Se dovessero darla gli inglesi, una definizione alla stagione di Cremona, sarebbe average. Nella media. Francamente del resto è difficile trovare qualcosa che nell’annata della Vanoli sia andata maledettamente bene o maledettamente male. Che, si badi bene, non è necessariamente una cosa negativa, soprattutto se l’annata precedente a quaranta minuti dalla fine della regular season non si aveva ancora la certezza matematica della permanenza nel massimo campionato. Non è un male nemmeno pensando quali erano le premesse secondo la stampa nazionale – quella locale tendeva ad essere meno disfattista – che dava gli uomini del neoassunto Mahoric fanalini di coda in ogni classifica immaginabile, dalla classifica generale, a Drozdov per le ali piccole, a Foster – o quasi quantomeno – per le guardie, concludendo con i massaggiatori, gli inservienti ed i bambini con lo spazzolone. Risultato? La squadra si è salvata senza problemi, Drozdov si rifacesse ora la valutazione dei pariruolo ne avrebbe davanti pochissimi, Foster non andrebbe molto lontano dal suo compagno di squadra ucraino ed i bambini con lo spazzolone hanno battuto al fotofinish quelli di Biella e Sassari in una gara senza esclusione di colpi. Di spazzolone.
Però dalle parti del Palaradi si respira ancora quella sensazione che si è fatto un po’, ma si poteva fare meglio. I playoffs non erano poi tanto distanti, e se fossero stati raggiunti nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Il punto però è capire cos’è mancato. E qui si finisce per centrare due problematiche su tutte:
Rotazioni: la squadra costruita in estate pensava, teoricamente, a nove giocatori da rotazione. I cinque titolari, D’Ercole cambio del play, Formenti della guardia e dell’ala piccola, Perkovic dei due lunghi e Zacchetti che avrebbe potuto dare cinque minuti sia come lungo che come ala piccola. Il giocatore chiave in questo caso era Formenti, pensato per coprire due ruoli e quindi destinato ad un minutaggio consistente. Com’è andata a finire lo sappiamo tutti – e se ne parlerà meglio dopo – si è aggiunto il problema che Zacchetti per continui problemi fisici e non solo non era in grado di stare in campo nemmeno per cinque minuti, e ci si è trovati una squadra che ruotava otto uomini, di cui uno era un Formenti sfiduciato. Soprattutto, non c’era nessuno che potesse cambiare Drozdov, che ad inizio stagione stava in campo 126 minuti di media a partita. L’arrivo di Cinciarini ha cambiato in meglio la situazione, ma la striscia di otto sconfitte in nove gare era già passata. Ed era arrivata proprio a causa di giocatori ben oltre l’esausto. Un’ala piccola di riserva, non un fenomeno, uno che però avrebbe potuto garantire 10-15 minuti fatti bene in copertura sull’ucraino, probabilmente avrebbe cambiato le sorti di almeno un paio di gare.
Finali tirati: una delle conseguenze di quanto detto sopra è che spesso la squadra è arrivata negli ultimi minuti senza la lucidità necessaria per condurre a buon fine gare giocate sul possesso di distacco. Non è un caso che l’unica vittoria di questo tipo – comunque arrivata con un po’ di buona sorte – sia stata conquistata ad inizio stagione, contro Montegranaro. Le due sfide con Cantù, il triplo supplementare a Bologna, la trasferta a Varese ed il supplementare a Treviso sono gli esempi più eclatanti in cui la Vanoli ha avuto la possibilità di vincerla in più di un’occasione, ma è uscita sempre e comunque sconfitta. Il problema non è stato solo fisico: alla squadra è mancato completamente l’uomo dei tiri decisivi. Le gerarchie hanno sempre puntato sull’estro di Rowland, scelta sotto alcuni punti di vista anche condivisibile, ma il moro naturalizzato bulgaro ha sempre fatto una fatica enorme a prendere le decisioni giuste nei momenti topici di un match. Semplicemente non è quel tipo di giocatore, senza colpevolizzazioni di sorta. L’unico altro candidato non poteva che essere Foster, perchè né Drozdov né ovviamente i lunghi hanno i mezzi per crearsi un tiro dal palleggio. E l’ex Oldenburg tutto sommato non ha fatto malissimo nelle volte in cui è stato chiamato in causa – nei supplementari di Bologna ha infilato un paio di triple quasi impossibili per chiunque su questa terra, a Treviso ha prima segnato in entrata, ha rubato un pallone importantissimo ma è stato anche stoppato nel tiro della possibile vittoria – ma rispetto a Rowland paga in creatività e talento.
Quella che è venuta fuori è una stagione che sarebbe assurdo buttare via. Vanno cambiate alcune cose ma va anche tenuto quanto di buono si è visto. Parte tutto dalla riconferma di Mahoric, che sta temporeggiando sulle offerte fatte pervenire dalla società, ma che deve prendere una decisione nelle prossime ore. Si riparte dalla certezza del capitano, Marko Milic, che al terzo anno – secondo intero – alla Vanoli vuole portare i playoff in città. Si parte da Cinciarini e dalle probabili conferme di Perkovic – ad alti e bassi, ma come uomo dalla panchina è stato preziosissimo – D’Ercole – sorpresa assoluta della stagione – e perfino Drozdov, che come Mahoric sta prendendo tempo ma che tutto sommato ha buoni motivi per restare. Si saluta Rowland – giocatore più adatto per le grandi squadre, dove non ha l’obbligo di gestire i ritmi per 35 minuti, che per le società di medio livello – e probabilmente anche Sekulic, che dopo una prima metà di stagione più che buona è completamente crollato nella seconda, diventando l’anello debole della ciurma. Partenza probabile anche per Foster, soldatino di affidabilità assoluta al soldo di Mahoric, ma povero di talento soprattutto se si deciderà di sostituire Rowland con un play più convenzionale. Da valutare la posizione di Formenti, che ha un altro anno di contratto ma che sotto Mahoric ha conosciuto un’involuzione incredibile. Colpe sue – è bastato poco per fargli perdere completamente fiducia in sè stesso, da sempre il suo grosso problema extra-tecnico – ma colpe anche di un allenatore che nel corso dell’anno non ha costruito uno schema per liberare al tiro quello che la stagione scorsa era uno dei cinque miglior tiratori da tre dell’intero campionato. Tra i due la convivenza non sembra fattibilissima.
Ogni discorso comunque, come detto, parte dalla situazione allenatore. Mahoric ha più volte rimandato la risposta alle offerte pervenute, il che non è un segnale certamente positivo, ma nemmeno necessariamente negativo. La stagione dell’allenatore sloveno, la prima in Italia, è stata complessivamente sufficiente. Poteva essere migliore, ma è piaciuto per l’approccio professionale, rigoroso ed umile che ha messo in ogni situazione possibile. Anche lui, come i giocatori, ha dei margini di miglioramento, soprattutto sotto l’aspetto psicologico, di fiducia nei propri comprimari e di gestione dei carichi di lavoro, ma l’obiettivo rimane, giustamente, ripartire da lui.
Paolo Sinelli