Remember this name: ITALY 2012 (di Domenico landolfo)
Sfogliando gli annali del basket, le grandi imprese di solito sono quelle vittorie che sovvertono pronostici e regalano attimi di intense emozioni a tutti gli appassionati. Questi che gli americani definiscono “upset” sono la dimostrazione che il lavoro di allenatori che sanno scommettere, credere negli atleti e nell’ottenere sempre il massimo da loro, alla fine paga. Potrebbe pensarsi al mondo colleggiale americano con la vicenda di Don Haskins e dei Texas Western, o magari alle vicende sempre d’oltreoceano di dream team battuti da una matricola (magari la vittoria dei Warriors sui Sonics nei playoff Nba anni 80). Magari, spostandoci nella nostra Italia, le storiche vittorie di piazze come Caserta, Pesaro, Treviso, la coppa campioni di Roma, realtà piccole che divenivano giganti. Certe volte la storia la scrivono quelle partite epiche che perdi. Sembra che spesso non ci sia posto per tutte le emozioni, e soprattutto che queste partite che ci fanno battere il cuore siano legate solo alla pallacanestro maschile.
Nell’ultimo mese e mezzo, magari a fari spenti, magari con più lavoro e dedizione, coach Roberto Ricchini, tutto il suo staff e la nazionale del nuovo ciclo, hanno dato una risposta che in pochi si aspettavano e che ci ha ricordato che la pallacanestro in rosa del Belpaese non deve solo guardae al passato, o all’oro di Poprad, ma ha un domani che è fatto di bel gioco e di una “bella gioventù”. Un gruppo formato da solo due trentenni come Masciadri, capitano indiscusso, e da Wabara, che ha fatto saltare tutti sulla sedia con le sue difese chirurgiche che spegnevano qualsiasi giocatrice avversaria volesse mettersi “on fire”. E’ la vittoria del gruppo delle esperte, da Sottana, più forte di infortuni, di crisi societarie, di stagioni passate sempre nell’attesa di una consacrazione che non fosse legata solo alla bacheca di trofei vinti. Ha preso in mano le chiavi di una squadra nuova e che doveva conoscersi e, come fatto magistralmente quest’anno a Taranto, ha segnato, creato gioco e ha portato in alto la testa a guadare il cielo, la bandiera e non ha mai mollato un centimetro sul campo. E’ la vittoria delle Zanoni, delle Cinili, giocatrici che spesso vengono sottovalutate anche dai nostri stessi club perchè non hanno l’appeal americano. Entrambe, però, hanno dimostrato di poter essere l’arma in più di una nazionale compatta e coesa, che trovava di volta in volta il suo totem a cui fare affidamento. Come dimenticare le altre:ognuna di loro ha portato un mattoncino, piccolo o grande che sia alla causa azzurra: dai canestri “ignoranti” di Crippa, all’intensità in uscita dalla panca di Gatti, dalle triple di Bagnara all’esuberanza senza freni di Santucci. Dalle “fatiche” di Fassina alla freschezza di Gorini, e poi le combattenti, anche se meno utilizzate, sempre a giocare col cuore, come Fabbri, Laterza, Mariani, Spreafico e Toganlini, oppure “l’italo-americana” D’Alie, testimonianza assieme a questo nucleo che c’è tanto talento nascosto anche nella nostra A2, spesso vero vivaio per la nostra formazione nazionale. Ultimo tassello, forse il più prezioso in prospettiva, ma il più significativo, Ale Formica, che è il simbolo del basket italiano che vuole rinascere, lei che è in una piazza storica come Venezia, che ha fatto la B eccellenza e che vuole riportare in auge una città che vive di pallacanestro. In un momento come questo, dove piazze storiche scompaiono, come Como, Cervia, reggio Emilia, Campobasso, Cavezzo, questa è l’impresa che va sottolineata e messa negli annali. Uniti, con zelo e determinazione, questo gruppo può crescere e andare lontano. Sette vittorie, solo un ko, quello dell’esordio in lettonia, poi prestazioni convincenti e oltre ogni immaginazione. Resta da dire solo una cosa, Grazie ragazze!!
Domenico Landolfo