CUCCIAGO (CO) – Il primo dubbio per coach Trinchieri era chi, tra il forte centro austriaco Ortner ed il neo acquisto Scekic, mandare in campo. Con una scelta coraggiosa e sicuramente non del tutto condivisibile sul piano squisitamente tecnico, ha optato per la seconda soluzione, da cui ha tratto comunque buon profitto solo dal punto di vista fisico agonistico soprattutto in difesa, nel contrastare la fisicità dei vari Hawkins, Eze, Rocca. La N.G.C. Arena offre uno spettacolo d’altri tempi, grazie al tifo appassionato dei propri sostenitori, colorato da instancabili cori d’incitamento verso i propri beniamini e dall’esposizione di una mega bandiera che copre l’intera gradinata riservata alla loro frangia più calda, creando il clima suggestivo d’inizio gara, proscenio ideale per lo svolgimento del derby numero 144 tra la Pallacanestro Cantù e l’ Olimpia Milano. Match che si sblocca con un bel tap in di Leunen a ribadire a canestro una sua cattiva conclusione da sotto.
L’avvio è molto contratto su entrambi i fronti. L’importanza della posta in palio e l’attenzione rivolta dai difensori ai rispettivi attacchi, mantiene il punteggio basso e uno spettacolo tecnico non rilevante. Uno sfondamento di Karl, apparso sin dalle prime battute abulico e improduttivo, segna il primo allungo significativo per la Bennet grazie ad un parziale di 11-2. Lo staff di un Dan Peterson, poco appariscente anche nella veste di un improbabile soggetto da ritorno dal passato questa volta di Robert Zemeckis, è costretto a chiamare il primo time out della serata, cercando un rimedio da opporre al tentativo di fuga dei padroni di casa, capitanati dal solito stratosferico fuoriclasse, rispondente al nome di Nicolas Mazzarino, autore di due triple nel primo periodo, paragonabili a due ganci del miglior Mike Tyson dei tempi d’oro. Due canestri di un buon Greer e due della premiata ditta Mancinelli-Mordente, ricuciono lo strappo grazie ad un parziale di 7-0, riportando l’Armani a -5. Un fuoco di paglia sedato immediatamente dai pompieri Tabu e Mazzarino, grazie a dei canestri dalla lunga distanza, ben costruiti dai propri compagni. Il primo periodo si chiude sull’eloquente 22-11 per la Bennet Cantù.
Il secondo periodo annovera l’ingresso in campo di uno spaesato e stralunato Pecherov. Apporto quasi nullo ed atteggiamento molto simile ad un astronauta più che ad un giocatore di basket: comincia a sparare a salve dai 6.75 mettendo a referto solo una tripla e due facili canestri, di cui uno a seguito di una contestata azione in contropiede, susseguente ad un fallo non fischiato su Mike Green. Ma è David Hawkins, nel periodo, a dare frutto ad una tattica ostruzionistica da parte dell’Armani, protesa a spezzare gli ingranaggi di gioco della Bennet, con continui falli e cambio di difesa sugli avversari. Forse una tattica più spregiudicata sarebbe stata più prolifica per i colori milanesi che, oltre a difendere il proprio blasone, dovevano dare una minima sensazione di corazzata metropolitana, non riuscendoci e giocando ai livelli di piccole squadre di provincia come Cremona, Sassari o Biella. Brava la Bennet ma troppo inconsistente l’Armani, anche se all’intervallo lungo si va solo sul 34-29 per i padroni di casa.
Una doppietta di Micov in azione solitaria, più una tripla del solito incommensurabile Mazzarino, MVP dell’incontro e top scorer con 16 punti, ristabiliscono le distanze in un terzo periodo in cui si segna pochissimo, per il lievitare del gioco duro, tutto a scapito dello spettacolo che ne risente in modo pauroso. La testimonianza sono le sportellate da incontro di wrestling, tra Mason Rocca e il serbo Scekic. Solo sul finire del periodo una tripla di Mordente ammortizza il +10 di Cantù, riportando Milano ad un – 6 che lascia qualche speranza di rimonta solo ai tifosi più ottimistici ma non a chi si intende di basket.
Il quarto ed ultimo periodo si apre con un botta e risposta tra Greer, sicuramente il migliore tra i suoi, e Green da tre. Un bel fuoco d’artificio di un finale di match che vede Cantù molto concentrata in ogni componente e settore di campo, che annusa il primo successo in una serie che si preannuncia combattuta forse solo nella partita di Milano ed in Gara 3. Una tripla fallita da Hawkins, qualche palla persa banalmente in transizione offensiva per Milano, un buon canestro in penetrazione di Mazzarino e qualche bel gioco in attacco del duo Leunen-Scekic per Cantù, mandano Gara 1 ai titoli di coda, con l’affermazione netta, al di là del dato numerico, della Bennet Cantù.
Bennet Cantù-Armani Jeans Milano, 62-48
Parziali 22-11; 12-18; 11-10; 17-9
Progressione 22-11; 34-29; 45-39; 62-48
Sala stampa
Peterson
Esprimo i miei complimenti a Cantù, che ha disputato la sua solita partita, costruendo dei buoni canestri. Le statistiche sono impietose nei nostri confronti, se aggiungiamo che uomini del calibro di Jaaber e Karl non hanno segnato, allora il quadro è ancora più desolatamente nero. Per fortuna che esiste il filmato della nostra disfatta, per poter ovviare eventualmente agli errori commessi questa sera per la disputa di gara 2 di mercoledì. Chiedo scusa al mondo intero per la pessima prestazione offerta in attacco da parte della mia squadra.
Trinchieri
In sostanza abbiamo mosso la prima pedina, portandoci 1-0 nella serie. Abbiamo preparato la partita in chiave difensiva per arginare la fisicità di Hawkins, Mancinelli, Eze. La Gara 2 adesso diventa cruciale per il passaggio del turno. Sono molto tranquillo in vista della gara di mercoledì, anche se abbiamo segnato solo 62 punti. I canestri falliti da tre, mi danno la consapevolezza del livello di eccellenza raggiunto, grazie ai nostri ottimi ingranaggi, nella costruzione degli stessi. Abbiamo risentito in attacco, dei contatti al limite di regolamento, della difesa avversaria, durante i nostri tentativi di smarcamento al tiro. Ottima la prova in chiave difensiva di Leunen ben coadiuvato da un sorprendente Scekic ”
MVP: Nicolas Mazzarino, esprimere un giudizio sul capitano, diventa sempre più un rischio per non cadere nella banalità della retorica delle parole e nell’enfasi degli epiteti, oggi vogliamo solo usare l’acronimo a caratteri cubitali.
Wvp: Coby chi? Coby Karl, forse prima di venire in Europa doveva farsi ripassare i fondamentali a Denver dal papa’.
Arbitri
Lamonica, Chiari, Seghetti
Serafino Pascuzzi