Cari lettori di All-Around bentornati nella rubrica dedicata al basket greco.
Dopo la pausa natalizia, il campionato della massima divisione ha ripreso con il suo ritmo incalzante e ormai punta convinto alla seconda metà della regular-season. La decima giornata è stata giocata il 5 gennaio mentre l’undicesima nel week-end 8-9 gennaio. Naturalmente le due solite corazzate sono andate alla vittoria, non c’è nemmeno da chiederselo. Tuttavia anzichè concentrare la nostra attenzione sui singoli risultati di Panathinaikos e Olympiakos dovremmo porci una domanda: chi sono i veri artefici di questo incredibile successo? Verrebbe da rispondere “i giocatori”, ma non sarebbe preciso. Dunque la risposta si completerebbe con “i quattrini”? nemmeno così sarebbe corretto. A tenere in mano i fili di quasi tutti i “burattini” ci sono due grandi uomini, due eccellenti professionisti. Altri non sono che i coach Zeljko Obradovic e Dusan Ivkovic. Ve ne ho parlato molte volte e altrettante volte li ho citati superficialmente. Vi prego di passarmi il termine “burattini” riferito ai giocatori, non tanto perchè io li reputi delle semplici pedine, tantomeno perchè li ritenga privi di capacità intellettive e cognitive. Semplicemente credo che non sia affatto facile mettere in sintonia così tanti talenti (e talvolta prime-donne) quanti ce ne sono nelle loro due squadre. Vorrei approfondire quindi le carriere di questi eccellenti “direttori d’orchestra” proprio per avvicinarvi alla mentalità vincente che riescono ad imprimere nelle menti dei loro giocatori.
Zeljko Obradovic nasce nel 1960 (nella ex-Jugoslavia), quindi in soldoni potrebbe essere figlio del “nostro” amato Dan Peterson. Eppure le conoscenze cestistiche che Zeljko possiede sono davvero all’altezza di quelle dello storico quanto attuale coach di Milano. Zeljko infatti gioca a pallacanestro fino al 1986 nel Borac Cacak, quindi approda nel Partizan di Vlade Divac e Zarko Paspalj con cui va subito a vincere il campionato jugoslavo nella stagione ’86-’87, arriva in Final Four di Coppa Campioni nel 1988 e vince la Coppa Korac nel 1989. Ma la sfortuna (che è notoriamente dietro l’angolo, ndr) lo interrompe proprio all’apice della sua carriera quando investe con l’auto, e quindi uccide, un pedone. Viene condannato a un anno di carcere. Scontata la pena, torna nel 1991 a giocare l’ultima parte di stagione e contemporaneamente allena le giovanili del Partizan. Nella stagione successiva si occupa direttamente della prima squadra che allena dal 1991 al 1993 vincendo campionato, coppa nazionale ed Eurolega nel 1992. Ebbene sì, tre titoli in una sola stagione a soli 32 anni. Da lì in poi è un’ascesa incessante. Nella stagione ’93-’94 allena il Badalona (Spagna) e vince ancora l’Eurolega. Quindi è il turno del Real Madrid che dal ’94 al ’97 sotto la sua guida vince una Eurolega e una Saporta Cup (quella che più tardi, dopo la fusione con la coppa Korac diventò la ULEB cup). Negli anni successivi passa anche dalla panchina di Treviso regalando anche lì una Saporta Cup nel 1997. Ma il bello arriva solo ora: nel 1999 si siede sulla panchina del Panathinaikos e da allora nessuno è ancora riuscito a rubagli il posto. Sembra naturale se si guarda cosa ha vinto in 11 anni: 10 campionati, 6 coppe nazionali e 4 titoli di Eurolega di cui l’ultimo nel 2009. Naturalmente per non farsi mancare nulla ha allenato anche la Nazionale della Jugoslavia con cui vince 4 medaglie in 3 anni (rilevando il posto proprio di coach Ivkovic dal ’96 al ’99). Quest’uomo praticamente non ha avuto una “escalation”, ha vinto da subito e ha continuato a farlo. Si potrebbe definire un caso esemplare del morbo del “Vincente Nato”. Cinicamente oserei affermare che non gli sia andata proprio così male ad aver investito quel pedone nel lontano 1990.
Cambiamo soggetto: Dusan Ivkovic, classe 1943, potrebbe essere lo “zio” del sopra citato Obradovic. Medesima nazionalità. Gioca a pallacanestro fino al 1968 nel Radnicki Belgrado. Inizia la carriera da allenatore dieci anni più tardi, ovvero nella stagione ’78-’79 proprio con il Partizan con cui vince subito campionato, coppa nazionale e Coppa Korac. Quindi approda in Grecia nell’Aris di Salonicco dal ’80 al ’82, successivamente una serie di squadre Jugoslave dal ’82 al ’91, anno in cui approda al PAOK di Salonicco e vince il campionato greco. Rimane a Salonicco fino al 1994 e nel frattempo si prende cura anche della Nazionale Jugoslava dal 1988 al 1995 con cui vince cinque ori e un argento in sette anni. In ambito di club si sposta al Panionios e nel 1996 all’Olympiakos con cui vince campionato, coppa ed Eurolega nella stagione ’96-’97. Rimane sulla panca dei biancorossi fino al ’99, anno in cui passa ai rivali del AEK Atene con cui vince due coppe nazionali e una Saporta Cup fino al 2001. Qui inizia l’avventura Russa sulle panchine di CSKA e Dinamo vincendo con la prima 3 campionati e una coppa russa, mentre con al seconda la ULEB Cup del 2005-2006. Qui torna ad allenare la sua vecchia nazionale, che ora si chiama Serbia e non più Jugoslavia, conducendola fino alla medaglia d’argento all’Europeo del 2009. Dopo questo “sballottamento” da una panchina all’altra arriviamo ai giorni nostri in cui si insedia di nuovo al Pireo (sostituendo non uno a caso, bensì niente meno che coach Giannakis, ndr) sperando di poter insidiare i rivali del Panathinaikos ancora una volta come Head Coach dei biancorossi. Direi che potete ammirare un altro caso esemplare del morbo “Vincente Nato”.
Ora, io non voglio essere quello che sminuisce il ruolo dei giocatori, le loro capacità, le loro letture di gioco, le loro caratteristiche. Non voglio nemmeno essere quello che da bravo ipocrita dice “i soldi non portano alla felicità” perchè detto onestamente nel mondo sportivo di oggi, ad alti livelli, spesso anche i soldi fanno la differenza conducendo alla vittoria quindi in qualche modo (seppur indirettamente) alla felicità. Quello che mi sento di dire è che i successi non piovono dal cielo per caso e sicuramente le mani di questi due grandi allenatori hanno plasmato e stanno plasmando delle squadre che si muovono sul rettangolo di gioco rasentando la perfezione. In poche parole c’è il loro marchio di fabbrica, un marchio ben radicato e proveniente dalla più grande tradizione cestistica Slava. Loro arrivano e creano capolavori, proprio come fa un vasaio con dell’argilla grezza.
Per chiudere ecco la classifica aggiornata alla 11° giornata:
Panathinaikos | 22 |
Olympiakos | 22 |
Aris | 18 |
Maroussi | 17 |
Kavala | 17 |
Kolossos | 17 |
PAOK | 17 |
Peristeri | 16 |
Ikaros | 16 |
AEK | 15 |
Panionios | 15 |
Panellinios | 14 |
Iraklis | 13 |
Ilysiakos | 12 |
Dalla terra ellenica per il momento è tutto.
Alla prossima
Giorgio Tseberlidis