Ieri dicevamo che un dirigente, soprattutto se debutante, va sostenuto ed aiutato. A Roma invece in questi dieci anni si è sempre fatto il contrario.
Si è pensato perciò di spendere le risorse economiche maggiormente sul campo da gioco, prendendo quindi grossi campioni a fine carriera o quasi e giovani speranze che sono sempre rimaste tali quando hanno indossato la maglia della Virtus, salvo poi sbocciare miracolosamente appena messo il naso fuori dal GRA.
Alcune scelte sugli allenatori e sui giocatori sono state buone ed anche fortunate ma, e la stagione della finale Playoffs persa a testa alta contro Siena nel 2008 lo prova: nel momento in cui si sarebbe dovuto cementare quel roster, ritoccandolo nei punti deboli per renderlo quindi potenzialmente vincente l’anno successivo, si è passati invece alla rivoluzione tout court generando come risultato finale a dicembre dello stesso anno la fuga di Jasmin Repesa e l’investitura di Nando Gentile (toh, un altro debuttante in un ruolo chiave..), a Capo Allenatore, culminata con la fragorosa quanto inaspettata eliminazione da parte di Biella al primo turno dai Playoffs: una debacle clamorosa !
Adesso è il turno di Boscia Tanjevic, Direttore Tecnico a distanza, un uomo
sul quale c’è poco da dire per quanto tutti abbiano stima di lui, in Italia e nel Mondo come Capo Allenatore, ma debuttante anche lui nel ruolo. Capace, ad esempio, di farsi scappare dalle mani un giocatore praticamente già contrattualizzato dopo essergli stato addosso per mesi, al secolo Vladimir Dragicevic da Podgoriça finito al Caja Laboral in ACB, e senza quindi aver trovato un sostituto all’errore di dar via Josh Heytvelt in febbraio senza preoccuparsi delle condizioni fisiche di Angelo Gigli (e nulla conta poi che lo stesso Tanjevic lo avesse fatto arrivare a maggio dell’anno scorso in fretta e furia, assieme a Washington, prima dei PO contro Caserta).
E potremmo continuare snocciolando esempi sulla figura di Piergiorgio Bottai, General Manager senza portafoglio perché di fatto nessuno sa bene con certezza cosa debba fare ed in quale direzione, quali obiettivi e quali mansioni abbia. Di lui si sa con certezza che abbia contrattualizzato due anni fa per 4 anni gente come Herve Tourè ed Andrea Crosariol, due soli giocatori per indicare un talento, il francese, schizzoide e mai resosi utile ad un gioco di sistema come invece avrebbe desiderato Matteo Boniciolli ed il secondo, il “…Centro più forte che l’Italia abbia mai avuto..”, come dichiarò lo stesso coach triestino, personaggio cestisticamente involuto per bocca di chi conosce bene il basket, senza contare anche strani atteggiamenti del centro milanese in allenamento, poco propensi alla coesione del gruppo.
In questo contesto sarebbe stato difficile vincere qualcosa o fare risultati senza un’ossatura seria, credibile, affidabile a fungere da fulcro per una squadra destinata a stupire, un gruppo coeso che possa far respirare attorno a se un clima positivo e che profuma di palla a spicchi e di cotone bruciato nell’atto nel canestro senza aver toccato il ferro. Ecco cosa manca da sempre alla Virtus Roma, ecco in cosa si deve migliorare per operare una virata decisa verso la definizione di un team sportivo di carattere professionistico.
Perciò nessun stupore se, ad esempio, una squadra come questa Virtus riesce anche a battere il Maccabi in casa nelle Top 16 e che rende molto difficile la vita al Barcellona sempre tra le mura amiche, ma poi non riesce nella “titanica” impresa di battere a domicilio oneste squadre del campionato italiano quali Cremona, Varese, Montegranaro, Sassari, o la Caserta arrendevole di quest’anno ed infine Pesaro per raggiungere i Playoffs. Nessun stupore perché la supponenza, la superficialità con cui molti dei giocatori in maglia Virtus hanno affrontato queste partite sono la prova del vuoto assoluto attorno a loro, del colpevole vuoto lasciato attorno a loro. Perché fuori casa, per vincere in campi come quelli testè citati, oltre alle capacità tecniche, ci vuole coraggio, grinta e determinazione, caratteri pressocchè assenti negli sguardi vuoti di molti dei giocatori virtussini. Troppi a guardare le proprie prestazioni ed i propri numeri, pochissimi a pensare alla squadra.
Ecco quindi le mancanze, a mio avviso dolorose e tragiche, nell’amministrare una squadra sportiva professionistica ed il principale responsabile, nonostante quest’anno si sia solo limitato a mettere il propellente nel motore ed a far decidere i suoi manager, è facilmente identificabile.
E’ il Presidente che accetta Sasha Filipovski per gestire qualcosa di difficilmente gestibile nel momento in cui, con Boniciolli, si sarebbe potuto vedere almeno sputare sangue sul legno. E’ sempre lui che non è riuscito, se non in sporadici casi e per brevissimi periodi, a cercare un’intesa politico-sportiva con le numerose società dilettantistiche romane, che crescono i propri ragazzi in netto antagonismo con la Virtus che dovrebbe invece rappresentare il punto d’arrivo ideale del loro sogno sportivo. E’ lui che dopo l’umiliante eliminazione dai Playoffs contro Biella inveisce contro gli aribitri, rei di aver remato sempre contro la Virtus, e non dice nulla contro Gentile che contro i piemontesi manda in tribuna Brandon Jennings al posto di Golemac in tutta la serie, dimenticandosi che il ragazzino americano aveva derubato il duo Spinelli-Joe Smith di ben 12 palloni in una delle due gare in stagione regolare. E’ lui che perde, o non prende Richard Mason Rocca per una differenza di 20.000 Euro nel momento in cui Napoli si sfaldava, quel centro che poi finalmente decide di far acquistare e che si chiama Primoz Brezec, 7 anni in NBA ma dal fisico giustamente minato da due anni di guai fisici che lo costringe a rendere neanche al 40% del suo potenziale. Invece di attendere la sua completa guarigione, da il suo placet alla cessione per vederlo poi giocare in modo più che sufficiente nel campionato russo.
Da dove si riparte adesso ?
Come purtroppo già accaduto negli anni passati nell’osservare questa triste Virtus perdente, nell’immediato non si sa nulla, non si comprende nulla, il silenzio regna sovrano. Solo alcune, singolari interviste, ovviamente in netta contrapposizione tra di loro, rilasciate alla stampa nazionale sia del Presidente (come già evidenziato, ndr), che da Boscia Tanjevic mentre ad esempio a Biella si confermano subito gli ultimi arrivati ed a Bologna si risolve il contratto con Lino Lardo.
Qualcosa però sappiamo: al 90% la perdita del main sponsor Lottomatica e di altri sponsors minori avendo anche perso la licenza d’Eurolega e mesto ritorno al PalaTiziano per le gare interne: per chi ha cuore le sorti del basket a Roma una vergogna non da poco.
L’unica cosa che aspettiamo è di vedere nei gangli societari qualcosa che assomigli ad una struttura professionistica, che consegni autorevolezza e rispetto a se stessa e che incuta anche un po’ di sano timore a chi indossa questa maglia affinchè non si pensi di giocare e far bella figura solo in Eurolega, ad esempio, ed invece dormire sonni pesanti in campionato, cose viste spesso quest’anno fuori dal Palalottomatica. Ripartire già da qui sarebbe anche più che sufficiente per provare a risalire la china, quantomeno provarci, sperando che si faccia, finalmente ed una volta per tutte, tesoro degli errori commessi, smettendola di prendersela contro questo e contro quello e non volendo ammettere che il problema di base non alberghi nelle segrete stanze di Viale Tiziano. Roma non merita questo, merita ben altro !
Fabrizio Noto/FRED