Tempo di bilanci in casa Sutor, la fine del campionato, seppure culminata con l’ennesima sconfitta casalinga, ha regalato ai tifosi gialloblu la gioia della quinta salvezza consecutiva conquistata ed il diritto automatico a disputare per il sesto anno consecutivo il massimo campionato di pallacanestro nazionale.
A dirla così, considerando le 13.000 anime che abitano Montegranaro, sembrerebbe un successo ma se si ripercorre la stagione, la più travagliata della storia recente della Sutor, non c’è molto di cui rallegrarsi. Una stagione partita con altri auspici ed altri obiettivi con la dirigenza che non aveva lesinato col budget estivo e che di conseguenza aveva aspettative molto più importanti del semplice raggiungimento della salvezza e che, per metà torneo avevano creato l’illusione di sembrare addirittura raggiungibili.
Poi un girone di ritorno con sole tre vittorie ha impietosamente messo a nudo tutte le pecche di costruzione di un gruppo che gruppo non è mai stato.
Cosa è successo allora alla fine del girone d’andata ? Niente di inspiegabile se non che i nodi, tanti, e sin dall’estate, sono venuti al pettine a cominciare dalla madre di tutti gli errori, l’allontanamento di coach Frates ed il ritorno di Pillastrini. Il coach di Cervia che in passato aveva fatto la storia della Sutor, con il doppio salto dalla B alla serie A, tornava in una società che in 4 anni era radicalmente cambiata, che si era strutturata modernamente e nella quale i ruoli erano molto più e molto meglio definiti di quattro anni prima. Questo ha innescato i primi scontri col GM Vacirca che voleva partecipare, ed a nostro avviso anche giustamente, alla costruzione della squadra, cosa che Pillastrini mal sopportava.
Prima del via quindi Vacirca viene dirottato dalla dirigenza alle politiche di marketing, compito che svolge in maniera egregia, portando a casa numerosi contratti di sponsorizzazione e contribuendo all’organizzazione di eventi di successo, ma se da questo punto di vista la situazione societaria si consolidava, sul versante tecnico si gettavano le basi per una stagione orrenda, con l’allestimento di un roster che sin da subito era sembrato incompleto (mancava un lungo di ricambio), e pieno di punti interrogativi.
Già dopo cinque gare si era capito che il duo Ford-Ivanov non avrebbe retto a lungo al super lavoro; che Ray non è giocatore in grado di difendere con continuità ne’ di integrarsi al meglio in un gioco offensivo organizzato e che Bobby Jones, pur fornendo prove difensive dignitose non era in possesso di sufficente talento offensivo. I buoni risultati iniziali, dovuti anche ad un pizzico di fortuna, avevano autorizzato la dirigenza a bollare come disfattisti ed imborghesiti i pochi che storcevano il naso alla luce delle prestazioni mai del tutto convincenti dei gialloblu, ma nel girone di ritorno il precipitare della situazione aveva dato piena ragione agli imborghesiti tifosi mugugnanti e messo a nudo il pressapochismo e l’improvvisazione di una dirigenza mai così in difficoltà come in quest’anno.
Si sa che poi i rimedi, spesso, sono peggiori del male così quando anche i ciechi avevano capito che la squadra si stava sfaldando la società si è mossa con dei correttivi che invece che migliorare hanno reso la situazione ancora più grave. Così per sostituire Bobby Jones, unica ala piccola del roster, è stato ingaggiato Ryan Toolson, una guardia; per coprire l’assenza di Maestranzi è stato richiamato dalla pensione Shammond Williams, fermo da 12 mesi , con 36 primavere alle spalle, che è arrivato in palese ed avanzato stato di decomposizione e che niente ha potuto aggiungere se non confusione a confusione complicando ulteriormente la situazione all’interno dello spogliatoio dove le uniche certezze, Cavaliero e Cinciarini, vedevano minata la loro autostima dalle azioni sconsiderate di una dirigenza completamente nel pallone.
La ciliegina sulla torta è però d’ascrivere alla vicenda intercorsa tra la società ed i tifosi organizzati, pesantemente apostrofati dai dirigenti con un comunicato che li bollava come minoranza, rei di lesa maestà per aver contestato Allan Ray ed aver scatenato le ire di Pillastrini che aveva bellamente mandato a quel paese la curva.
Un comportamente incredibilmente miope ed inspiegabile da qualunque punto di vista lo si voglia guardare: il pubblico è il maggiore azionista della società ed ha pieno diritto di contestare; semmai, chi non avrebbe mai dovuto rivolgersi al pubblico era Pillastrini, che da tesserato è tenuto al rispetto del regolamento.
In un contesto ormai deteriorato si consumava la separazione da Pillastrini, allontanato, è il caso di dirlo, a furor di popolo con un ritardo da far impallidire anche le Ferrovie dello Stato, sostituito in fretta e furia con Sharon Drucker che puntella la squadra con PJ Tucker, vince al debutto contro Roma e, grazie alla concomitante sconfitta di Teramo a Bologna nell’ultima giornata, raggiunge la salvezza.
Un percorso iniziato con qualche difficoltà ma che la dirigenza ha provveduto a complicare giorno dopo giorno, non risparmiandosi nessun errore e nessuna valutazione sbagliata e se siamo qua a raccontare di una salvezza raggiunta ed a fantasticare di nuovi roster lo dobbiamo alla fortuna che ha assistito nel finale la squadra.
Il futuro prossimo prevede un altro scoglio importante da superare, bisognerà scegliere la sede delle prossime partite casalinghe con la possibilità molto concreta che il prossimo campionato venga giocato ad Ancona e non più a Porto San Giorgio, un’eventualità che sta animando il dibattito tra i tifosi. La società fa sapere un giorno si e l’altro pure, che la decisione definitiva non è stata ancora presa ma i segnali indicano con forza che il cambiamento pare imminente ed a meno di colpi di scena dell’ultima ora ci si dovrà imbarcare in una nuova avventura, completamente da definire.
Come diceva il saggio dei cartoni animati di Bonvi, tutto è bene quel che finisce bene, l’auspicio dei tifosi è che la dirigenza resetti questa disgraziata stagione, recuperi il rapporto con i suoi azionisti cospargendosi il capo di cenere ed impari da questa stagione con la consapevolezza che per fare peggio di quest’anno servirà davvero un miracolo.
Francesco Andrenacci