come realizzatore, ma non può cambiare una partita difensivamente, né costruire per gli altri, supplendo alle note carenze di Westbrook.
Insomma, ben sapendo che è facile fare gli splendidi con i soldi degli altri, io credo che Harden, Presti, Durant, Westbrook e Ibaka avrebbero potuto e dovuto trovare un accordo che permettesse a OKC di vincere il suo primo titolo. E invece, pur ovviamente senza essere arrivati agli estremi tragicomici di Portland, rischiamo di essere davanti a una squadra assemblata in maniera eccezionale, che rischia però di aver perso il treno e restare per sempre una splendida incompiuta.
Vae Victis
Carlo Torriani
2 Comments
psag
Bell’articolo,concordo in parte sulla seconda parte infatti okc è ancora tra le favorite ad ovest e può ancora vincere un titolo senza harden
Stock
Tra le favorite ad ovest, senza dubbio, bisogna però capire cosa vuol dire: con Harden era comparabile con Miami, superiore ai Lakers e con un buon distacco da LAC e SAS; senza il Barba, Miami è lontanissima, i Lakers sono meglio (al di là ovviamente del rischio implosione) ed è scesa al livello di LAC e SAS. Stiamo quindi sempre parlando di un posizionamento ad ovest tra la seconda e la quarta (in ottica potenziale PO, non record di RS, dove potrebbe ancora risultare prima), quindi dire che resta una favorita a ovest è senz’altro vero. Il titolo non è quindi impossibile, ma senz’altro molto più lontano