Oltre al mercato, in questa estate tiene banco la spinosa questione del numero di giocatori italiani da mettere a referto. L’accordo tra Lega e Fip dello scorso aprile aveva, com’era prevedibile (gli interessi in tal senso dei club erano fortissimi), fatto cadere nel vuoto la regola che avrebbe imposto a partire dalla stagione che sta per iniziare 6 giocatori italiani nel roster. Si è optato, a mio avviso saggiamente, per un passaggio graduale, prevedendo di giungere alla soglia obbligatoria dei 6 italiani solo a partire dalla stagione 2012-13. La GIBA, il sindacato dei giocatori aveva immediatamente espresso il suo dissenso e, nelle settimane scorse, ha manifestato la propria dura presa di posizione minacciando lo sciopero dei giocatori della nazionale. Al momento in cui scrivo la situazione è ancora tesa, ma qualcosa, a breve, dovrà pur sbrogliarsi. Stiamo a vedere.
Ho già espresso la mia opinione sul tema, che sintetizzo così: in un contesto europeo di mercato libero, la forma di protezionismo spinto auspicata dalla GIBA danneggerebbe i nostri club; ed è tutto da vedere se il movimento andrebbe a beneficiarne: non crescono piante forti in terreni poveri. Tuttavia è indubbio che tutte le parti contrapposte abbiano le loro ragioni.
I club dei serie A temono l’imposizione anticipata (che comunque non avverrà dalla prossima stagione) dei 6 italiani , in quanto costano troppo e rendono poco. Le statistiche in questo caso non mentono.
La GIBA, che lamenta tra l’altro lo scarso coinvolgimento nelle trattativa tra Lega e Fip, obietta che l’alto costo dipende soprattuto dal fatto che gli italiani sono pochi. Vero: nell’ultimo campionato, tra i primi 100 giocatori utilizzati, solo 14 uscivano dai nostri vivai. Con più spazio, assisteremmo probabilmente ad una crescita più rapida di molti giovani e, con più offerta, il prezzo medio del giocatore calerebbe.
La Fip, dopo aver criticato la decisione di sciopero della Giba, minacciando squalifiche per i giocatori che avessero rifiutato la convocazione, sembra ora propensa al dialogo. Forse anche per l’opinione espressa dal presidente del CONI (di cui è parte), Gianni Petrucci, che ha parato di Campionato italiano per stranieri, facendo chiaramente capire che è necessario ridare agli italiani un loro torneo.
Previsioni? Come detto, entro pochi giorni si dovrebbe avere una situazione più chiara. L’ipotesi più plausibile, opinione personale, è quella di un altro passaggio per gradi, che venga però più incontro alle esigenze della GIBA; magari con l’eliminazione di un posto per gli extracomunitari (da 4 a 3) e l’imposizione di un italiano sempre in campo.
Conservo il mio scetticismo. Si valuta il problema con gli occhi puntati sulla nazionale, sulla necessità di renderla più competitiva. Bene, in questi anni di presunta, esasperata, esterofilia, abbiamo mandato tre giocatori oltre oceano. E nel nostro campionato c’è comunque un nucleo (assolutamente esiguo, certo) di giocatori validi, pur se indubbiamente spesso penalizzati dal minutaggio, su cui Recalcati può fare affidamento. Il problema non è perciò la nazionale, e in questo concordo con la GIBA, ma il movimento. Il dato per cui l´impiego dei giocatori italiani sia sceso nell’ultima stagione al minimo storico (appena il 22% dei minuti totali) è eloquente. Tuttavia la soluzione auspicata dagli italianisti non mi convince. 6 italiani a referto significherebbe un centinaio di giocatori nostrani in Serie A. Ebbene, dove si pescano? Al momento si vedrebbero dei roster con almeno (sono ottimista) un paio di elementi che, per limiti propri e non per la concorrenza straniera, la Serie A non la meritano. Il movimento è malto alla base, a causa di settori giovanili che faticano a produrre giocatori preparati (e non parlo di ruoli da stella) per la massima serie. È lì che si dovrebbe anzitutto intervenire e, solo poi, pretendere spazio nel massimo campionato per gli italiani che, questo è il punto, effettivamente lo meritano. È legittimo il desiderio dei tifosi di avere come beniamini giocatori autoctoni e non mercenari stranieri; tanto quanto quello di continuare ad assistere ad un campionato di un certo livello.