Nellestate del 2005, quando la Virtus si apprestava a disputare il suo primo campionato di massima serie dellepoca post Madrigali, il vulcanico patron Sabatini aveva dichiarato, con lapparente sicurezza che contraddistingue ogni sua pubblica dichiarazione, che per rivedere la rinnovata compagine bianconera ai livelli che le spettano, ovvero la lotta per lo scudetto ed il raggiungimento dellEurolega, sarebbe stato necessario un triennio di consolidamento e di crescita sapientemente programmata.
Giunti alla metà di questo periodo di attesa e confortati dalla sicurezza che solo il senno di poi sa dare, si può dire le dichiarazioni programmatiche di allora appaiono decisamente troppo pessimistiche.
Dopo un primo campionato di preventivato rodaggio, ed in cui comunque non sono mancati motivi di soddisfazione ed entusiasmo, la Vidivici ha inaspettatamente condotto per lungo tempo la regular season 2006-07, prendendo il comando fin dalle primissime giornate e mantenendo il vertice fino al giro di boa, superata solo dalla ben più attesa Siena.
E pensare che ad inizio stagione cera più di uno scettico, fra cui il sottoscritto, che nutriva qualche dubbio sulla bontà della campagna di rinnovamento dei ranghi bianconeri.
Alladdio di Milic ed al tradimento di Bluthenthal avevano fatto da contraltare gli arrivi di Michelori, Blizzard, Giovannoni, Davison, Crosariol e, come ciliegina sulla torta, dello stagionato playmaker Best, uomo dalla decennale esperienza NBA.
Se in questo modo la squadra appariva ben più profonda dellanno precedente, permaneva ancora qualche dubbio sulla reale necessità di spendere una fetta sostanziosa del budget per il veterano Best, laddove lo spot di guardia titolare appariva un po sguarnito, e più in generale sulleffettivo rafforzamento della squadra.
I fatti per il momento danno invece ragione al coach Markovski il quale, dopo aver rivelato ottime doti anche nel suo nuovo incarico di General manager, ha trasformato la compagine talentuosa ma fragile dello scorso anno in una squadra solida, compatta e mai doma.
Litalo macedone ha dato dimostrazione di abile trasformismo, costruendo un gruppo che ha fatto della difesa e dello spirito di sacrificio il proprio marchio di fabbrica, il tutto proprio sotto la guida sapiente e sicura dellex Indiana Pacers.
Questultimo, con le sue prestazioni, ha pienamente giustificato lesborso monetario resosi necessario per il suo ingaggio, dal momento che non solo ha colmato una delle più evidenti lacune dellanno passato, ovvero la cronica mancanza di unadeguata regia nei momenti più delicati, ma, con il suo carisma, ha saputo trasmettere sicurezza e carattere a tutta la squadra; non ingannino le cifre un po aride (assist a parte), Best è sicuramente il miglior playmaker arrivato in Italia da qualche anno a questa parte e fino ad ora ha dimostrato che i suoi unici limiti sono letà avanzata e qualche acciacco fisico di troppo(daltra parte se così non fosse, probabilmente sarebbe ancora dallaltra parte delloceano).
Ma Markovski ha mostrato le proprie abilità manageriali vincendo anche altre scommesse azzardate, quali ad esempio quelle di Blizzard e Giovannoni; entrambi hanno clamorosamente sorpreso in positivo, il primo sfoderando un girone dandata di altissimo livello e dimostrando di poter reggere il campo nel massimo campionato non solo come specialista del tiro, il secondo rivelando insospettate doti di fighter che, unite alla sua capacità di giocare dentro fuori ed alla sua duttilità tanto apprezzata dal suo coach, ne hanno fatto uno dei perni imprescindibili della Vidivici.
Tuttavia è stata tutta la squadra a dimostrare una continuità ed un carattere fuori dal comune.
Così, oltre ai protagonisti già citati, la ribalta è toccata di volta in volta ai già noti Lang, Drejer e Vukcevic; in questo modo la compagine bolognese ha saputo superare quasi indenne cali di forma, acciacchi vari e gravi infortuni come quelli occorsi a Michelori e Di Bella.
Peraltro, anche quando sembrava che la sfortuna potesse mandare allaria il progetto bianconero a causa del lungo stop di Di Bella e dei ripetuti acciacchi di Best, lo scaltro Markovski ha saputo parare il colpo da maestro, riuscendo ad ingaggiare un giocatore dalto livello come Ilievski, approfittando del perpetuo marasma romano; un giocatore che per caratteristiche ed esperienza, non solo ha turato la falla aperta nel settore esterni, ma ha aggiunto ulteriore tasso tecnico ad una squadra già collaudata.
Alla luce di tutto questo non è un caso che la Vidivici abbia incassato solo quattro sconfitte, e che anche in campi ostici come Siena, Napoli e Varese, pur uscendo sconfitta, non abbia mai alzato bandiera bianca anzi tempo ma, al contrario, abbia sempre venduto cara la pelle.
E dunque sulle ali dellentusiasmo che la gloriosa Vu nera si appresta ad organizzare lincipiente final eight di Coppa Italia, ove non può che presentarsi come una delle maggiori accreditate per la vittoria finale, non fosse altro che per il fattore campo e per il numeroso pubblico che sarà pronto a sostenerla.
Certo il periodo non appare dei migliori. La squadra, dopo aver viaggiato a pieno regime per tutto il girone dandata, sta inevitabilmente attraversando un periodo di rilassamento fisico e mentale dovuto anche allobbligo di convivere con ripetuti acciacchi ed alle conseguenti rotazioni ridotte.
Ne sono prova le sconfitte incassate nelle ultime partite giocate (tra cui la clamorosa debacle di Girona), ma soprattutto levidente calo di forma manifestato già da qualche settimana da alcuni giocatori; Best in primis sembra aver raggiunto la riserva sfoderando due prestazioni da incubo, ma anche Lang, Blizzard e Vukcevic non sono certamente quelli di qualche settimana fa.
Non si può certo parlare di crisi ma si sa che lappetito vien mangiando, soprattutto presso lesigente pubblico bolognese, il quale già comincia chiedersi se non sia il caso di intervenire sulle lacune palesate, su cui peraltro si chiudeva giustamente un occhio quando le cose andavano per il meglio, ovvero su un attacco obiettivamente un po anemico, su un Davison menomato e per questo insufficiente fin dallinizio della stagione e su un Drejer notoriamente incostante.
E pur vero che il crollo verticale dello scorso anno, con la cocente delusione del mancato approdo ai play off, è ancora un fresco ricordo, ma tali preoccupazioni appaiono oggettivamente un po premature; non si dimentichi infatti che la squadra vanta un invidiabile ruolino di marcia di 21 vittorie e sei sconfitte complessive.
Più realisticamente si tratta di attendere che passi la nottata, attendendo semplicemente che la squadra superi questo fisiologico calo e recuperi lo smalto perduto; da questo punto di vista la Coppa Italia può rappresentare sia un intralcio, visto che potrà costringere la squadra ad un ulteriore affaticamento, sia una nuova iniezione di entusiasmo, nel caso in cui la bacheca dei trofei bianconera dovesse essere riaperta per fare posto ad una nuova coppa.