Dopo il triste giorno del “no” di Bruno Zago, tra alti e bassi, non si è più raggiunto, giustamente, un accettabile livello di ottimismo. Ed anzi, con gli articoli dei giornali locali di giovedì e venerdì scorso (28 e 29 giugno), nei quali si descrivevano le operazioni di svuotamento degli uffici della Ghirada, si è toccato il picco di pessimismo e tristezza. E sarebbe un vero azzardo, ahimé, vedere con entusiasmo la decisione concedersi altri 10 giorni per scovare quel “salvatore” che non si è trovato in quasi un anno e mezzo di ricerca: la situazione rimane oggettivamente disperata e la sensazione è che questa decina di giorni sarà con ogni probabilità un crudele prolungamento dell’agonia del malato terminale; ma speriamo in un epilogo “alla Dr. House”…
Ricostruendo gli accadimenti degli ultimi giorni, ricordo che il passo indietro di Bruno Zago, il leader del Gruppo Pro-Gest, il 18 giugno scorso, ha gettato tutti nello sconforto. Alla comunicazione della decisione è seguita, ovviamente, anche qualche polemica. In verità non è facile giudicare questa scelta, perché molti aspetti della vicenda non sono probabilmente stati divulgati. Di sicuro, però, non c’è stata molta correttezza nella tempistica. Tutti davano infatti per sicuro il coinvolgimento nel progetto del “signore della carta” ed il suo dietro front a pochi giorni dalla fatidica data del 30 giugno è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno.
Il ruolo di Zago avrebbe dovuto essere quello di “garante”. Per la cessione gratuita del titolo sportivo alla nuova compagine societaria, Verde Sport ha infatti posto come condizione la presenza di un soggetto importante, che dovrà accollarsi determinate responsabilità: la firma di contratti e fidejussioni e, aspetto che pare abbia avuto un peso determinante nella decisione di Zago, la disponibilità ad accollarsi le spese (ci sono sempre) “extrabudget”. Ripeto, non ci sono sufficienti elementi per mettere in croce Zago (che ha motivato la sua scelta dicendo di non aver visto nomi altri imprenditori di peso disposti ad affiancarlo), ma è un peccato pensare che il progetto di salvataggio, che a questo punto probabilmente fallirà, fosse arrivato ad un passo dalla meta. Sembra infatti che il budget accumulato dal consorzio UniVerso Treviso sarebbe sufficiente per imbastire un campionato di Serie A ai limiti della decenza. Pensando che per l’entrata di altri sponsor si potrebbe lavorare anche nei prossimi mesi, ribadisco che quella che al momento manca è solamente la figura del garante.
La prima contromossa all’uscita di scena di Zago è stata la creazione del Comitato “Treviso io ci sono”: una sorta di azionariato popolare, richiesto da molti tifosi e promosso, tra gli altri, da un attivissimo da Paolo Vazzoler. È chiaro che lo scopo dell’iniziativa non è tanto quella di raccogliere il foraggio sufficiente a tenere a galla l’A.P. Treviso (impossibile, a prescindere dai pochi giorni a disposizione), quanto quello di mostrare a chi di soldi potrebbe metterne molti che in città c’è interesse per il basket ed un legame forte con la squadra. Finora sono stati raccolti circa 70.000 euro, con poco meno di 400 adesioni (poche, a mio giudizio). Ora pare che Vazzoler e Djordjevic (che continua a dimostrare un sorprendente coinvolgimento) siano alla ricerca di possibili investitori fuori dai confini italiani. Senza voler illudere nessuno, qualcosa che bolle in pentola c’è. Stiamo a vedere…
Fra 10 giorni potranno configurarsi 3 scenari. Se sarà trovata la figura del garante l’A.P. Treviso parteciperà a prossimo campionato di Serie A (al quale si è regolarmente pre-iscritta). In caso contrario, Verde Sport potrebbe non cedere il diritto sportivo, decretando così la morte dell’A.P. Treviso, oppure cederlo comunque, dando così la possibilità di ripartire dalle serie minori; soluzione, quest’ultima, che in fondo non sarebbe la fine del mondo.
Paolo Brugnara